Della 12° Domenica del Tempo Ordinario.
San Guglielmo da
Vercelli, Abate.
Prima lettura.
Ha liberato la vita
del povero
dalle mani dei
malfattori.
Dal libro del profeta
Geremìa (20,10-13)
Sentivo la calunnia di
molti: «Terrore
all'intorno!
Denunciatelo!
Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici
aspettavano la mia
caduta: «Forse si
lascerà trarre in
inganno, così noi
prevarremo su di lui,
ci prenderemo la
nostra vendetta».
Ma il Signore è al mio
fianco come un
prode valoroso, per
questo i miei
persecutori
vacilleranno e non potranno
prevalere; arrossiranno
perché non
avranno successo, sarà
una vergogna
eterna e
incancellabile.
Signore degli
eserciti, che provi il giusto,
che vedi il cuore e la
mente, possa io
vedere la tua vendetta
su di loro, poiché
a te ho affidato la
mia causa!
Cantate inni al
Signore, lodate il Signore,
perché ha liberato la
vita del povero dalle
mani dei malfattori.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal
Sal 68 (69)
Ripetiamo. Nella
tua grande bontà rispondimi, o Dio.
Per te io sopporto
l'insulto e la vergogna
mi copre la faccia;
sono diventato un
estraneo ai miei
fratelli, uno straniero
per i figli di mia
madre.
Perché mi divora lo
zelo per la tua casa, gli
insulti di chi ti
insulta ricadono su di me. R.
Ma io rivolgo a te la
mia preghiera,
Signore, nel tempo
della benevolenza.
O Dio, nella tua
grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della
tua salvezza.
Rispondimi, Signore,
perché buono è il tuo
amore; volgiti a me
nella tua grande tenerezza. R.
Vedano i poveri e si
rallegrino;
voi che cercate Dio,
fatevi coraggio,
perché il Signore
ascolta i miseri
non disprezza i suoi
che sono prigionieri.
A lui cantino lode i
cieli e la terra,
i mari e quanto
brulica in essi. R.
Seconda Lettura
Il dono di grazia
non è come la caduta.
Dalla lettera di San
Paolo
apostolo ai Romani (5,12-15)
Fratelli, come a causa
di un solo uomo
il peccato è entrato
nel mondo e, con il
peccato, la morte,
così in tutti gli uomini
si è propagata la
morte, poiché tutti
hanno peccato.
Fino alla Legge
infatti c'era il peccato
nel mondo e, anche se
il peccato non
può essere imputato
quando manca la
Legge, la morte regnò
da Adamo fino
a Mosè anche su quelli
che non avevano
peccato a somiglianza
della trasgressione
di Adamo, il quale è
figura di colui che
doveva venire.
Ma il dono di grazia
non è come la caduta:
se infatti per la
caduta di uno solo tutti
morirono, molto di più
la grazia di Dio,
e il dono concesso in
grazia del solo
uomo Gesù Cristo, si
sono riversati in
abbondanza su tutti.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito della verità
darà testimonianza
di me, dice il Signore,
e anche voi
date testimonianza. (Gv
15, 26b.27a)
Alleluia, alleluia.
Vangelo
Non abbiate paura
di quelli che uccidono il corpo.
Dal Vangelo secondo
Matteo (10,26-33) anno B.
In quel tempo, Gesù
disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura
degli uomini, poiché
nulla vi è di nascosto
che non sarà svelato
né di segreto che non
sarà conosciuto.
Quello che io vi dico
nelle tenebre voi
ditelo nella luce, e
quello che ascoltate
all'orecchio voi
annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di
quelli che uccidono
il corpo, ma non hanno
potere di uccidere
l'anima; abbiate paura
piuttosto di colui
che ha il potere di
far perire nella Geenna
e l'anima e il corpo.
Due passeri non si
vendono forse per un soldo?
Eppure nemmeno uno di
essi cadrà a
terra senza il volere
del Padre vostro.
Perfino i capelli del
vostro capo sono
tutti contati.
Non abbiate dunque
paura: voi valete più
di molti passeri!
Perciò chiunque mi
riconoscerà davanti
agli uomini, anch'io
lo riconoscerò davanti
al Padre mio che è nei
cieli; chi invece mi
rinnegherà davanti
agli uomini, anch'io lo
rinnegherò davanti al
Padre mio
che è nei cieli».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Matteo ha lasciato tutto per
seguire il
Signore; nello sguardo del suo
Maestro
ha visto l’infinita dolcezza di
Dio, il
perdono, la compassione, la
misericordia.
Quello stesso sguardo, ora,
Matteo è
chiamato a rivolgerlo ai fratelli
cui è mandato.
Quel burlone di Dio, vedendo la
fragilità
degli esseri umani, sentendo
compassione
di tutti noi, vedendoci vagare
come
pecore senza pastore, ha pensato
bene
di inventare la Chiesa.
Chiesa che è una improbabile
comunità di
persone del tutto diverse tra di
loro, unite
solo dall’incontro con lo sguardo
di Dio,
unite solo dalla passione infinita
verso
il Maestro Gesù.
È questo il compito della Chiesa,
comunità
di perdonati, non di perfetti;
annunciare
ad ogni uomo la tenerezza di Dio.
In un mondo lacerato, confuso,
indurito,
sfinito, noi discepoli, uguali e
partecipi
delle miserie, diversi perché
misteriosamente riempiti, siamo
chiamati
a gridare Dio all’uomo.
