giovedì 24 dicembre 2020

Il Vangelo di Natale nella Messa del Giorno 2020

 Il Vangelo del Venerdì 25 Dicembre 2020.

Santo Natale di Gesù.

Santa Messa del giorno.

Prima lettura dal libro del profeta Isaìa (52,7-10)

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace,

del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a

Sion: “Regna il tuo Dio”.

Una voce?

Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con

gli occhi il ritorno del Signore a Sion.

Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché

il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme.

Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni;

tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.

Parola di Dio.

Seconda lettura dalla lettera agli Ebrei (1,1-6)

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri

per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo

del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto

anche il mondo.

Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto

sostiene con la sua Parola potente.

Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà

nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del

loro è il nome che ha ereditato.

Infatti, a quale degli angeli Dio ha detto: “Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato?”.

E ancora: “Io sarò per lui Padre ed egli sarà per me figlio?”.

Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: “Lo adorino tutti gli

angeli di Dio”.  

Parola di Dio.

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18) anno B.

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di

lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l'hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti

credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo

non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere

di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo

contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal

Padre, pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui

che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».

Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero

per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno

del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Eccolo qui, Dio.

Non è proprio come ce lo aspettavamo.

Anche se un pò ci siamo abituati dopo più di duemila anni di celebrazioni

e di canti natalizi.

E se abbiamo avuto il coraggio e la forza di fare un pò di avvento, forse alla fine ci tocca

anche il cuore guardare quell’adolescente che stringe forte al petto il suo primogenito.

È nato, nella storia, in quel piccolo borgo di Giudea, a Betlemme.

È davvero accaduto, ha lasciato una traccia.

E oggi ricordiamo quel giorno, quella nascita che è stata l’inizio di un tempo di

salvezza, e tornerà, questo crediamo noi discepoli, nella pienezza del tempo a dare

senso a questo tempo.

Ma ora viene in ciascuno di noi, rinasce e ci fa rinascere.

Se abbiamo il coraggio di accoglierlo.

Certo il clima non aiuta; questo 2020 di pandemia che ha messo in ginocchio

la nostra bella nazione e, che ha spento per molti l’ultima speranza di uscire

fuori da questa crisi di valori e di umanità.

Questo governo che non è riuscito a fronteggiare questa crisi pandemica,

anche per delle scelte scellerate che hanno fatto.

E che per tanti questo Natale, dovranno fare i conti con la mancanza di un posto

di lavoro, o per la loro attività fatta chiudere, per il bene della salute, dicono.

Che Natale è un Natale così?

Non ditelo a Maria e Giuseppe.

Giuseppe deve lasciare la bottega per il capriccio di un Imperatore che vuole

contare i propri sudditi e farsi un viaggio di tre giorni portandosi appresso la

sua giovane sposa pronta a partorire.

Maria ha ancora nel cuore quel pomeriggio in cui ha pensato di incontrare un angelo.

E quel ventre teso e rigonfio è lì a dire che l’inaudito di Dio è avvenuto.

Ma di angeli, ora, nemmeno l’ombra.

I pastori si apprestano ad affrontare l’ennesima notte di freddo, all’addiaccio,

rimuginando sulla loro inutile vita fatta di sacrifici e di disprezzo.

Un gruppo di maghi persiani stanno dirigendosi verso Gerusalemme; speriamo

non li fermino a causa delle zone rosse, come hanno tentato di fermare la nascita

di Gesù; vogliono capire se i loro complessi calcoli astrali hanno visto giusto,

e rendere omaggio al re dei Giudei.

Simeone, anziano, si appresta a salire al tempio.

Gli anni sono passati, ha visto molte cose, ma la salvezza no.

E la sensazione di avere atteso invano è difficile da sopportare.

Storie in salite. Come quella di ognuno di noi.

Dio viene sempre in una stalla.

Sempre in un momento di fatica e di lotta.

Sempre quando non lo aspetti più.

Se un regalo, uno solo, ci può portare questa crisi figlia degli sbagli del nostro

mondo accecato dal profitto (e che non sembra affatto intenzionato a cambiare

strada) è quello di capire che nella sofferenza la verità si fa più chiara.

Che sono travolti da loro stessi e dalle loro cose, invece, sono tutti gli altri.

È travolto Cesare Augusto Ottaviano, il figlio adottivo di Giulio Cesare che

si è trovato a capo del mondo allora conosciuto.

E che ha pacificato l’Impero con la spada e la spregiudicatezza.

E che, senza più amici, senza famigliari, la figlia mandata in esilio perché complottava

contro di lui, guarda con distacco dall’alto del suo palazzo l’inutile gloria di Roma.

