Della 28° settimana del Tempo Ordinario.
Santa Teresa
d'Avila, Vergine e Dottore della Chiesa.
Prima Lettura
Il Signore
preparerà un banchetto,
e asciugherà le
lacrime su ogni volto.
Dal libro del profeta
Isaìa (25,6-10a)
Preparerà il Signore
degli eserciti per tutti
i popoli, su questo
monte, un banchetto di
grasse vivande, un
banchetto di vini
eccellenti, di cibi
succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su
questo monte il velo che
copriva la faccia di
tutti i popoli e la coltre
distesa su tutte le
nazioni.
Eliminerà la morte per
sempre.
Il Signore Dio
asciugherà le lacrime su
ogni volto, l'ignominia
del suo popolo
farà scomparire da
tutta la terra, poiché
il Signore ha parlato.
E si dirà in quel
giorno: «Ecco il nostro Dio;
in lui abbiamo sperato
perché ci salvasse.
Questi è il Signore in
cui abbiamo sperato;
rallegriamoci,
esultiamo per la sua salvezza,
poiché la mano del
Signore si poserà su
questo monte».
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal
Sal 22 (23)
Ripetiamo. Abiterò
per sempre nella
casa del Signore.
Il Signore è il mio
pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi
fa riposare,
ad acque tranquille mi
conduce.
Rinfranca l'anima mia.
R.
Mi guida per il giusto
cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una
valle oscura, non
temo alcun male,
perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il
tuo vincastro
mi danno sicurezza. R.
Davanti a me tu
prepari una mensa
sotto gli occhi dei
miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice
trabocca. R.
Sì, bontà e fedeltà mi
saranno compagne
tutti i giorni della
mia vita,
abiterò ancora nella
casa del Signore
per lunghi giorni. R.
Seconda Lettura
Tutto posso in
colui che mi dà forza.
Dalla lettera di san
Paolo apostolo
ai Filippési (4,12-14.19-20)
Fratelli, so vivere
nella povertà come so
vivere
nell'abbondanza; sono allenato a
tutto e per tutto,
alla sazietà e alla fame,
all'abbondanza e
all'indigenza.
Tutto posso in colui
che mi dà la forza.
Avete fatto bene
tuttavia a prendere parte
alle mie tribolazioni.
Il mio Dio, a sua
volta, colmerà ogni
vostro bisogno secondo
la sua ricchezza
con magnificenza, in
Cristo Gesù.
Al Dio e Padre nostro
sia gloria nei
secoli dei secoli.
Amen.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore
nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del
nostro cuore
per farci comprendere
a quale
speranza ci ha
chiamati. (Cf. Ef 1,17-18)
Alleluia, alleluia.
Vangelo
Tutti quelli che
troverete,
chiamateli alle
nozze.
Dal Vangelo secondo
Matteo (22,1-14) anno A
In quel tempo, Gesù
riprese a parlare
con parabole [ai capi
dei sacerdoti e
ai farisei] e disse: «Il
regno dei cieli è
simile a un re, che
fece una festa di
nozze per suo figlio.
Egli mandò i suoi
servi a chiamare gli
invitati alle nozze,
ma questi non
volevano venire.
Mandò di nuovo altri
servi con quest'ordine:
Dite agli invitati:
"Ecco, ho preparato il mio
pranzo; i miei buoi e
gli animali ingrassati
sono già uccisi e
tutto è pronto; venite
alle nozze!".
Ma quelli non se ne
curarono e andarono
chi al proprio campo,
chi ai propri affari;
altri poi presero i
suoi servi, li insultarono
e li uccisero.
Allora il re si
indignò: mandò le sue truppe,
fece uccidere quegli
assassini e diede alle
fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi
servi: "La festa di nozze
è pronta, ma gli
invitati non erano degni;
andate ora ai
crocicchi delle strade e tutti
quelli che troverete,
chiamateli alle nozze".
Usciti per le strade,
quei servi radunarono
tutti quelli che
trovarono, cattivi e buoni,
e la sala delle nozze
si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere
i commensali e lì scorse
un uomo che non
indossava l'abito nuziale.
Gli disse:
"Amico, come mai sei entrato
qui senza l'abito
nuziale?".
Quello ammutolì.
Allora il re ordinò ai
servi: "Legatelo mani
e piedi e gettatelo
fuori nelle tenebre;
là sarà pianto e
stridore di denti".
Perché molti sono
chiamati, ma pochi eletti».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Il nostro Dio è generoso come il
padrone
della vigna che esce per chiamare
dei
braccianti a lavorare anche solo
un’ora,
per dar loro la possibilità di
guadagnare
il denaro sufficiente a mantenere
la
propria famiglia.
È il Dio che affida alle nostre
mani il
Creato, la Storia, ma, che troppo
spesso,
riceve solo insulti e minacce.