Siamo chiamati a gridare sui
tetti che Dio
conta anche i capelli del nostro
capo,
che Dio non è brutto e
incomprensibile
come ce lo raffiguriamo, come
troppi
cristiani ancora credono e
dicono,
che Dio ama dall’eternità i
passerotti
e ne conosce le pene, che Dio,
il Dio di Gesù, è splendido.
Gridarlo sui tetti che Dio è
grande, che
Dio ci ama, che Dio è presente,
come il
cuore dell’innamorato che,
gonfio, vuole
comunicare a tutti la sua
esperienza.
All’uomo indifferente e travolto
dal caos
della vita, Gesù annuncia il
tenero volto
di un Dio che cammina con noi.
Gridatelo sui tetti!, dice Gesù.
Troppe volte, invece, ci
vergogniamo
di essere cristiani, ci
affrettiamo a
precisare di credere, sì, ma con
molte
parentesi, con molte obiezioni,
per
non sfigurare davanti alla
“modernità”.
Penso a tutte le volte che
tentiamo di
fare i cristiani “politicamente
corretti”,
quando cediamo ai compromessi per
essere accolti in questo ipocrita
mondo
liberale che è liberale solo con
chi la
pensa come lui.
Amare Cristo vuol dire amare la
Chiesa
fino al sanguinamento, soffrire
per le sue
infedeltà, che sono le mie,
eternamente
in tensione fra una Chiesa da difendere
di fronte al mondo e un mondo da
far
accogliere nel cuore dei
discepoli.
È vero; ai giorni nostri, a causa
della
globalizzazione, le religioni
devono
sopportare il sospetto,
terribile, di chi
si appella alla fede per
commettere stragi.
Sono contrario, per temperamento
e, spero,
per fedeltà al Vangelo, a
brandire la fede
come arma per lo scontro di
civiltà.
Ma qui, nel nostro indeciso
occidente,
in questa Italia superficialmente
devota,
in questo paese parzialmente
cristiano,
il rischio è l’assenza della
testimonianza,
non l’imposizione delle idee.
Abbiamo paura di ostentare la
nostra fede,
crediamo di dover giustificare le
nostre
convinzioni, temiamo che le
nostre ragioni
vacillino davanti al pensiero
contemporaneo.
L’idea che la fede sia una
concessione
archeologica a soggetti
particolarmente
fragili ed emotivi in fondo
contagia anche noi.
Ma è così?
Abbiamo bisogno di approfondire
la nostra
fede, di scrollarle di dosso la
polvere
dell’abitudine e del
tradizionalismo,
per riscoprire il volto
straordinariamente
umano e compassionevole,
credibile e
ragionevole del Dio di Gesù
Cristo.
Gridatelo sui tetti!
Non nelle Chiese, non nelle
sacrestie,
non al piccolo gregge, ma nella
piazza,
al bar, in ufficio e sul lavoro.
La fede è stata a lungo nascosta
nei
tabernacoli, senza avere il
coraggio di
contagiare la nostra vita.
Non è forse questo il dramma
della nostra fede?
Quello di essere timidamente
rintanata
in angusti spazio dello Spirito?
Non è forse perché Dio è stato
cacciato
dalla nostra economia, dalle
nostre scelte,
dalle nostre famiglie, dalla
nostra cultura,
per essere idolatrato nel tempo
del sacro,
che molti uomini guardano con
sospetto
al Vangelo, quasi fosse una
rinuncia
alla piena umanità?
Gridiamolo sui tetti questo
Vangelo,
facciamocene carico, entriamo
nella
compagnia di chi prende sul serio
l’ansia di pienezza che inquieta
il Signore.
Intendiamoci però; niente
integralismi
in questi tempi di eccessi
religiosi,
in cui si soffia sul mai sopito
spettro
delle guerre di religione.
Vivere il Vangelo con serietà non
porta in
alcun modo ad agire senza il
rispetto
stabilito dalla carità.
I cristiani sperimentano il
rispetto
assoluto delle idee e
dell’esperienza
umana, certo, che convive accanto
all’esigenza di essere
riconosciuti
cittadini a pieno titolo, con
un’esperienza
forte e ristrutturante della
società.
Se in lidi lontani, il rischio è
quello di
brandire la fede come un’arma, il
nostro rischio è, invece, l’insignificanza.
Un cristianesimo ridotto ad etica
o ad
aiuto sociale perde completamente
di
vista l’esigenza di totalità e di
globalità che il Signore vuole da
noi.
“L’amore ci spinge”, diceva san
Paolo.
È l’amore per Dio e per l’uomo
che fa
gridare sui tetti, è la
percezione della
salvezza che può riempire i cuori
che
ci fa uscire per indicare a chi
vive nella
paura e nella solitudine che
esiste una
pienezza e che questa pienezza ha
il
volto e lo sguardo di Cristo.
Ma fare questo, credetemi, costa.
Costa in sguardi sospettosi, in
battute
rispetto all’eccesso di
proselitismo, in
giudizi, in manipolazioni (è di
moda,
sul lavoro, affibbiare al
cristiano molto
più lavoro, perché, pare, sia
tenuto
a far favori), in scelte dolorose
(in onestà,
rispetto, amore per la vita), in
persecuzioni
(chiedetelo ai 25 milioni di
cristiani uccisi
durante il luminoso ventesimo
secolo!).
Essere cristiani sul serio,
costa.
Amici; quanto vi costa essere
cristiani?
Nulla? Brutto segno.
Nella fatica della testimonianza
il Signore
ci assicura che siamo
nel cuore di Dio,
nella pienezza della
sua attenzione.
Se ci sentiamo Amati, allora
saremo in
grado di gridare il
Vangelo con la nostra
vita, per sentirci luce
per gli altri,
buona Domenica della
luce, Fausto.