sabato 23 marzo 2024

Il Vangelo di Domenica 24 Marzo 2024

 

Della Domenica delle Palme.

Passione del Signore.

Prima lettura.

Non ho sottratto la faccia agli insulti e

agli sputi, sapendo di non restare confuso.

Dal libro del profeta Isaìa (50,4-7)

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da

discepolo, perché io sappia indirizzare

una parola allo sfiduciato.

Ogni mattina fa attento il mio orecchio

perché io ascolti come i discepoli.

Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio

e io non ho opposto resistenza, non mi

sono tirato indietro.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,

le mie guance a coloro che mi strappavano

la barba; non ho sottratto la faccia agli

insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste, per questo non

resto svergognato, per questo rendo la mia

faccia dura come pietra, sapendo di non

restare confuso.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 21 (22)

Ripetiamo. Dio mio, Dio mio,

perché mi hai abbandonato?

 

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,

storcono le labbra, scuotono il capo:

«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,

lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.

 

Un branco di cani mi circonda,

mi accerchia una banda di malfattori;

hanno scavato le mie mani e i miei piedi.

Posso contare tutte le mie ossa. R.

 

Si dividono le mie vesti,

sulla mia tunica gettano la sorte.

Ma tu, Signore, non stare lontano,

mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.

 

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,

ti loderò in mezzo all'assemblea.

Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia

gloria tutta la discendenza di Giacobbe,

lo tema tutta la discendenza d'Israele. R.

 

Seconda Lettura

Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (2,6-11)

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione

di Dio, non ritenne un privilegio l’essere

come Dio,

ma svuotò se stesso assumendo una

condizione di servo, diventando simile

agli uomini.

Dall’aspetto riconosciuto come uomo,

umiliò se stesso facendosi obbediente

fino alla morte e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome

che è al di sopra di ogni nome, perché nel

nome di Gesù

ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla

terra e sotto terra, e ogni lingua proclami:

«Gesù Cristo è Signore!», a gloria di

Dio Padre.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Lode e onore a te, Signore Gesù!

 

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino

alla morte e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome

che è al di sopra di ogni nome. (Fil 2,8-9)

 

Lode e onore a te, Signore Gesù!

 

Vangelo

La Passione del Signore.

Passione di nostro Signore Gesù Cristo

secondo Marco (14,1-15,47) anno B.

-Cercavano il modo di impadronirsi

di lui per ucciderlo.

Mancavano due giorni alla Pasqua e agli

Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi

cercavano il modo di catturare Gesù con

un inganno per farlo morire.

Dicevano infatti: «Non durante la festa,

perché non vi sia una rivolta del popolo».

-Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura

Gesù si trovava a Betània, nella casa di

Simone il lebbroso.

Mentre era a tavola, giunse una donna

che aveva un vaso di alabastro, pieno di

profumo di puro nardo, di grande valore.

Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il

profumo sul suo capo.

Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono:

«Perché questo spreco di profumo?

Si poteva venderlo per più di trecento

denari e darli ai poveri!».

Ed erano infuriati contro di lei.

Allora Gesù disse: «Lasciatela stare;

perché la infastidite?

Ha compiuto un'azione buona verso di me.

I poveri infatti li avete sempre con voi e

potete far loro del bene quando volete,

ma non sempre avete me.

Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha

unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura.

In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato

il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di

lei si dirà anche quello che ha fatto».

-Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro

Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò

dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù.

Quelli, all'udirlo, si rallegrarono e promisero

di dargli del denaro.

Ed egli cercava come consegnarlo al

momento opportuno.

-Dov'è la mia stanza, in cui io possa

mangiare la Pasqua con i miei discepoli?

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si

immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli

dissero: «Dove vuoi che andiamo a

preparare, perché tu possa mangiare

la Pasqua?».

Allora mandò due dei suoi discepoli,

dicendo loro: «Andate in città e vi verrà

incontro un uomo con una brocca

d'acqua; seguitelo.

Là dove entrerà, dite al padrone di casa:

"Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in

cui io possa mangiare la Pasqua con i

miei discepoli?".

Egli vi mostrerà al piano superiore una

grande sala, arredata e già pronta; lì

preparate la cena per noi».

I discepoli andarono e, entrati in città,

trovarono come aveva detto loro e

prepararono la Pasqua.

-Uno di voi, colui che mangia con me,

mi tradirà

Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici.

Ora, mentre erano a tavola e mangiavano,

Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di

voi, colui che mangia con me, mi tradirà».

Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno

dopo l'altro: «Sono forse io?».

Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui

che mette con me la mano nel piatto.

Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta

scritto di lui; ma guai a quell'uomo, dal

quale il Figlio dell'uomo viene tradito!

Meglio per quell'uomo se non fosse

mai nato!».

-Questo è il mio corpo. Questo è il

mio sangue dell'alleanza

E, mentre mangiavano, prese il pane e

recitò la benedizione, lo spezzò e lo

diede loro, dicendo: «Prendete, questo

è il mio corpo».

Poi prese un calice e rese grazie, lo diede

loro e ne bevvero tutti.

E disse loro: «Questo è il mio sangue

dell'alleanza, che è versato per molti.

In verità io vi dico che non berrò mai più

del frutto della vite fino al giorno in cui

lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

-Prima che due volte il gallo canti,

tre volte mi rinnegherai

Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso

il monte degli Ulivi.

Gesù disse loro: «Tutti rimarrete

scandalizzati, perché sta scritto:

"Percuoterò il pastore e le pecore

saranno disperse".

Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò

in Galilea».

Pietro gli disse: «Anche se tutti si

scandalizzeranno, io no!».

Gesù gli disse: «In verità io ti dico:

proprio tu, oggi, questa notte, prima

che due volte il gallo canti, tre volte

mi rinnegherai».

Ma egli, con grande insistenza, diceva:

«Anche se dovessi morire con te, io

non ti rinnegherò».

Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

-Cominciò a sentire paura e angoscia

Giunsero a un podere chiamato Getsèmani,

ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi

qui, mentre io prego».

Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni

e cominciò a sentire paura e angoscia.

Disse loro: «La mia anima è triste fino

alla morte.

Restate qui e vegliate».

Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra

e pregava che, se fosse possibile, passasse

via da lui quell'ora.

E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile

a te: allontana da me questo calice!

Però non ciò che voglio io, ma ciò

che vuoi tu».

Poi venne, li trovò addormentati e disse

a Pietro: «Simone, dormi?

Non sei riuscito a vegliare una sola ora?

Vegliate e pregate per non entrare in tentazione.

Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».

Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le

stesse parole.

Poi venne di nuovo e li trovò addormentati,

perché i loro occhi si erano fatti pesanti,

e non sapevano che cosa rispondergli.

Venne per la terza volta e disse loro:

«Dormite pure e riposatevi! Basta!

È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo

viene consegnato nelle mani dei peccatori.

Alzatevi, andiamo!

Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

-Arrestatelo e conducetelo via sotto

buona scorta

E subito, mentre ancora egli parlava,

arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui

una folla con spade e bastoni, mandata

dai capi dei sacerdoti, dagli scribi

e dagli anziani.

Il traditore aveva dato loro un segno

convenuto, dicendo: «Quello che bacerò,

è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto

buona scorta».

Appena giunto, gli si avvicinò e

disse: «Rabbì» e lo baciò.

Quelli gli misero le mani addosso

e lo arrestarono.

Uno dei presenti estrasse la spada,

percosse il servo del sommo sacerdote

e gli staccò l'orecchio.

Allora Gesù disse loro: «Come se fossi

un brigante siete venuti a prendermi con

spade e bastoni.

Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio

a insegnare, e non mi avete arrestato.

Si compiano dunque le Scritture!».

Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono.

Lo seguiva però un ragazzo, che aveva

addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono.

Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo,

fuggì via nudo.

-Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?

Condussero Gesù dal sommo sacerdote,

e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti,

gli anziani e gli scribi.

Pietro lo aveva seguito da lontano, fin

dentro il cortile del palazzo del sommo

sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi,

scaldandosi al fuoco.

I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio

cercavano una testimonianza contro Gesù

per metterlo a morte, ma non la trovavano.

Molti infatti testimoniavano il falso contro

di lui e le loro testimonianze non erano

concordi.

Alcuni si alzarono a testimoniare il falso

contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito

mentre diceva: "Io distruggerò questo

tempio, fatto da mani d'uomo, e in tre

giorni ne costruirò un altro, non fatto

da mani d'uomo"».

Ma nemmeno così la loro testimonianza

era concorde.

Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo

all'assemblea, interrogò Gesù dicendo:

«Non rispondi a?

Che cosa testimoniano costoro contro di te?».

Ma egli taceva e non rispondeva a.

Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò

dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio

del Benedetto?».

Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla

destra della Potenza e venire con le nubi

del cielo».

Allora il sommo sacerdote, stracciandosi

le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo

ancora di testimoni?

Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?».

