venerdì 6 gennaio 2023

Un'ultima riflessione sul Bambino Gesù, amici, prima di metterlo negli scatoloni.

 

Ecco Dio, mi ripeto nella penombra della Chiesa.

Dove ammiro il bellissimo presepe che rappresenta

la Nascita di Gesù Bambino e, faccio un’ultima

considerazione prima di rimetterlo in soffitta.

Dio non si è ancora stancato di noi, se chiede di nascere.

Resto affascinato e stordito dalla forza

dell’annuncio cristiano.

Dalla pretesa, tutta folle, a pensarci bene, di un

Dio che ci cerca e ci ama al punto da diventare

carne e sangue, sonno e fatica, gioia e sofferenza.

Un Dio che impara a cantare con gli amici, che

gioisce e si stupisce davanti alla primavera

e ai giochi dei bambini.

Che conosce l’amarezza della delusione, dell’uomo

che, giocando male la propria libertà, preferisce

le tenebre alla luce.

Perché questo Dio diventa uomo davvero, sul serio,

non per finta.

Non vuole privilegi, non usa trucchi.

Perché l’amore si mette sempre nei panni dell’altro.

Perché Dio corre un rischio immenso diventando

uno di noi.

Mettendosi al nostro livello, cercando di convincere

l’uomo di quale sia il suo vero volto.

Suo di Dio e suo dell’uomo.

È già tutta nel Natale questa sfida.

Giovanni scrive il suo prologo alla fine del suo

Vangelo, come se fosse un riassunto di tutta la

sua predicazione.

Giovanni dice così: “La luce splende nelle tenebre,

ma le tenebre non l’hanno accolta”.

Chiaro, forte, immediato e devastante.

Non c’è molto da celebrare a Natale,

ma da convertirci e pentirci.

Natale è un dramma; Dio viene e l’uomo non c’è!

Pochi si accorgono, ancora meno lo accolgono;

ecco perché i fratelli orientali osano dire ciò che

noi, pudicamente, omettiamo; nelle loro icone della

natività, il bambino è adagiato in una tomba.

È già il mistero di contraddizione, è già il Crocifisso

questo bambino.

Poche dolcezze e smancerie, pochi sussulti davanti

a questo infante ma scelta, schieramento e riflessione.

Ma c’è un’altra interpretazione del brano, che contiene

una nuova sfumatura.

“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”.

Bella storia.

In questa nuova traduzione si sottolinea non il rifiuto

delle tenebre, ma l’ostinazione e la forza della luce.

Dio insite, Dio non si dà per vinto, Dio esagera, alza il

tiro, offre una soluzione, si dona ancora e sempre.

Bello, bellissimo.

Se fossi Dio, mi sarei già stufato da un pezzo

dell’umanità, credetemi.

E invece no, Dio insiste, Dio non cede, Dio vince.

Amica che sei nelle tenebre della depressione;

le tenebre non vincono.

Amico prete travolto dalla fatica dell’apostolato

e dalla solitudine; le tenebre non vincono.

Amici che cercate di portare un minimo di logica

evangelica nella vostra vita quotidiana, passando

per fessi; le tenebre non vincono.

Discepoli che portate la logica della pace e della

dignità umana, nelle discariche del mondo

dimenticate da tutti; le tenebre non vincono.

A chi accoglie la luce Dio dona il potere di

diventare figlio di Dio, scrive Giovanni il mistico.

Perciò, io sono figlio di Dio.

Non importa essere altro.

Né premio Nobel, né grandi star.

Sono già tutto ciò che potrei desiderare.

Solo che corro dietro a mille sogni e a mille

chimere, pur di ricevere compiacimenti

e approvazione.

Ma sono già figlio.

Solo che non lo so; o non lo vivo!

Natale è la presa di coscienza della mia figliolanza,

della mia dignità, del fatto che Dio si racconti

e che sia splendido.

Tutta la nostra vita, consiste nel lasciare che

la luce ci abiti.

Nel non credere, che le tenebre vincano noi e il mondo.

Prego ora, affidando tutti, e tutti non riescono

a stare nella mia povera preghiera.

Penso a chi soffre, questa notte, perché nessun angelo

gli ha ancora detto che Dio nasce proprio per lui.

Prego per i tanti, che ogni giorno, perdono il loro

tempo prezioso e vengono a leggere il Vangelo

sulla mia pagina faceebok, e a come Dio sia

stupefacente nel disegnare nuove strade per

chi si affida a Lui.

Penso al nostro Paese così litigioso, così affaticato

e deluso, che non ha più speranza, che pensa di

essere davvero mediocre come appare, e chiedo

al Signore un regalo; di ricordarci da dove

proveniamo e verso chi andiamo, tutti.

Penso alle persone che vivono nei territori di guerre,

persone che non vedono la speranza di una vita

normale a causa di personaggi come Erode,

avidi e senza scrupoli.

Vedo il Bambino, nella penombra della Chiesa.

E mi dico in che sorta di guaio mi sono messo,

seguendo un Dio che, invece di risolvermi

i problemi, me ne crea bizzeffe.

Che mistero infinito, questo Dio che si sveste

della sua divinità per condividere ciò che siamo.

Noi che viviamo la nostra vita come una pena.

E Dio, invece, che l’ha vissuta come opportunità.

Vorrei stringerlo fra le mie braccia, riempirlo

di baci questo Dio, dire che lo amo, proprio

perché così imprevedibile, perché così

misteriosamente incontrabile e banale.

Ora possiamo metterlo negli scatoloni fino

all’anno prossimo, il presepe, ma Dio

cerchiamo di tenerlo sempre accanto

a noi, nella nostra quotidianità

e nella nostra vita, Fausto.

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