sabato 3 ottobre 2020

Il Vangelo di Domenica 4 Ottobre 2020

 

Della 27° Domenica del Tempo Ordinario.

San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia.

Prima lettura dal libro del profeta Isaìa (5,1-7)

Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna.

Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle.

Egli l'aveva dissodata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate;

in mezzo vi aveva costruito una torre e scavato anche un tino.

Egli aspettò che producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi.

E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me

e la mia vigna.

Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?

Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?

Ora voglio farvi conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua

siepe e si trasformerà in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata.

La renderò un deserto, non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi

e pruni; alle nubi comanderò di non andarvi la pioggia.

Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti

di Giuda sono la sua piantagione preferita.

Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva

rettitudine ed ecco grida di oppressi.

Parola di Dio.

Seconda lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (4,6-9)

Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio

le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le

vostre menti in Cristo Gesù.

In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è

giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che

è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.

Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica.

E il Dio della pace sarà con voi!

Parola di Dio.

Dal Vangelo secondo Matteo (21,33-43) anno A.

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate

un'altra parabola: c'era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna.

La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre.

La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini

a ritirare il raccolto.

Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero,

un altro lo lapidarono.

Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.

Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!".

Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede.

Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!".

Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.

Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».

Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna

ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori

hanno scartato è diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi"?

Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo

che ne produca i frutti».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Di nuovo la vigna. Ancora.
In questi giorni di autunno tiepido, di vendemmie e di speranza, di dolce mosto

d’uva che promette un vino corposo e robusto per il prossimo anno, ascoltiamo

parole che raccontano di vigne.
In questi acri giorni in cui l’Italia si rivela piccina e rissosa, stordita e fragile,

la Parola ci interroga.
Di quanta Parola che scuota le parole abbiamo bisogno!
La liturgia parla di un Dio che ci invita a lavorare con Lui, a costruire insieme

un mondo diverso, nuovo, dove la diversità è dono e la condivisione diventa

il riflesso dell’esperienza di chi, perdonato e pacificato, gioisce nel poter donare,

nel potersi donare.
Il Dio di Gesù restituisce dignità all’operaio dell’ultima ora, apprezza l’autenticità

di chi dice “no” per capire le ragioni di un possibile “sì”.
Per due domeniche la vigna è stata rivelatrice della misericordia e della lungimiranza di Dio.
Nel vangelo di oggi, invece, la vigna è protagonista della parabola cupa e

urticante del fallimento di Dio.

A Gerusalemme i frequentatori del tempio, i devoti, ascoltano il rabbì di Galilea che predica. Conoscono bene il cantico della vigna in Isaia, lo sanno a memoria.

Quante volte è stato commentato nelle sinagoghe quel brano!

Il brano dell’amore passionale del vignaiolo, Dio, per la sua vigna, Israele.

Il brano di chi si aspetta tanto, fatica tanto, proprio come mio fratello, come chi ancora

cava dalla terra il proprio stipendio e che, invece, non raccoglie che uva selvatica.
Immagine forte ed efficace, quella della vigna.
Dello sforzo che Dio, il padrone della vigna, fa per aiutare l’umanità a fiorire,

a portare frutto, a maturare.
Ma quante volte Israele non ha portato frutto!

Quante volte i profeti si sono visti rifiutare l’invito a conversione!

Quante volte il mondo ignora la presenza di Dio e si ritrova in bocca il gusto

amaro del fallimento!
Lo conoscono bene, il cantico della vigna.
Ma non capiscono che Gesù, riprendendolo e ampliandolo, sta parlando di sé.
E di loro.

Il mondo è la splendida vigna che Dio ci affida.
Non è roba nostra, il mondo, la vita, il tutto.

Nulla ci è dovuto, tutto ci è donato.
Eppure anche noi, come gli affittavoli malvagi, viviamo come se tutto ci appartenesse.
A Dio non dobbiamo nulla, e ci mancherebbe!
Dio continua a mandare i suoi servi, i profeti, ma chi li ascolta?
Accecato dalla propria cupidigia e follia, l’uomo dimentica che è solo il giardiniere del creato.
E arriva il cuore della parabola.
Il padrone manda il figlio. I vignaioli lo uccidono.
Gesù abbassa lo sguardo.

Vede nella durezza di chi lo ascolta il proprio destino segnato.
Ha parlato del padre, ha insegnato il perdono, ha demolito l’insopportabile

gabbia che i devoti avevano costruito intorno a Dio.

Ha sorriso e condiviso, guarito e sperato, pregato e pianto.
Ha svelato il vero volto del Padre.

Il vero volto dell’uomo Lui, che del Padre è l’immagine e dell’uomo la perfezione.
Ma non è servito. L’uomo non ha capito. La missione è fallita.
Nessun frutto è arrivato dai vignaioli, solo la follia di chi uccide Dio pensando

di prendere il suo posto.
Cosa deve ancora fare?

Si accalora, l’uditorio.
Sbraita, ora. Morte! Vendetta! Sangue! I vignaioli vanno uccisi!
Già. Idioti.
Non sanno che Gesù sta parlando proprio di loro.
È vero; non ha senso che il padrone subisca l’uccisione del proprio figlio.
Sospira, ora, il Signore, e li guarda, lungamente.
No, non farà così.
Nessuna vendetta, né sangue, né morte, se non la sua.
Forse gli affittavoli, vedendo la misura dell’amore del padrone, vedendo la sua

ostinata volontà di salvezza, capiranno e cambieranno. Forse.

No non sarà così, il Signore dovrà salire sulla Croce, per salvarci, altrimenti

non avremo capito un cavolo, ma Lui è così amici, non cessa di amarci,

buona Domenica Fausto.