sabato 9 novembre 2024

Il Vangelo di Domenica 10 Novembre 2024

 

Della 32° Domenica del Tempo Ordinario.

San Leone Magno, Papa e dottore della Chiesa.

Prima Lettura

La vedova fece con la sua farina una

piccola focaccia e la portò a Elìa.

Dal primo libro dei Re (17,10-16)

In quei giorni, il profeta Elìa si alzò e

andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della

città, ecco una vedova che raccoglieva legna.

La chiamò e le disse: «Prendimi un po'

d'acqua in un vaso, perché io possa bere».

Mentre quella andava a prenderla, le gridò:

«Per favore, prendimi anche un pezzo di pane».

Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo

Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno

di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio;

ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò

a prepararla per me e per mio figlio: la

mangeremo e poi moriremo».

Elìa le disse: «Non temere; va' a fare

come hai detto.

Prima però prepara una piccola focaccia

per me e portamela; quindi ne preparerai

per te e per tuo figlio, poiché così dice il

Signore, Dio d'Israele: "La farina della

giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio

non diminuirà fino al giorno in cui il

Signore manderà la pioggia sulla faccia

della terra"».

Quella andò e fece come aveva detto Elìa;

poi mangiarono lei, lui e la casa di lei

per diversi giorni.

La farina della giara non venne meno e

l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la

parola che il Signore aveva pronunciato

per mezzo di Elìa.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 145 (146)

Ripetiamo. Loda il Signore, anima mia.

 

Il Signore rimane fedele per sempre

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri. R.

 

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri. R.

 

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione

in generazione. R.

 

Seconda Lettura

Cristo si è offerto una volta per

tutte per togliere i peccati di molti.

Dalla lettera agli Ebrei (9,24-28)

Cristo non è entrato in un santuario fatto

da mani d'uomo, figura di quello vero,

ma nel cielo stesso, per comparire ora al

cospetto di Dio in nostro favore.

E non deve offrire se stesso più volte,

come il sommo sacerdote che entra nel

santuario ogni anno con sangue altrui: in

questo caso egli, fin dalla fondazione del

mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.

Invece ora, una volta sola, nella pienezza

dei tempi, egli è apparso per annullare il

peccato mediante il sacrificio di se stesso.

E come per gli uomini è stabilito che

muoiano una sola volta, dopo di che

viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi

offerto una sola volta per togliere il peccato

di molti, apparirà una seconda volta, senza

alcuna relazione con il peccato, a coloro

che l'aspettano per la loro salvezza.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Beati i poveri in spirito, perché

di essi è il regno dei cieli. (Mt 5,3)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Questa vedova, così povera, ha gettato

nel tesoro più di tutti gli altri.

Dal Vangelo secondo Marco (12,38-44) anno B

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva

alla folla nel suo insegnamento:

«Guardatevi dagli scribi, che amano

passeggiare in lunghe vesti, ricevere

saluti nelle piazze, avere i primi seggi

nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.

Divorano le case delle vedove e pregano

a lungo per farsi vedere.

Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava

come la folla vi gettava monete.

Tanti ricchi ne gettavano molte.

Ma, venuta una vedova povera, vi gettò

due monetine, che fanno un soldo.

Allora, chiamati a sé i suoi discepoli,

disse loro: «In verità io vi dico: questa

vedova, così povera, ha gettato nel

tesoro più di tutti gli altri.

Tutti infatti hanno gettato parte del

loro superfluo.

Lei invece, nella sua miseria, vi ha

gettato tutto quello che aveva, tutto

quanto aveva per vivere».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

La protagonista della liturgia di oggi

è una vedova, anzi due.

Se la vedovanza già rappresenta uno stato

di grande dolore, di lacerazione interiore,

di frantumazione di affetti, restare

vedove al tempo di Gesù, era una vera

e propria tragedia.

Senza servizi sociali, senza appoggio

dalla famiglia, spesso la vedova si vedeva

costretta, per vivere, a mendicare o,

peggio, a prostituirsi.

La condizione della vedova, perciò, era

la peggiore che si potesse immaginare;

sola, senza sussistenza economica,

disprezzata perché mendicante o prostituta.

E invece-ettepareva-sono proprie le

vedove, le ultime della società, ad essere

al centro dell’attenzione della

Parola di Dio di oggi.

