Della 10° Domenica del Tempo Ordinario.
Santissimo Corpo e
Sangue di Cristo.
Prima lettura.
Ecco il sangue
dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi.
Dal libro dell’Èsodo
(24,3-8)
In quei giorni, Mosè
andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme.
Tutto il popolo
rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il
Signore ha dato, noi
li eseguiremo!».
Mosè scrisse tutte le
parole del Signore.
Si alzò di buon
mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici
stele per le dodici
tribù d'Israele.
Incaricò alcuni
giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare
giovenchi come
sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese la metà del
sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare.
Quindi prese il libro
dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo.
Dissero: «Quanto ha
detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Mosè prese il sangue e
ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza
che il Signore ha
concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Parola di Dio.
Seconda lettura.
Il sangue di Cristo
purificherà la nostra coscienza.
Dalla lettera agli
Ebrei (9,11-15)
Fratelli, Cristo è
venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più
grande e più perfetta,
non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a questa creazione.
Egli entrò una volta
per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di
vitelli, ma in virtù
del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue
dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli
che sono contaminati,
li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue
di Cristo-il quale,
mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio-purificherà
la nostra coscienza
dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
Per questo egli è
mediatore di un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua
morte in riscatto
delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono
stati chiamati
ricevano l'eredità eterna che era stata promessa.
Parola di Dio.
Vangelo.
Questo è il mio
corpo. Questo è il mio sangue.
Dal Vangelo secondo
Marco (14,12-16.22-26) anno B.
Il primo giorno degli
àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero
a Gesù: «Dove vuoi che
andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei
suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà
incontro un uomo con
una brocca d'acqua; seguitelo.
Là dove entrerà, dite
al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza,
in cui io possa
mangiare la Pasqua con i miei discepoli?".
Egli vi mostrerà al
piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì
preparate la cena per
noi».
I discepoli andarono
e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e
prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano,
prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede
loro, dicendo:
«Prendete, questo è il mio corpo».
Poi prese un calice e
rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
E disse loro: «Questo
è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti.
In verità io vi dico
che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in
cui lo berrò nuovo,
nel regno di Dio».
Dopo aver cantato
l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Provo gioia e dolore nello
scrivere, oggi.
Gioia per la profonda fede che
nutro nei confronti della presenza di Cristo nel mistero
dell’Eucaristia, per la
consapevolezza che ho acquisito, in questi anni, della profondità
sconcertante di quel povero gesto,
della bizzarria di Dio, dell’ingenuità di Gesù.
Gioia per l’amore che più di una
volta mi ha travolto, partecipando all’Eucaristia
più da vicino come accolito.
Gioia per la presenza di Cristo
tangibile, evidente, palpabile che ho avuto la grazia
immensa di sperimentare in alcuni
momenti della mia vita, in un contesto di
preghiera e di ascolto della
Parola.
Dolore acuto, imbarazzante,
ostinato, perché, quando parlo di questa cosa alle persone
che con me condividono la fede
nel Risorto, sento troppo spesso incomprensione.
Dolore per come i preti fatichino
a lasciar celebrare la Messa a Cristo, pensando di
doverla gestire loro.
Dolore per il clima per niente
fraterno che si respira nelle comunità stanche
e depresse, chiuse e impermeabili.
Dolore perché la sommità della
montagna, che è l’Eucaristia e che dovrebbe essere
fonte e culmine della nostra vita
di fede, rischia di essere l’unica flebile appartenenza
al cristianesimo per molte
persone, una cima senza base.
Migliaia di volte ho partecipato
alla Messa nella mia vita, migliaia di volte mi sono
reso presente, incredulo,
indegno, distratto, all’immensità di Dio.
E ancora mi stupisco.
Ricordati dice Mosè al popolo, fa
memoria del tuo cammino.