Gesù, consapevole che la sua
missione sta
prendendo una pessima piega,
chiede
all’uditorio, diffidente e
ostile, di giudicare
il proprio comportamento.
No, il padrone della vigna,
davanti alla
violenta ostinazione degli
affittavoli, non
invierà una missione punitiva ma,
al
contrario, invierà il figlio che,
morendo
sulla croce, manifesterà fino in
fondo la
volontà salvifica del Padre.
Il nostro Dio ha un cuore immenso
e
diventare suoi discepoli è come
partecipare ad una bella festa di
nozze.
I rabbini contemporanei di Gesù
parlavano
spesso del giardino dell’Eden, un
luogo
di delizie in cui i giusti di
Israele avrebbero
pasteggiato in compagnia di Dio.
Una visione straordinaria,
portatrice di
grande speranza, che richiama la
bellezza
della festa.
Gesù, per parlare del Regno, non
usa
l’immagine di una lunga veglia di
preghiera e non richiama il
silenzio
austero di un convento, ma l’idea
della
festa, del banchetto.
E, diversamente dai rabbini, non
dice che
quel banchetto avviene alla fine
dei tempi
ma che è già presente.
Siamo invitati alla gioia di Dio!
L’incontro col Dio di Gesù è come
una
festa ben riuscita.
Non un dovere noioso.
Non un obbligo.
Non una penitenza per meritarci
il Paradiso
che, per giunta, è pure gratuito.
Non un legame parentale di cui
vorrei
tanto fare a meno.
Una splendida festa.
Accipicchia; ma come abbiamo
ridotto
la fede, noi cristiani?
La parabola raccolta da Matteo
mischia
diversi piani, salta subito agli
occhi,
inserzioni derivanti,
probabilmente,
da altri detti di Gesù.
La prima parte racconta del
rifiuto degli
invitati, troppo occupati dalle
cose di
questo mondo per pensare
seriamente a Dio.
Matteo, probabilmente, si
riferisce alla
parte di Israele che non accetta
l’invito
(il tema del rapporto fra Dio e
Israele
come patto nuziale è molto
presente nella
Bibbia), della classe sacerdotale
che, ora
che il tempio è rinato, non sente
alcun
bisogno del Messia, ma possiamo
benissimo attualizzarla; anche
noi
corriamo il rischio di essere
troppo
indaffarati per gioire.
I luoghi comuni, durissimi a
morire e
fomentati dai cattolici troppo
devoti!,
continuano a relegare la fede
nelle attività
doverose ma noiose, da fare il
meno possibile.
È giusto, credere, doveroso,
certo, ma
mortalmente noioso.
Meglio fare come gli operai
dell’ultima
ora, godere la vita e i suoi
eccessi per poi
pentirsi verso il tramonto della
vita.
Molti, anche fra noi cristiani,
la pensano
così; la vita vera è quella
sballata, egoista,
lussuriosa, strapiena di vizi, ma
noi,
anime belle, compìti e penitenti,
devoti
e fedeli (che Dio ne tenga conto,
cortesemente), rinunciamo a tutto
per
seguire, almeno
approssimativamente,
i comandamenti divini.
La città in fiamme interrompe il
racconto,
è Matteo ad avere inserito quella
frase,
come una chiave di lettura degli
eventi
cui ha assistito; l’assedio e alla
distruzione di Gerusalemme.
È come se dicesse; il rifiuto, da
parte della
classe sacerdotale, della
predicazione
di Gesù ha provocato un
indurimento
del cuore, l’allontanamento da
Dio che,
come conseguenza, produce una
catastrofe.
No, Dio non punisce, non
scherziamo.
Ma se la nostra vita si gioca
fuori dalla
logica di Dio, se ostinatamente
rifiutiamo
di partecipare al banchetto
nuziale, allora
la nostra vita può sprofondare
nelle tenebre.
L’inserzione finale di Matteo,
derivata
da un altro detto di Gesù,
sull’invitato
cacciato perché vestito in
maniera
inadeguata, cosa del tutto
improbabile
avendo appena raccolto gli
invitati fra
i mendicanti!, pare essere,
invece, rivolta
a noi discepoli, che ci siamo
trovati
seduti al tavolo senza averne
diritto,
figli acquisiti dopo il diniego
di Israele.
Anche noi corriamo il rischio di
abituarci
alla festa, di cadere nella
routine della fede.
Anche noi corriamo il rischio di
gettare
la nostra vita interiore dalla
finestra, di
non indossare la veste bianca
che, pure,
ci contraddistingue come
discepoli.
Non commettiamo questo errore
madornale.
Non rifiutiamo la
felicità.
Cosa abbiamo di meglio
da fare, oggi,
del lasciarci amare da
Dio?
Vero amici, andiamo con
gioia al
banchetto delle nozze
con Dio, con il
vestito della festa,
buona Domenica Fausto.