Della 27° Domenica del Tempo Ordinario.
San Francesco d'Assisi, Patrono d'Italia.
Prima lettura dal libro
del profeta Isaìa (5,1-7)
Voglio cantare per il
mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna.
Il mio diletto
possedeva una vigna sopra un fertile colle.
Egli l'aveva dissodata
e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato viti pregiate;
in mezzo vi aveva
costruito una torre e scavato anche un tino.
Egli aspettò che
producesse uva; essa produsse, invece, acini acerbi.
E ora, abitanti di
Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me
e la mia vigna.
Che cosa dovevo fare
ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?
Perché, mentre
attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?
Ora voglio farvi
conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: toglierò la sua
siepe e si trasformerà
in pascolo; demolirò il suo muro di cinta e verrà calpestata.
La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata e vi cresceranno rovi
e pruni; alle nubi
comanderò di non andarvi la pioggia.
Ebbene, la vigna del
Signore degli eserciti è la casa d'Israele; gli abitanti
di Giuda sono la sua
piantagione preferita.
Egli si aspettava
giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva
rettitudine ed ecco
grida di oppressi.
Parola di Dio.
Seconda lettura dalla
lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (4,6-9)
Fratelli, non
angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio
le vostre richieste
con preghiere, suppliche e ringraziamenti.
E la pace di Dio, che
supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le
vostre menti in Cristo
Gesù.
In conclusione,
fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è
giusto, quello che è
puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che
è virtù e ciò che
merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.
Le cose che avete
imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica.
E il Dio della pace
sarà con voi!
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo
Matteo (21,33-43) anno A.
In quel tempo, Gesù
disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate
un'altra parabola:
c'era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna.
La circondò con una
siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre.
La diede in affitto a
dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo
di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini
a ritirare il
raccolto.
Ma i contadini presero
i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero,
un altro lo
lapidarono.
Mandò di nuovo altri
servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro
il proprio figlio dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio!".
Ma i contadini, visto
il figlio, dissero tra loro: "Costui è l'erede.
Su, uccidiamolo e
avremo noi la sua eredità!".
Lo presero, lo
cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il
padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei
malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna
ad altri contadini,
che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro:
«Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori
hanno scartato è
diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai
nostri occhi"?
Perciò io vi dico: a
voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo
che ne produca i
frutti».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Di
nuovo la vigna. Ancora.
In questi giorni di autunno tiepido, di vendemmie e di speranza, di dolce mosto
d’uva
che promette un vino corposo e robusto per il prossimo anno, ascoltiamo
parole
che raccontano di vigne.
In questi acri giorni in cui l’Italia si rivela piccina e rissosa, stordita e
fragile,
la
Parola ci interroga.
Di quanta Parola che scuota le parole abbiamo bisogno!
La liturgia parla di un Dio che ci invita a lavorare con Lui, a costruire
insieme
un
mondo diverso, nuovo, dove la diversità è dono e la condivisione diventa
il
riflesso dell’esperienza di chi, perdonato e pacificato, gioisce nel poter
donare,
nel
potersi donare.
Il Dio di Gesù restituisce dignità all’operaio dell’ultima ora, apprezza
l’autenticità
di
chi dice “no” per capire le ragioni di un possibile “sì”.
Per due domeniche la vigna è stata rivelatrice della misericordia e della
lungimiranza di Dio.
Nel vangelo di oggi, invece, la vigna è protagonista della parabola cupa e
urticante
del fallimento di Dio.
A
Gerusalemme i frequentatori del tempio, i devoti, ascoltano il rabbì di Galilea
che predica. Conoscono bene il cantico della vigna in Isaia, lo sanno a
memoria.
Quante
volte è stato commentato nelle sinagoghe quel brano!
Il
brano dell’amore passionale del vignaiolo, Dio, per la sua vigna, Israele.
Il
brano di chi si aspetta tanto, fatica tanto, proprio come mio fratello, come
chi ancora
cava
dalla terra il proprio stipendio e che, invece, non raccoglie che uva
selvatica.
Immagine forte ed efficace, quella della vigna.
Dello sforzo che Dio, il padrone della vigna, fa per aiutare l’umanità a
fiorire,
a
portare frutto, a maturare.
Ma quante volte Israele non ha portato frutto!
Quante
volte i profeti si sono visti rifiutare l’invito a conversione!
Quante
volte il mondo ignora la presenza di Dio e si ritrova in bocca il gusto
amaro
del fallimento!
Lo conoscono bene, il cantico della vigna.
Ma non capiscono che Gesù, riprendendolo e ampliandolo, sta parlando di sé.
E di loro.
Il
mondo è la splendida vigna che Dio ci affida.
Non è roba nostra, il mondo, la vita, il tutto.
Nulla
ci è dovuto, tutto ci è donato.
Eppure anche noi, come gli affittavoli malvagi, viviamo come se tutto ci
appartenesse.
A Dio non dobbiamo nulla, e ci mancherebbe!
Dio continua a mandare i suoi servi, i profeti, ma chi li ascolta?
Accecato dalla propria cupidigia e follia, l’uomo dimentica che è solo il
giardiniere del creato.
E arriva il cuore della parabola.
Il padrone manda il figlio. I vignaioli lo uccidono.
Gesù abbassa lo sguardo.
Vede
nella durezza di chi lo ascolta il proprio destino segnato.
Ha parlato del padre, ha insegnato il perdono, ha demolito l’insopportabile
gabbia
che i devoti avevano costruito intorno a Dio.
Ha
sorriso e condiviso, guarito e sperato, pregato e pianto.
Ha svelato il vero volto del Padre.
Il
vero volto dell’uomo Lui, che del Padre è l’immagine e dell’uomo la perfezione.
Ma non è servito. L’uomo non ha capito. La missione è fallita.
Nessun frutto è arrivato dai vignaioli, solo la follia di chi uccide Dio
pensando
di
prendere il suo posto.
Cosa deve ancora fare?
Si
accalora, l’uditorio.
Sbraita, ora. Morte! Vendetta! Sangue!
I vignaioli vanno uccisi!
Già. Idioti.
Non sanno che Gesù sta parlando proprio di loro.
È vero; non ha senso che il padrone subisca l’uccisione del proprio figlio.
Sospira, ora, il Signore, e li guarda, lungamente.
No, non farà così.
Nessuna vendetta, né sangue, né morte, se non la sua.
Forse gli affittavoli, vedendo la misura dell’amore del padrone, vedendo la sua
ostinata
volontà di salvezza, capiranno e cambieranno. Forse.
No non sarà così, il Signore dovrà salire sulla Croce, per salvarci,
altrimenti
non avremo capito un cavolo, ma Lui è così amici, non cessa di
amarci,
buona Domenica Fausto.