Della 24° Domenica del Tempo Ordinario.
San Roberto
Bellarmino,
vescovo e dottore
della Chiesa.
Prima Lettura
Perdona l'offesa al
tuo prossimo e per la
tua preghiera ti
saranno rimessi i peccati.
Dal libro del Siracide
(27,33-28,9)
Rancore e ira sono
cose orribili, e il
peccatore le porta
dentro.
Chi si vendica subirà
la vendetta del
Signore, il quale
tiene sempre presenti
i suoi peccati.
Perdona l’offesa al
tuo prossimo e per la
tua preghiera ti
saranno rimessi i peccati.
Un uomo che resta in
collera verso un
altro uomo, come può
chiedere la
guarigione al Signore?
Lui che non ha
misericordia per l’uomo
suo simile, come può
supplicare per
i propri peccati?
Se lui, che è soltanto
carne, conserva
rancore, come può
ottenere il perdono
di Dio?
Chi espierà per i
suoi peccati?
Ricòrdati della fine
e smetti di odiare,
della dissoluzione e
della morte e resta
fedele ai
comandamenti.
Ricorda i precetti e
non odiare il
prossimo, l’alleanza
dell’Altissimo
e dimentica gli errori
altrui.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal
Sal 102 (103)
Ripetiamo. Il
Signore è buono e grande nell'amore.
Benedici il Signore,
anima mia, quanto
è in me benedica il
suo santo nome.
Benedici il Signore,
anima mia,
non dimenticare tutti
i suoi benefici. R.
Egli perdona tutte le
tue colpe,
guarisce tutte le tue
infermità,
salva dalla fossa la
tua vita,
ti circonda di bontà
e misericordia. R.
Non è in lite per
sempre,
non rimane adirato in
eterno.
Non ci tratta secondo
i nostri peccati
e non ci ripaga
secondo le nostre colpe. R.
Perché quanto il
cielo è alto sulla terra,
così la sua
misericordia è potente su
quelli che lo temono;
quanto dista
l’oriente
dall’occidente, così egli
allontana da noi le
nostre colpe. R.
Seconda Lettura
Sia che viviamo,
sia che moriamo,
siamo del Signore.
Dalla lettera di san
Paolo
apostolo ai Romani (14,7-9)
Fratelli, nessuno di
noi vive per se stesso
e nessuno muore per se
stesso, perché se
noi viviamo, viviamo
per il Signore, se
noi moriamo, moriamo
per il Signore.
Sia che viviamo, sia
che moriamo,
siamo del Signore.
Per questo infatti
Cristo è morto ed è
ritornato alla vita:
per essere il Signore
dei morti e dei vivi.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Vi do un comandamento
nuovo, dice
il Signore: come io ho
amato voi, così
amatevi anche voi gli
uni gli altri. (Gv 13,34)
Alleluia, alleluia.
Vangelo
Non ti dico fino a
sette volte,
ma fino a settanta
volte sette.
Dal Vangelo secondo
Matteo (18,21-35) anno A
In quel tempo, Pietro
si avvicinò a Gesù
e gli disse: «Signore,
se il mio fratello
commette colpe contro
di me, quante
volte dovrò
perdonargli?
Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose:
«Non ti dico fino a
sette volte, ma fino a
settanta volte sette.
Per questo, il regno
dei cieli è simile a un
re che volle regolare
i conti con i suoi servi.
Aveva cominciato a
regolare i conti, quando
gli fu presentato un
tale che gli doveva
diecimila talenti.
Poiché costui non era
in grado di restituire,
il padrone ordinò che
fosse venduto lui con
la moglie, i figli e
quanto possedeva, e così
saldasse il debito.
Allora il servo,
prostrato a terra, lo
supplicava dicendo:
“Abbi pazienza con
me e ti restituirò
ogni cosa”.
Il padrone ebbe
compassione di quel servo,
lo lasciò andare e
gli condonò il debito.
Appena uscito, quel
servo trovò uno dei
suoi compagni, che gli
doveva cento denari.
Lo prese per il collo
e lo soffocava,
dicendo: “Restituisci
quello che devi!”.
Il suo compagno,
prostrato a terra, lo
pregava dicendo: “Abbi
pazienza con
me e ti restituirò”.
Ma egli non volle,
andò e lo fece gettare
in prigione, fino a
che non avesse
pagato il debito.
Visto quello che
accadeva, i suoi compagni
furono molto
dispiaciuti e andarono a riferire
al loro padrone tutto
l’accaduto.
Allora il padrone fece
chiamare quell’uomo
e gli disse: “Servo
malvagio, io ti ho
condonato tutto quel debito
perché tu
mi hai pregato.
Non dovevi anche tu
aver pietà del tuo
compagno, così come
io ho avuto
pietà di te?”.