E mette il suo sigillo su uno dei tanti editti che gli porge il suo segretario.

Un censimento nelle provincie di Siria.

È travolto Erode, l’idumeo fatto re da Roma, odiato e disprezzato dai suoi sudditi

nonostante l’immenso sforzo che ha sostenuto per ricostruire il tempio.

Feroce oltre ogni limite, sospettoso, ha fatto trucidare i suoi figli temendo un complotto.

Ora sa che arriva un re concorrente.

Primo fra quelli che pensano che Dio sia un avversario degli uomini.

È travolta la brava gente di Gerusalemme, turbata alla notizia dei maghi d’Oriente,

tutta presa dal nuovo tempio.

Che bisogno c’è, ora, di un Messia.

E gli scribi e i sacerdoti che consultano le profezie e individuano il luogo di

nascita del Messia; Betlemme, a soli otto chilometri dal tempio.

E non escono per andare a vedere.

Fra i tanti che fanno della fede un inutile prigione in cui abitare.

Tutti travolti da loro stessi, dalle loro prospettive.

Non escono, non si mettono in viaggio.

Irrancidiscono, rassegnati al loro destino.

E se, se, invece, ci mettiamo in viaggio, se abbiamo il coraggio, oggi, di ritagliarci

dieci minuti di silenzio e preghiera davanti ad un presepe, possiamo ancora fare

della nostra vita una culla, un luogo che accoglie questo Dio così scomodo.

È una provocazione, Dio che nasce.

La vita non dev’essere così male se Dio la abita.

E Dio non si è ancora stancato dell’uomo se diventa uomo.

Dio viene. È l’uomo che non c’è.

La luce viene, ma le tenebre non vogliono accoglierla, nemmeno oggi.

Se, però, osiamo rinascere.

Se ancora scommettiamo.

Se lo lasciamo venire questo Dio neonato, che ci scuote, ci imbarazza, ci chiede

di farci carico di Lui noi che, invece, vorremmo un Dio che ci risolve i problemi,

non che ce ne dà!, allora sarà davvero Natale, nascita.

Rinascita, crisi o non crisi che sia.

Dio è qui, anche davanti all’indifferenza di tanti.

Accoglierlo o ignorarlo fa la differenza.

Io la mia scelta l’ho già fatta, da tempo amici e, voglio rifarla.

Santo Natale a tutti voi e alle vostre famiglie, che sia un Natale vero,

di pace e amore, con affetto Fausto.

Il Vangelo della Notte Santa 24 Dicembre 2020

 

Messa nella Notte; Nasce Gesù in una mangiatoia.

Prima lettura dal libro del profeta Isaìa (9,1-6)

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro

che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.

Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.

Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando

si divide la preda.

Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle,

e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian.

Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello

intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.

Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.

Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente,

Padre per sempre, Principe della pace.

Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno,

che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.

Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

Parola di Dio.

Seconda lettura dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito (2,11-14)

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci

insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo

con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell'attesa della beata speranza e della

manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.

Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per

sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Parola di Dio.

Dal Vangelo secondo Luca (2,1-14) anno B.

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento

di tutta la terra.

Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.

Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di

Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide.

Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.

Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una

mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.

C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano

tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.

Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.

Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco,

vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide,

è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.

Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e

diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Ci siamo.

C’è, è arrivato finalmente, a dispetto di tutti quelli che lo avrebbero

voluto eliminare, Lui non ci ha delusi.

Ci siamo preparati, abbiamo percorso il sentiero dell’avvento, abbiamo lasciato

che la Parola ci conducesse, che illuminasse questi tempi fragili, questi momenti

inquieti e tragici a causa di questa pandemia, che ci donasse una speranza ora che

tutti usano parole forti come crisi, fallimento, sacrifici.

Chi ci può veramente salvare?

Gli organismi internazionali, certo, che devono trovare il modo di uscire fuori

dalla dittatura dei mercati, dalla follia di un’economia che condiziona le nostre

scelte, dall’ineluttabilità di un capitalismo senza freni, senza regole, senza misura.

Ma quella salvezza non ci è sufficiente; necessaria, certo, per vivere dignitosamente

del frutto del nostro ingegno e del nostro lavoro, ma ben altra è la salvezza di

cui abbiamo bisogno.

Cesare Augusto, grazie alla sua abile politica, inaugurò l’epoca d’oro della pax

romana e la sua venuta fu salutata come un segno di abbondanza per tutto l’Impero.

Il 23 settembre, data della sua nascita fu festeggiato come l’inizio dell’anno solare.

Fu proclamato salvatore di ogni uomo.

E proprio sotto il suo Impero, in un oscuro villaggio di pastori, una giovane coppia

della Galilea fa nascere il suo primogenito, il Salvatore.

