sabato 6 aprile 2024

Il Vangelo di Domenica 7 Aprile 2024

 

Della 2° Domenica di Pasqua.

Domenica della Divina Misericordia.

Prima lettura.

Un cuore solo e un'anima sola.

Dagli Atti degli Apostoli (4,32-37)

La moltitudine di coloro che erano

diventati credenti aveva un cuore solo

e un'anima sola e nessuno considerava

sua proprietà quello che gli apparteneva,

ma fra loro tutto era comune.

Con grande forza gli apostoli davano

testimonianza della risurrezione del

Signore Gesù e tutti godevano di

grande favore.

Nessuno infatti tra loro era bisognoso,

perché quanti possedevano campi o case

li vendevano, portavano il ricavato di

ciò che era stato venduto e lo deponevano

ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito

a ciascuno secondo il suo bisogno.

Così Giuseppe, soprannominato dagli

apostoli Bàrnaba, che significa "figlio

dell'esortazione", un levìta originario di

Cipro, padrone di un campo, lo vendette

e ne consegnò il ricavato deponendolo

ai piedi degli apostoli.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Salmo 117 (118)

 

Ripetiamo. Rendete grazie al Signore

perché è buono: il suo amore è per sempre.

 

Dica Israele:

«Il suo amore è per sempre».

Dica la casa di Aronne:

«Il suo amore è per sempre».

Dicano quelli che temono il Signore:

«Il suo amore è per sempre». R.

 

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno che ha fatto il Signore:

rallegriamoci in esso ed esultiamo! R.

 

Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!

Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Vi benediciamo dalla casa del Signore.

Il Signore è Dio, egli ci illumina. R.

 

Seconda Lettura

Chiunque è stato generato da Dio

vince il mondo.

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (5,1-6)

Carissimi, chiunque crede che Gesù è

il Cristo, è stato generato da Dio; e chi

ama colui che ha generato, ama anche

chi da lui è stato generato.

In questo conosciamo di amare i figli di

Dio: quando amiamo Dio e osserviamo

i suoi comandamenti. In questo infatti

consiste l'amore di Dio, nell'osservare i

suoi comandamenti; e i suoi comandamenti

non sono gravosi.

Chiunque è stato generato da Dio vince

il mondo; e questa è la vittoria che ha

vinto il mondo: la nostra fede.

E chi è che vince il mondo se non chi

crede che Gesù è il Figlio di Dio?

Egli è colui che è venuto con acqua e

sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua

soltanto, ma con l'acqua e con il sangue.

Ed è lo Spirito che dà testimonianza,

perché lo Spirito è la verità.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo, Alleluia, alleluia.

 

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai

creduto; beati quelli che non hanno

visto e hanno creduto. (Gv 20,29)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Otto giorni dopo venne Gesù.

Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-31) anno B.

La sera di quel giorno, il primo della

settimana, mentre erano chiuse le porte

del luogo dove si trovavano i discepoli

per timore dei Giudei, venne Gesù, stette

in mezzo e disse loro: «Pace a voi!».

Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.

E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi!

Come il Padre ha mandato me, anche

io mando voi».

Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete

lo Spirito Santo.

A coloro a cui perdonerete i peccati,

saranno perdonati; a coloro a cui non

perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato

Dìdimo, non era con loro quando

venne Gesù.

Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo

visto il Signore!».

Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle

sue mani il segno dei chiodi e non metto

il mio dito nel segno dei chiodi e non metto

la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo

in casa e c'era con loro anche Tommaso.

Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo

e disse: «Pace a voi!».

Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo

dito e guarda le mie mani; tendi la tua

mano e mettila nel mio fianco; e non

essere incredulo, ma credente!».

Gli rispose Tommaso: «Mio Signore

e mio Dio!».

Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto,

tu hai creduto; beati quelli che non hanno

visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece

molti altri segni che non sono stati scritti

in questo libro.

Ma questi sono stati scritti perché crediate

che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio,

e perché, credendo, abbiate la vita

nel suo nome.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

La mia lettera a mio fratello Tommaso.

Caro Tommaso, fa strano scriverti una

lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni,

di schierarmi formalmente e solennemente

dalla tua parte.

Mi spiego meglio.

Ogni anno, dopo l’ebrezza della festa

di Pasqua, puntualmente ti ritroviamo

col Vangelo che ti riguarda.

San Giovanni ci dice che il fatto, o meglio

il fattaccio, è accaduto otto giorni dopo

l’apparizione di Gesù a porte chiuse

nel Cenacolo, la sera di Pasqua.

Ora; sono stufo di vederti descritto

come un incredulo.

Su te abbiamo addirittura composto un

proverbio ‘Tommaso, che non ci crede

se non ci mette il naso’ e, così, sei arrivato

fino a noi con la falsa nomea di incredulo.

È il nostro consueto modo di leggere il

Vangelo, col cervello in stand-by,

ascoltando come se fosse una pia ed

edificante favoletta, senza la voglia di

approfondire ciò che dovrebbe nutrire

la nostra vita e la nostra fede.

Eppure, Tommaso, leggendo bene il

racconto di Giovanni, si capisce subito

che tu al Rabbì ci avevi creduto, fin

troppo, più degli altri.

D’altronde, le uniche due volte in cui

si parla di te nel Vangelo, hai dimostrato

fegato ed entusiasmo.

La prima volta Gesù decise di salire a

Gerusalemme, ignorando la pessima

aria che tirava.

Il rischio era reale; Gesù era malvisto

dal Sinedrio che già complottava per

farlo arrestare; malgrado questo,

il Maestro decise di rischiare.