Della schiavitù e della libertà,
e di quanto costi diventare liberi, di quanto deserto
occorra attraversare per
spogliarsi di tutte le sovrastrutture-sociali, caratteriali,
religiose-che c’impediscono di
credere e di amare nella nudità dell’essere.
Fa memoria, dice Mosè al popolo,
della fame che hai patito e del pane che hai
ricevuto, il pane del cammino.
La Domenica ci raduniamo in
obbedienza al comandamento del Signore,
a quell’imperioso “Fate questo in
memoria di me” pronunciato durante la Cena,
per dare un senso alla nostra
settimana, per orientarla verso il vero e il bene,
per leggere le mille vicende
della nostra vita in una prospettiva di Vangelo.
Fare memoria significa aprire il
tombino che sta sotto i nostri piedi per scorgere,
sotto il piano stradale,
l’oceano.
Questo è anzitutto l’Eucaristia;
una terapia contro la dimenticanza, una consapevole
ed energica scossa che ci
permette di rientrare in noi stessi per trovare, in noi stessi,
il sorriso di Dio. Nonostante
tutto.
E questa partecipazione, questo
celebrare insieme, questo radunarsi, questo essere
convocati ci rende uno, perché
uno è il pane che mangiamo, dice Paolo ai litigiosi Corinzi.
Vero, verissimo; niente e nessuno
potrebbe radunare ogni domenica in Italia quasi
dieci milioni di persone,
anziani, coppie, giovani (pochi), persone di cultura diversa,
di fede politica e calcistica
diversa, tutti, in qualche modo, sedotti dal Nazareno.
Ci rende uno quello spezzare il
pane, un’unità che non mi dispiacerebbe ritrovare,
almeno un poco, fuori, nel mondo,
là dove l’Eucaristia diventa vita, là dove mettiamo
alla prova la verità del gesto
che abbiamo fatto.
Il nostro mondo ha urgente
bisogno, immenso bisogno di unità, di speranza, di diversità
armonizzata intorno a un sogno,
il sogno del regno di Dio.
E i cristiani latitano, gli
illuminati languono.
Facendo memoria, facendo unità,
incontriamo interiormente, spiritualmente, l’immensità di Dio.
Quel pane che ci è donato, dice
Gesù, è presenza di Dio, ci cristifica, ci fa nuovi,
ci unisce a Lui, avviene uno
scambio intimo, profondo, misterioso, fra la nostra
povertà e la sua immensa
grandezza.
Non possiamo fare a meno di
partecipare all’Eucaristia; dicevano i martiri di Abitene
a uno sconcertato procuratore
romano che li voleva salvare dalla pena di morte
invitandoli a non radunarsi alla Domenica.
Mio Dio, quanta distanza.
Forse ciò che abbiamo perso nelle
nostre messe non è il fascino della ritualità o la
solennità delle funzioni,
l’equilibrio o l’armonia del celebrare, o l’eccessiva enfasi
data dall’omelia, forse quello
che manca è proprio solo la fede, cioè, credere che siamo
noi i veri celebranti
dell’Eucaristia.
Non ci sono santi, se credo che
davvero Dio è presente, non riesco a mancare
neanche sforzandomi.
Preghiamo per la nostra
conversione, perché ogni discepolo si apra allo stupore,
perché ogni prete diventi
trasparenza di Dio.
Preghiamo perché non
“banalizziamo” l’Eucaristia, che sia una forza dirompente
all’interno della nostra
settimana, un salubre stimolo a essere maggiormente discepoli,
più autentici e veri, più
consapevoli dell’immensità di Dio.
In qualsiasi posto andiamo;
l’Eucaristia resta il dono più misterioso e arricchente
della nostra vita interiore.
Non spegniamo lo
Spirito in noi.
Lasciamo che la grazia
ci raggiunga e ci cambi, attraverso l’Eucaristia.
Lasciamo che Gesù
accenda la fiamma della speranza in ognuno di noi.
Santa Domenica del
Corpus Domini da Fausto.