Quello vero, quello in cui io credo.

Vorrei tanto che la crisi ci portasse almeno un buon risultato; quello di riportarci

all’essenziale, di farci tornare al significato profondo di quello che stiamo vivendo,

quello di riprenderci il Natale, svenduto dai cristiani alla fiera dei buoni sentimenti.

E senza combattere.

L’atmosfera che circonda il Natale ci emoziona, ed è inevitabile che sia così.

Ma è giunto il momento di lasciare che oltre all’emozione sia la teologia a parlare

al nostro cuore.

Crediamo di sapere tutto degli eventi.

Forse bisogna avere il coraggio di azzerare i nostri ricordi, la nostra fantasia,

per tornare a quella sera.

Dove accadde che!

Una giovane coppia giunge a Betlemme, la città che ha visto nascere il re Davide.

È un censimento ad averli portati laggiù, forse un censimento regionale, un modo

che, da sempre, i potenti hanno di manifestare la loro autorità.

La donna aspetta il suo primogenito e viene accolta in casa di qualche parente

(inimmaginabile che fossero rifiutati con il senso sacro dell’ospitalità nel mondo

orientale!), ma per tutelare il suo pudore partorisce nel retro della casa, normalmente

costituita da un unico vano, là dove si custodivano gli animali di piccola taglia e le

derrate alimentari, la cassaforte di ogni abitazione.

La scena si sposta all’esterno, da un gruppo di pastori che passano le giornate

e le notti, da marzo ad ottobre, nei brulli pascoli della Giudea.

Non i pastorelli dei nostri presepi, ma persone poco raccomandabili indurite dal

lavoro, che rabbini del tempo paragonano ai pubblicani, considerati bugiardi (non

potevano testimoniare ad un processo) e inaffidabili.

Loro ricevono l’annuncio; gli sconfitti, i perdenti, i condannati.

Non i sacerdoti di Gerusalemme, tutti presi dal funzionamento del ricostruito

tempio per aspettare davvero un messia inopportuno, perciò, non è cambiato nulla,

è la stessa storia dei giorni nostri.

Non Erode, che ha ottenuto il trono con determinazione e ferocia, e che vede

nel Messia un pericoloso concorrente.

Non la brava gente di Gerusalemme, tutta presa dalla quotidianità.

La ragazza partorisce, lava il bambino, lo avvolge nelle fasce, lo depone

nella mangiatoia.

Nessuna lucina misteriosa, nessun prodigio, nessun effetto speciale.

Dio nasce come ogni bambino, la salvezza ci giunge nel più banale dei modi.

E i pastori cercheranno una mangiatoia per riconoscere il Messia.

E gli astronomi una stella.

Dio si fa incontrare là dove siamo, parla ai nostri cuori con il linguaggio

che conosciamo.

È il nostro sguardo che cambia, è la luce del nostro cuore che sa vedere

al di là dell’apparenza.

Ecco il nostro Dio; è un neonato con i pugni chiusi e la pelle arrossata, gli occhi

che mal sopportano la luce e la piccola bocca che cerca l’acerbo seno della madre.

È un bambino impotente, fragile, che va lavato e scaldato, cambiato e baciato,

ed è tenuto a contatto della pelle ruvida del padre, Giuseppe, che lascia l’emozione

inumidirgli gli occhi per poi tornare alla concretezza di una situazione problematica.

Non dona, chiede, non ha deliri di onnipotenza, ha svestito i panni della regalità,

li ha deposti ai piedi della nostra inquieta umanità.

Non gli angeli, ma una ragazza inesperta e generosa si occupa di Lui.

Vorrei un Dio che mi risolvesse i problemi, non un Dio che me li crea.

Vorrei un Dio potente e forte, non un neonato bisognoso di tutto.

Vorrei un Dio più efficiente, non perdente.

Schierato con i forti, non difensore dei deboli.

Vorrei qualche effetto speciale, così, per convincermi.

E invece, Buon Natale.

Che Dio nasca nel mio cuore, nel tuo, e nel vostro amici che perdete un pò del

vostro tempo ogni giorno, a venire a leggere le mie strampalate parole.

Il Dio vero, non quello dei nostri deliri, delle nostre vane aspirazioni.

Il Dio che condivide con i poveri, che salva chi pensa di essere perduto.

Un abbraccio a tutti voi, numerosi amici, è per me stupore continuo sapere di

come quel burlone di Dio usi le mie povere parole di cercatore di Dio per

scuotere altri cuori e aprire le porte.

Vi voglio bene di quel bene che Dio mi vuole.

Santa Notte di Natale con tanto affetto, Fausto.