Sdegnato, il padrone
lo diede in mano
agli aguzzini, finché
non avesse restituito
tutto il dovuto.
Così anche il Padre
mio celeste farà con
voi se non perdonerete
di cuore, ciascuno
al proprio fratello».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Doniamo il perdono ricevuto!
Un Vangelo di quelli che si fa
fatica
a mandare giù.
La logica del perdono, chissà
perché,
è qualcosa che urta profondamente
la nostra istintualità.
Eppure è ciò che maggiormente
caratterizza
la nostra identità cristiana.
Siamo chiamati, quindi, a
perdonare sempre.
Riflettiamo bene su questa pagina
perché
contagi, un poco almeno, la
nostra vita.
A leggere bene, Pietro fa un
gesto straordinario.
Non so voi, ma perdonare già
sette
volte è difficile!
Immaginate; un amico si viene a
scusare
perché vi ha sparlato alle
spalle.
No problem; una pacca sulle
spalle,
una stretta di mano, pazienza.
Torna dopo mezz’ora; ha
risparlato male
di voi; che fate, lo perdonate di
nuovo
o vi sentite presi in giro?
Eppure Gesù rilancia il gioco;
occorre
perdonare sempre. Possibile?
La durissima parabola che segue
ci spiega
questa esigenza; il cristiano è
chiamato a
perdonare quando si rende conto
di quanto
a lui è perdonato.
L’accentuata sproporzione del
debito
nella parabola centinaia di
migliaia
contro pochi centesimi di Euro)
rivela
il divario fra il gesto di Dio e
il nostro.
Quindi siamo chiamati a perdonare
perché
perdonati, perché noi per primi
facciamo
quest’esperienza di perdono
gratuito,
sproporzionato rispetto al
condono
del creditore.
Eppure questo perdono non cambia
il
cuore del servo.
L’ha fatta franca, è incredulo,
euforico,
non stupìto della misericordia
del padrone.
E, infatti, il suo cuore indurito
non ha
pietà per l’altro servo.
Siamo chiamati a perdonare perché
perdonati, non perché più buoni.
Quante volte dimentichiamo un’offesa
subita perché, tutto sommato, ci
sentiamo migliori.
Non ti perdono per dimostrare
qualcosa,
ma perché ne ho un bisogno
assoluto.
Siamo chiamati a perdonare a
gratis, non
sperando che il nostro perdono
cambi
l’atteggiamento di chi ci ha
offeso.
Anzi; come Gesù, rischiamo di
essere
ridicolizzati per il nostro
gesto, di vedercelo
rinfacciare come debolezza.
Poco importa; chi ha incontrato
il grande
perdono non può fare a meno di
guardare
all’altro con uno sguardo di
comprensione
e verità. E concretezza.
Mi spiego: riuscire a perdonare
persone
che mi hanno profondamente ferito
non
è cosa semplice.
Spesse volte, poi, giocano un
grosso ruolo
fatiche di tipo psicologico.
Nella concretezza di ciò che sono
devo
dare il massimo, non aspettare il
perdono
perfetto, ma esercitare il
perdono possibile.
Sono rimasto colpito da una
preghiera che
una vecchia mamma brasiliana,
analfabeta,
fece durante una preghiera
comunitaria.
Gli squadroni della morte gli
avevano
torturato e ucciso due figli
sindacalisti
negli anni della dittatura.
Disse: “Signore che ascolti e
proteggi le
vedove, fammi vendetta; converti
chi
ha ucciso i miei figli!”.
Vi garantisco; fu meglio di mille
parole
sul perdono.
L'atteggiamento del perdono lo
maturiamo
nella consapevolezza del nostro
limite.
Il Signore desidera talmente
superare il
nostro limite che ha istituito il
Sacramento della Riconciliazione.
Un momento straordinario, così
poco
valorizzato da noi cristiani,
quasi timorosi
e vergognandoci del nostro
peccato invece
che meravigliarci del perdono
gratuito.
Ci presentiamo alla Confessione
come
dichiariamo i redditi; meno
dichiariamo,
meno paghiamo!
Se sapessimo, se capissimo di quanto
amore il Signore è capace di
colmarci!
Se prendessimo più sul serio
questa
pagina del Vangelo!
Se riuscissimo a costruire delle
comunità
di perdonati!
Il nostro mondo ha smarrito la
dimensione
del proprio limite e fatica a
trovare il
perdono profondo che solo l’amore
di Dio può dare.
Che le nostre comunità,
continuando il
cammino suggeritoci dal
Vangelo
Domenica scorsa,
diventino luogo di
comunione, di
accoglienza di perdono
dato e ricevuto, per
diventare testimoni
credibili dell’amore di
Dio.