Della 5° Domenica di
Pasqua.
1° Lettura dagli Atti
degli Apostoli (14,21b-27)
2° Lettura dal libro
dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (21,1-5a)
Dal Vangelo secondo
Giovanni (13,31-33a.34-35) anno C.
Quando Giuda fu uscito
[dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo
è stato glorificato, e
Dio è stato glorificato in lui.
Se Dio è stato
glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo
glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco
sono con voi.
Vi do un comandamento
nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
Come io ho amato voi,
così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli
uni per gli altri».
Parola del Signore.
Riflessione personale
sul Vangelo di oggi.
Gesù ha appena detto ai suoi che
uno di loro sta per consegnarlo.
È turbato, il Maestro.
Ora che l’ora sta per compiersi
egli sente nel suo cuore
tutta la fatica del gesto immenso
che sta per fare.
Gli apostoli si guardano l’un
l’altro, pensano che il traditore sia di fronte a loro.
In realtà il traditore è dentro
ciascuno di loro e ciascuno di noi.
Giovanni reclina il capo sul
cuore di Gesù e gli chiede: «Chi è, Signore?»
Gesù intinge il pane e lo offre a
Giuda che lo mangia e si irrigidisce.
Dare il pane è il più bel segno
di accoglienza nel popolo di Israele.
Giuda lo interpreta come
un’offesa.
Gesù sta svelando a Giuda che è
lui il discepolo più amato.
Vorrebbe stringerlo al proprio
petto perché senta la misura dell’amore.
Giuda è scosso, esce nella
tenebra.
Ma con sé, nel suo cuore, porta
il pane, l’eucarestia.
Gesù si è appena consegnato alla
tenebra.
Ma la luce spezzerà il buio più
fitto.
E Gesù insiste, esagera; ora sono
stato glorificato, dice.
Ora che Giuda sta andando a
tradirlo, ora che il suo cuore è tenebroso
e ostile, Dio potrà manifestare
quanto lo ama.
Nel tradimento di Giuda vediamo
la misura dell’amore di Gesù.
Giuda si è perso, ma il Signore
non è venuto proprio a salvare chi era perduto?
La perdizione non è, appunto, il
luogo teologico della salvezza?
Non veniamo salvati proprio
perché, prima, ci siamo smarriti?
Con Giuda Gesù potrà dimostrare
qual’è la misura dell’amore di Dio;
l’assenza di misura.
Ogni uomo che prende coscienza di
sé si pone la domanda; sono perduto o salvato?
Gesù risponde; sei perduto e sei
salvato.
Gli apostoli non capiscono, come
non hanno capito il gesto della lavanda dei piedi.
Pietro, poco dopo, dirà che egli
è disposto a dare la vita per Gesù.
Pietro, ormai, si prende per Dio.
Gesù gli ricorderà che è Lui a
dare la vita per i suoi discepoli.
Un gallo urlerà ricordando a
Pietro il suo limite.
Non per Dio deve morire, ma con Lui.
Tutto ciò che può fare il
discepolo è imitare il Maestro, non sostituirlo.
Tra Giuda e Pietro gli altri
evangelisti pongono l’ultima Cena.
Giovanni salta il racconto della
cena per sostituirlo con la lavanda; la liturgia
è falsa se non diventa servizio
al fratello debole.
Giovanni osa di più; tra i due
tradimenti e le due salvezze (Giuda è salvato dal
male, Pietro dal finto bene)
inserisce l’unico comandamento dell’amore.
Gesù ci chiede di amarci (amare
me, amare te) dell’amore con cui Egli ci ha amato.
Del suo amore, col suo amore.
Non con l’amore di simpatia, di
scelta, di sforzo o di virtù.
Con l’amore che, provenendo da
Cristo, può riempire il nostro cuore per poi
defluire verso il cuore degli
altri.
Io, non riesco ad amare le
persone antipatiche, né quelle che mi fanno del male.
Solo l’amore che viene da Dio, un
amore teologico, mi permette di poter amare
al di sopra dei sentimenti e
delle emozioni.
La Chiesa non è il club dei bravi
ragazzi, delle facili consolazioni, di quelli che
hanno Gesù come hobby; la Chiesa
è la compagnia di coloro che sono stati
incontrati ed amati da Cristo.
Perciò diventano capaci di amare.
Dall’amore che sappiamo dare, dobbiamo
essere conosciuti.
Non dalle devozioni, non dalle
preghiere, non dai segni esteriori, non
dalle organizzazione caritative,
ma dall’amore.
L’amore è ciò che maggiormente
deve stare a cuore nella Chiesa.
Che sia vero, che sia libero, che
diventi evidente.
Un amore in equilibrio tra
emozione e scelta, tra enfasi e volontà, che diventi
concreto e fattivo, tollerante e
paziente, autentico e accessibile, che sappia
manifestarsi nel momento della
prova e del tradimento.
Celebrando oggi l’eucarestia,
memoria del Risorto, cerchiamo anzitutto di amare
di più e meglio, perché chi ci
vede si accorga che in mezzo a noi dimora il Cristo.
Per Glorificare anche noi il
Padre.
Spero che tutti voi
possiate essere degli amatori, perciò, amici Santa Domenica
degli amori Fausto.