Tutti sentenziarono che era reo di morte.

Alcuni si misero a sputargli addosso,

a bendargli il volto, a percuoterlo e a

dirgli: «Fa' il profeta!».

E i servi lo schiaffeggiavano.

-Non conosco quest'uomo di cui parlate

Mentre Pietro era giù nel cortile, venne

una delle giovani serve del sommo

sacerdote e, vedendo Pietro che stava

a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse:

«Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù».

Ma egli negò, dicendo: «Non so e non

capisco che cosa dici».

Poi uscì fuori verso l'ingresso e un gallo cantò.

E la serva, vedendolo, ricominciò a dire

ai presenti: «Costui è uno di loro».

Ma egli di nuovo negava.

Poco dopo i presenti dicevano di nuovo

a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro;

infatti sei Galileo».

Ma egli cominciò a imprecare e a giurare:

«Non conosco quest’uomo di cui parlate».

E subito, per la seconda volta, un gallo cantò.

E Pietro si ricordò della parola che Gesù

gli aveva detto: «Prima che due volte il

gallo canti, tre volte mi rinnegherai».

E scoppiò in pianto.

-Volete che io rimetta in libertà per

voi il re dei Giudei?

E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti,

con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio,

dopo aver tenuto consiglio, misero in

catene Gesù, lo portarono via e lo

consegnarono a Pilato.

Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?».

Ed egli rispose: «Tu lo dici».

I capi dei sacerdoti lo accusavano di

molte cose.

Pilato lo interrogò di nuovo dicendo:

«Non rispondi nulla?

Vedi di quante cose ti accusano!».

Ma Gesù non rispose più a, tanto che

Pilato rimase stupito.

A ogni festa, egli era solito rimettere in

libertà per loro un carcerato, a loro richiesta.

Un tale, chiamato Barabba, si trovava in

carcere insieme ai ribelli che nella rivolta

avevano commesso un omicidio.

La folla, che si era radunata, cominciò a

chiedere ciò che egli era solito concedere.

Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta

in libertà per voi il re dei Giudei?».

Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti

glielo avevano consegnato per invidia.

Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla

perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà

per loro Barabba.

Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa

volete dunque che io faccia di quello

che voi chiamate il re dei Giudei?».

Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!».

Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?».

Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!».

Pilato, volendo dare soddisfazione alla

folla, rimise in libertà per loro Barabba

e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo

consegnò perché fosse crocifisso.

-Intrecciarono una corona di spine

e gliela misero attorno al capo

Allora i soldati lo condussero dentro il

cortile, cioè nel pretorio, e convocarono

tutta la truppa.

Lo vestirono di porpora, intrecciarono

una corona di spine e gliela misero

attorno al capo.

Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!».

E gli percuotevano il capo con una canna,

gli sputavano addosso e, piegando le

ginocchia, si prostravano davanti a lui.

Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono

della porpora e gli fecero indossare le sue

vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

-Condussero Gesù al luogo del Gòlgota

Costrinsero a portare la sua croce un tale

che passava, un certo Simone di Cirene,

che veniva dalla campagna, padre di

Alessandro e di Rufo.

Condussero Gesù al luogo del Gòlgota,

che significa «Luogo del cranio», e gli

davano vino mescolato con mirra, ma

egli non ne prese.

-Con lui crocifissero anche due ladroni

Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti,

tirando a sorte su di esse ciò che ognuno

avrebbe preso.

Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.

La scritta con il motivo della sua condanna

diceva: «Il re dei Giudei».

Con lui crocifissero anche due ladroni,

uno a destra e uno alla sua sinistra.

-Ha salvato altri e non può salvare se stesso!

Quelli che passavano di là lo insultavano,

scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che

distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre

giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!».

Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi,

fra loro si facevano beffe di lui e dicevano:

«Ha salvato altri e non può salvare se stesso!

Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla

croce, perché vediamo e crediamo!».

E anche quelli che erano stati crocifissi

con lui lo insultavano.

-Gesù, dando un forte grido, spirò.

Quando fu mezzogiorno, si fece buio su

tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.

Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì,

Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio

mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

Udendo questo, alcuni dei presenti

dicevano: «Ecco, chiama Elia!».

Uno corse a inzuppare di aceto una spugna,

la fissò su una canna e gli dava da bere,

dicendo: «Aspettate, vediamo se viene

Elia a farlo scendere».

Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Il velo del tempio si squarciò in due,

da cima a fondo.

Il centurione, che si trovava di fronte a lui,

avendolo visto spirare in quel modo, disse:

«Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!».