La prima vedova si trova a Zarepta di

Sidone, fuori dal territorio di Israele.

Elia, il grande profeta, le chiede

accoglienza alle porte della città.

Questa povera donna, senza mezzi di

sussistenza, accetta di ospitare questo

sconosciuto, straniero, condividendo

l’ultima porzione di cibo che possiede.

Questo immenso segno di generosità

cambierà la sua vita; l’olio nell’orcio

e la farina nella madia non verranno

mai più a mancare.

Così la vedova del Vangelo getta nel

tesoro del Tempio qualche euro, mentre

i notabili della città e i devoti si

spintonano per far notare le somme

considerevoli che versano nelle casse

del Tempio appena ricostruito.

Gesù loda la generosità di questa donna

che ha dato il suo necessario come offerta

a Dio, e ignora le generose offerte

pubblicate e titoli cubitali del

miliardario di turno.

Ci sono momenti nella vita in cui perdiamo

tutto; salute, lavoro, una persona cara

(non necessariamente perché muore),

voglia di vivere.

Momenti faticosi, terribili, in cui abbiamo

l’impressione di non sopravvivere.

Come la vedova di Elia, trasciniamo un

passo dopo l’altro, tenuti in vita da

qualche affetto (il figlio per la vedova)

ma rassegnati a veder consumare ogni

forza, ogni energia.

Quante persone in questo stato ho

conosciuto nella mia vita!

Quanti amici pieni di forza e di ironia si

sono poi sfracellati contro il muro della vita.

Le responsabilità, in fondo, non contano,

non servono; quando si è bastonati, ai

margini della strada, si soffre e basta,

anche se ce la si è andata a cercare.

Eppure, in quel momento di rarefazione

esistenziale, di dolore assoluto, con o

senza Dio presente, possiamo diventare

capaci di accoglienza, di dono, di

condivisione, di non lasciarci soffocare

dalla rabbia assoluta e vedere altro

dolore, altra sofferenza.

La vedova di Zarepta sa che uno straniero

è in condizioni simili alle sue; guardato

con disprezzo, evitato, probabilmente

Elia non avrebbe mai trovato un

alloggio a Sidone.

Elia e la vedova si somigliano, i poveri,

se riconciliati e affidati a Dio, sanno

diventare una sorgente di bene per i

poveri come loro.

La vedova del Vangelo-ingenua-mette

quel poco che ha per il Tempio, per Dio.

Non sa dove finiranno i soldi, forse

saranno disprezzati dal sacrestano del

Tempio, forse serviranno a comperare

detersivo per i pavimenti, poco importa,

il suo gesto è assoluto, profetico, colmo

di una tenerezza infinita.

Anche quando siamo incapaci di provare

emozioni, o di desiderio di vita, possiamo

diventare luce, totalità, dono, speranza.

Non ce ne accorgiamo, ovvio, e forse

neppure ce ne importa.

Come non importa a chi ha davvero dato

tutto, a chi davvero è stato masticato

dalla vita e dal dolore.

Ci sono santi che stupiscono la Chiesa per

il loro dinamismo e la loro forza interiore.

Altri santi che la edificano per la loro

trasparente oblazione, per il modo in

cui affrontano le fatiche della vita

(ricordate Osea e la sua vicenda affettiva?).

Come Mosè, il grande liberatore, il più

grande della storia di Israele, colui che

ha visto Dio faccia a faccia, colui che

ha ricevuto nelle sue mani le parole che

Dio dona all’umanità per vivere, colui

che, principe d’Egitto, ha rinunciato al

suo rango e si è fatto simile agli schiavi,

muore sulle alture del Golan, senza

mai entrare in Israele.

Ora è libero, finalmente.

Amico masticato, amica sanguinante,

vedovi e vedove senza amore e rispetto,

delusi da voi stessi e dalla vita, dalle

persone e dalle vicende, date in

elemosina ciò che avete dentro, anche

se poco, fatelo per Dio, fatelo perché

credete nella vita, disperatamente.

E noi discepoli, fragile popolo di Dio,

impariamo dalle vedove, dai poveri a

contare sull’Assoluto, ad abbandonarci-sul

serio-nelle mani di Colui che tutto può.

Non la gloria, non la devozione, non

l’apparenza (anche clericale e cattolica!)

ci salvano, ma l’essere mendicanti di luce,

buona Domenica Fausto.