Tu, Tommaso, dicesti: “Andiamo a

morire con Lui!” (Gv 11,16).

Poco dopo, quando Gesù parlò del suo

destino, e chiese di essere seguito, tu gli

chiedesti: “Signore, non sappiamo dove

vai e come possiamo conoscere la via?”

al che, Gesù ti rispose “Io sono la via,

la verità e la vita” (Gv 14,5-6).

Poi, quelle maledette quarantotto ore.

Tutti voi, Tommaso, eravate impreparati,

straniti, distratti.

La croce vi era piombata addosso come

un treno in corsa, vi aveva spezzato

l’anima, aveva travolto tutto.

Non foste capaci di fare il benché minimo

gesto, nessuna reazione, solo la paura

e il dolore, la disperazione senza fine.

Incredulo, tu? Andiamo!

Piuttosto credulone, con l’entusiasmo

che ti contraddistingueva tra i dodici.

Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto

molte volte in te; ti ho visto nel volto di

molti fratelli scoraggiati e delusi dopo

aver dato l’anima per un sogno, un progetto.

Più voli in alto e più-cadendo-ti fai del male.

La croce, per te inattesa, aveva inchiodato

il tuo Maestro e la tua vita, messo fine

al tuo sogno.

E ti vedo-sbalordito, attonito-che

ascolti i tuoi compagni.

Le tue ferite sanguinano copiosamente e

questi-gioiosi-ti raccontano di averlo

visto vivo, risorto.

Non sai capacitarti di quello che dicono,

e-soprattutto-di chi te lo dice.

Giovanni, che c’era, ha scritto solo la

prima parte di ciò che hai detto; la frase

durissima del ‘non crederò’-per pudore,

Giovanni è cortese e delicato-e non ha

riportato le tue altre frasi, dette con la

voce rotta dalla rabbia e dalla voglia

di piangere.

Ma io le conosco e riporto la parte

censurata: “Tu Pietro? Tu Andrea?; e tu

Giacomo? Voi mi dite che Lui è vivo?

Siamo scappati tutti, come conigli; siamo

stati deboli, non abbiamo creduto!

Eppure, Lui ce l’aveva detto, ci aveva avvisati.

Lo sapevamo che poteva finire così, e non gli

siamo stati vicini, non ne siamo stati capaci.

Ora, proprio voi, venite a dirmi di averlo

visto, vivo?

No, non è possibile; come faccio a credervi?”.

Sai, Tommaso; hai ragione.

Incontro spesso cristiani come te, feriti

dalla pessima testimonianza di noi

discepoli, scandalizzati dal baratro che

mettiamo tra la nostra fede e la nostra vita,

increduli a causa della nostra piccolezza.

Noi, discepoli del Maestro, che invece di

essere trasparenza del Risorto, diventiamo

filtro, e facciamo emergere le nostre

fragilità, piuttosto che la luce luminosa

che ci ha avvolti e cambiati.

Quanti ne conosco come te, Tommaso!

Brava gente scossa dall’atteggiamento

di un prete despota, giovani turbati dalle

nostre comunità fiacche, cercatori di Dio

scoraggiati dal nostro poco entusiasmo.

Ma-e questo è stupefacente-Giovanni

ci dice che otto giorni dopo eri ancora

con loro.

Non li hai mollati come a volte vedo fare,

non ti sei sentito superiore, migliore, a parte.

Hai voluto condividere la tua amarezza

con loro, non hai pensato di fare una

Chiesa alternativa, non ti sei sentito

molto ‘liberal’ e all’avanguardia.

Come frate Francesco poverello farà,

hai voluto convertire la Chiesa dal di

dentro, senza uscirne.

E hai fatto benissimo; apposta per te è

venuto il Maestro; vedi come ti ama?

Lo vedi ora; è lì, apposta per te.

Ti mostra le sue piaghe, il costato.

Poi sorride e ti parla.

Lo so bene, Tommaso, e scusa se noi

facciamo dei commenti discutibili; quella

frase bellissima non è un rimprovero,

Gesù non ti sta rinfacciando la tua

incredulità, macché.

Le sue parole sono un immenso

gesto d’amore.

Mostrando le palme delle mani trafitte,

ti sussurra: “Tommaso, so che hai

sofferto tanto.

Guarda; anch’io ho sofferto”!

E ti sei arreso, finalmente.

Hai lasciato la diga del pianto rompere

gli argini, ti sei lasciato travolgere

dall’amore e dalla fede, ti sei buttato in

ginocchio e tu, primo tra i dodici, hai

osato dire ciò che nessuno prima aveva

osato neppure pensare; Gesù è Dio.

Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di

bene e ti ringrazio per la tua fede cristallina.

Non credo sia un caso il fatto che il nostro

comune amico Giovanni ti abbia

soprannominato ‘didimo’, cioè gemello;

davvero mi assomigli.

Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti

quelli che-come te-non si sono ancora

arresi al Signore; Carlo, che si occupa

dei tossici e che a volte vorrebbe mollare

tutto; Caterina, che vuole restare in

missione e che l’ennesima guerriglia ha

costretto a scappare; il mio amico parroco

in Palestina, che parla di pace tra le fucilate;

tutti quelli, insomma, bastonati come te.

E anche gli scandalizzati da noi cristiani;

che guardino a Cristo piuttosto che ai suoi

fragili discepoli.

Santa Domenica di san Tommaso, amici, Fausto.

P.S. i nomi sopra menzionati sono di fantasia.