Vi erano anche alcune donne, che

osservavano da lontano, tra le quali

Maria di Màgdala, Maria madre di

Giacomo il minore e di Ioses, e Salome,

le quali, quando era in Galilea, lo seguivano

e lo servivano, e molte altre che erano

salite con lui a Gerusalemme.

-Giuseppe fece rotolare una pietra

all’entrata del sepolcro.

Venuta ormai la sera, poiché era la

Parasceve, cioè la vigilia del sabato,

Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole

del sinedrio, che aspettava anch’egli il

regno di Dio, con coraggio andò da

Pilato e chiese il corpo di Gesù.

Pilato si meravigliò che fosse già morto

e, chiamato il centurione, gli domandò

se era morto da tempo.

Informato dal centurione, concesse la

salma a Giuseppe.

Egli allora, comprato un lenzuolo, lo

depose dalla croce, lo avvolse con il

lenzuolo e lo mise in un sepolcro

scavato nella roccia.

Poi fece rotolare una pietra all’entrata

del sepolcro.

Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses

stavano a osservare dove veniva posto.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Il deserto, ormai, volge al termine.

Abbiamo seguito il Rabbì nei quaranta

giorni della Quaresima, cercando di

convertire il nostro cuore, sforzandoci

di cambiare l’immagine mediamente

orribile di Dio che portiamo nel cuore.

Vorremmo un Messia muscoloso e trionfante.

Gesù è un Messia mite e mediocre.

Abbiamo idea che la fede sia doverosa

ma mortalmente noiosa.

Gesù ci parla della immensa bellezza di Dio.

Ci rivolgiamo a Dio come quando

contrattiamo un favore.

Gesù ribalta i banchetti dei nostri mercati

per svelarci il volto di un Padre che sa di

cosa hanno bisogno i propri figli.

A volte pensiamo che Dio sia misterioso

e incomprensibile, che ci mandi delle

prove nella vita.

Gesù dice che l’unico desiderio di Dio

è la nostra salvezza.

Ci avviciniamo alla croce con

superficialità; Gesù morirà in croce,

Dio nudo e consegnato, per svelare in

maniera inequivocabile il vero volto di Dio.

Siamo pronti ormai, alla fine di questo

percorso, a sederci e guardare lo

scandaloso evento della croce.

Come il giovinetto citato da Marco nella

sua Passione (14,51), scandalizzati e

inorriditi siamo chiamati a seguire il

Maestro nel suo dono d’amore.

L’ultimo. Il più grande.

Una settimana diversa, ‘Santa’.

La settimana che oggi iniziamo, così

grande, così importante da essere

chiamata Santa, è il gioiello dell’anno

liturgico, una perla troppo spesso

dimenticata da noi cristiani, a vantaggio

di feste forse più sentimentali ma intrise

di riletture consumistiche (come il Natale).

Qui no.

Un morto in croce non si vende, non

suscita sentimenti di bontà.

Anzi; se ne parla poco e male di questo

Dio che sale sulla croce e muore.

Rimane difficile da capire il mistero di

una tomba vuota e del significato

profondo della parola ‘Resurrezione’.

Così è; la Chiesa si ferma stupita a

meditare sulla misura dell’amore di Dio.

Normalmente l’anno liturgico sintetizza

la Storia della salvezza in poco tempo;

in dodici mesi ripercorriamo la storia di

Israele, la vita di Gesù, gli inizi della

Chiesa e ci proiettiamo in avanti,

verso la conclusione dei tempi.

Durante la settimana Santa, invece, ci si

ferma, giorno per giorno, ora per ora,

regoliamo i nostri orologi su quel

momento cruciale per la storia

dell’umanità, ci sediamo, spettatori,

ad ammirare (ancora e ancora)

il volto di Dio.

Fermi, zitti,

Dio si prepara a morire, Cristo celebra

la sua presenza nell’ultima Pasqua,

la nuova, è arrestato, condannato,

ucciso, sepolto, vive.

In questa preziosa settimana, qualunque

cosa faremo, in ufficio, a scuola, a casa,

potremo fermarci, socchiudere gli occhi

e pensare a Cristo, ai suoi sentimenti,

alla sua angoscia, alla sua bruciante

passione, al suo desiderio.

Ora per ora assisteremo, con gli occhi

della fede, allo spettacolo di un Dio che

muore per amore.

E questa settimana inizia oggi, Domenica

delle Palme, gravida di ricordi da bambino,

di rami di ulivo addobbati con caramelle

e mele (i più fortunati con le uova di

cioccolato) da sventolare in alto per

manifestare la gioia dell’incontro con Dio.

