sabato 15 ottobre 2022

Il Vangelo di Domenica 16 Ottobre 2022

 

Della 29° Domenica del Tempo Ordinario.

Santa Margherita Maria Alacoque, vergine.

Prima Lettura

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.

Dal libro dell'Èsodo 17,8-13)

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.

Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia

contro Amalèk.

Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio».

Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro

Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere,

prevaleva Amalèk.

Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto

di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro

dall’altra, sostenevano le sue mani.

Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.

Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Parola di Dio.

Seconda Lettura

L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (3,14-4,2)

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente.

Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin

dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene

mediante la fede in Cristo Gesù.

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere,

correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo

e ben preparato per ogni opera buona.

Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi

e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola,

insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera,

esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Parola di Dio.

Vangelo

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

Dal Vangelo secondo Luca (18,1-8) anno C.

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità

di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice,

che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno.

In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi

giustizia contro il mio avversario”.

Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio

e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò

giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».

E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto.

E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?

Li farà forse aspettare a lungo?

Io vi dico che farà loro giustizia prontamente.

Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Amo la preghiera, ne ho bisogno, amici.

Sento una forza straordinaria che mi proviene dalla meditazione orante della Parola.

Ma prego male e distratto, come tutti.

Non sempre al mattino, prima dell’alba, riesco ad alzarmi per ritagliarmi dieci

minuti e alla sera, spesso, è la stanchezza a prevalere sul desiderio.

Ho la fortuna immensa di fare della Parola il mio “hobby” e, questo sì, la

frequentazione della Parola mi allarga il cuore.

È faticoso pregare, per tutti; gli amici monaci, loro che pregano sei, otto ore ogni

giorno, mi hanno raccontato-sorridendo-della loro fatica a pregare.

Che buffo.

Convincere alla preghiera è impossibile.

Far smettere chi, pregando, ha scoperto il volto di Dio è altrettanto difficile.

Dovrei parlarvi della preghiera ma so che è un’esperienza unica e personale,

che i libri per insegnare a pregare servono solo a chi li ha scritti.

La preghiera è il santuario in cui scopriamo il vero volto di Dio, il luogo dove

l’anima incontra la nostra vita frammentata e sconclusionata.

Conservare e coltivare una vita interiore in questo tempo feroce, in un

occidente che ha smarrito l’anima, ha un che di eroico,

Come ho già avuto modo di scrivere, ho pregato tanto ma Dio non mi ha

mai dato ciò che ho chiesto.

Ma tutto ciò che desideravo, senza saperlo.

Ora, arrivato verso il traguardo della mia vita, ho scoperto il senso profondo

di quel “bussate e vi sarà aperto”.

Solo che la porta che si è aperta non è quella a cui avevo bussato.

La porta dell’interiorità, del vero volto di Dio, della scoperta del sé, riusciamo

ad aprirla solo se insistiamo, se non ci scoraggiamo, se accettiamo a volte di

dirci stanchi, sfiduciati e ci sediamo sconfortati, lasciando che qualcun altro

ci sorregga le braccia tese verso l’alto, come Mosè nella prima lettura.

(Splendida immagine di Chiesa)

Il giudice della parabola non è Dio, non scherziamo, ma il mondo insensibile

alla legittime richieste della vedova, vedova che è la sposa di Cristo, la Chiesa.

Luca scrive il suo Vangelo quando le comunità cristiane nascenti sono travolte

dalla follia dell’Imperatore che chiede di essere venerato come un Dio, e sono

sconfortate e scoraggiate.

E Gesù dice a loro e a noi; continuate a pregare, tenete legato il filo che vi

unisce all’interiorità.

E tanto più il mondo sbraita e si agita tanto più siamo chiamati a dimorare,

a insistere, a tenere duro.

Siamo chiamati a insistere.

Non per convincere Dio, ma per convertire il nostro cuore.

Insistere per purificare il nostro cuore e scoprire che Dio non è un giudice,

né giusto né ingiusto, ma un Padre tenerissimo.

Insistere non per cambiare radicalmente le cose, neppure per cambiare noi

stessi, ma per vedere nel mondo il cuore di Dio che pulsa.

Insistere nella battaglia che, quotidianamente, dobbiamo affrontare, come

Mosè che prega per vincere. Insistere.

Ma non è della preghiera che vi voglio parlare.

Ma di quell’ultima, indigesta, bastarda domanda di Gesù che mi martella

nelle tempie: “Quando tornerò, troverò ancora la fede sulla terra?”. Fede?

Gesù è venuto, splendore del Padre, ci ha detto e dato Dio perché egli stesso è Dio.

Ha convinto il mondo, riempiendolo di Spirito, riguardo a Dio anche se il

mondo, la Chiesa e noi, continuamente rischiamo di scordarci il volto del

Padre per sostituirlo a quello approssimativo delle nostre abitudini.

In uno slancio di follia Gesù ha affidato il Regno alla Chiesa, a questa

Chiesa, alla mia e alla nostra Chiesa, perché diventasse testimone del Padre.

Alla Chiesa debole fatta di uomini deboli, seppure trasfigurati dallo Spirito.

Ma una cosa siamo chiamati a fare; avere fede.

Gesù tornerà, lo sappiamo, nella pienezza dei tempi, quando ogni uomo

avrà sentito annunciare il Vangelo di Cristo.

Verrà per completare il lavoro.

A meno che il lavoro non sia fermo, paralizzato dall’incompetenza delle

maestranze, dalla polemica dei ricorsi, dall’egoismo del particolarismo,

dal litigio degli operai.

Ci sarà ancora fede?

Non dice: “Ci sarà ancora un’organizzazione ecclesiale?

Una vita etica derivante dal cristianesimo?

Delle belle e buone opere sociali?”.

Non chiede: “La gente andrà a Messa, i cristiani saranno ancora visibili,

professeranno ancora i valori del Vangelo?”.

La fede chiede il Signore.

Non l’efficacia, non l’organizzazione, non la coerenza, non la struttura.

Tutte cose essenziali.

Se portano e coltivano la fede.

Ma inutili e pericolose, se autoreferenziali, se auto-celebrative.

Altrimenti rischiamo di confondere i piani, di lasciare che le cose penultime

e terzultime prendano il posto delle cose ultime.

Sano rimprovero, quello di Gesù oggi, sano realismo, sconcertante provocazione.

Gesù chiede ai suoi discepoli di conservare fede nella avversità, di non demordere,

di non mollare, di continuare la disarmata e disarmante battaglia del Regno.

È tempo di fedeltà, di non mollare, di non demordere.

Proprio perché i tempi sono caliginosi.

Oggi, durante le nostre assemblee, con la nostra presenza, la nostra vita,

il nostro desiderio, potremo dire: “Sì, Signore, Maestro, se oggi verrai, se ora

è la pienezza, troverai ancora la fede bruciare”. Almeno la mia.

Santa Domenica della fede, amici, Fausto.