Ironia dell’incoerenza umana; le stesse

voci, le stesse braccia, non più con le

palme aperte verso il cielo, ma con i pugni

serrati, trasformeranno la loro gioia per

il Messia, figlio di David, in un’invocazione

terrificante, in un’agghiacciante grido

di morte: "Crocifiggilo!".

Uomo sciocco, come sciocchi e tardi nel

credere siamo noi, ancora inconsapevoli

del tesoro che abbiamo tra le mani, così

disposti, anche noi a trasformare la nostra

preghiera di benedizione in invocazione di morte!

Eppure da quella Croce pende il destino

dell’uomo, con quel sangue è firmato il

patto dell’Amicizia eterna di Dio, in quel

pane è conservato il Cuore di Colui che

desidera ardentemente di mangiare la

Pasqua con noi.

Ci ritroviamo in questo racconto?

Ci siamo? Dove?

Forse quest’anno ci sentiamo un pò

come gli apostoli paurosi e sconcertati,

o come Pilato, ossessionato dal potere,

o ci ritroviamo nella trama intrigante e

sconclusionata di Giuda, o nella

sofferenza cruenta del Cireneo che

porta la Croce, o nel desiderio di

salvezza del ladro o, Dio non voglia,

ci ritroviamo nell’indifferenza di quei

pii ebrei che, entrando in città, affrettando

il passo per l’imminente temporale,

gettarono uno sguardo di disprezzo verso

gli ennesimi condannati a morte, feccia

della società, che venivano esemplarmente

puniti (era ora, finalmente un pò di giustizia!).

Tra questi condannati, Dio moriva.

Su quella croce si consuma la follia di un

uomo che inchioda Dio perché in Lui

vede un concorrente, non un compagno,

la fragilità dell’essere umano che rifiuta

un Dio così arrendevole è ormai manifesta.

Che razza di re, amici, che razza di Dio

ci siamo scelti.

Un re da burla che entra a Gerusalemme

cavalcando un asinello e non un cavallo

bianco, un re oltraggiato e preso in giro

da annoiati soldati romani, un re che

suscita la compassione e il disprezzo

dell’irrequieto governatore Pilato.

Che razza di re, senza armate, senza potere,

senza rabbia, senza delirio di onnipotenza.

Dio ha scelto di stare dalla parte degli

sconfitti, dei dimenticati, re-certo-ma

dei perdenti e re senza riscatto, re senza

trionfi, re senza improbabili finali da

commedia americana.

Un re nudo, appeso ad una croce, crudele

trono, cinto da una corona di spine, un re

talmente sconvolto da avere necessità di

un cartello che lo identifichi, che lo

renda riconoscibile almeno alle persone

che l’hanno amato.

Questa è la non festa che celebriamo,

che abbandona i trionfalismi per lasciare

spazio alla meditazione, allo stupore.

Questo è il nostro re, discepoli del Nazareno.

Lo vogliamo davvero un Dio così?

Un Dio che rischia, un Dio che-per

amore-accetta di farsi spazzare via

dall’odio e dalla violenza?

Lo vogliamo davvero un Dio che rischia

tutto, anche di essere per sempre

dimenticato, pur di mostrare il suo volto?

Un Dio che accetta di restare nudo, cioè

leggibile, incontrabile, osteso, palese,

evidente, perché ogni uomo la smetta di

costruirsi improbabili devozioni,

scure visioni di Dio?

Questo è il nostro Dio, un Dio amante,

un Dio ferito, un Dio che fa dell’amore

l’unica misura, l’ultima ragione,

la sola speranza.

L’augurio caloroso che mi faccio e che vi

faccio, è di identificarci-un poco almeno-in

quel Centurione straordinario, di cui la

storia ha taciuto il nome, che davanti al

modo di morire di Gesù, di fronte al dono

di sé fino alla fine, rimane stupito, turbato,

scosso fino nell’intimo e riconosce in

Lui il Figlio di Dio.

Ecco la fede, la grande fede, che può

sgorgare nel cuore di ciascuno di noi;

davanti all’uomo crocifisso, davanti alla

sconfitta più assurda, davanti alla

delusione di un sogno massacrato,

riconoscere la potenza del Dio immortale.

Allora potremo cantare, con la liturgia

del Venerdì Santo: “Dio santo, Dio forte,

Dio immortale, abbi pietà di noi!”.

Santa Domenica delle Palme, amici, Fausto.