giovedì 7 dicembre 2023

Il Vangelo del Venerdì 8 Dicembre 2023

 

Della 1° settimana di Avvento.

Immacolata Concezione della B. Vergine Maria. 

Prima lettura.

Porrò inimicizia tra la tua stirpe

e la stirpe della donna.

Dal libro della Gènesi (3,9-15.20)

[Dopo che l'uomo ebbe mangiato del

frutto dell'albero,] il Signore Dio lo

chiamò e gli disse: «Dove sei?».

Rispose: «Ho udito la tua voce nel

giardino: ho avuto paura, perché sono

nudo, e mi sono nascosto».

Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo?

Hai forse mangiato dell'albero di cui ti

avevo comandato di non mangiare?».

Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai

posto accanto mi ha dato dell'albero e io

ne ho mangiato».

Il Signore Dio disse alla donna: «Che

hai fatto?».

Rispose la donna: «Il serpente mi ha

ingannata e io ho mangiato».

Allora il Signore Dio disse al serpente:

«Poiché hai fatto questo, maledetto tu

fra tutto il bestiame e fra tutti gli

animali selvatici!

Sul tuo ventre camminerai e polvere

mangerai per tutti i giorni della tua vita.

Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra

la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti

schiaccerà la testa

e tu le insidierai il calcagno».

L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché

ella fu la madre di tutti i viventi.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 97 (98)

 

Ripetiamo. Cantate al Signore un canto

nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

 

Cantate al Signore un canto nuovo,

perché ha compiuto meraviglie.

Gli ha dato vittoria la sua destra

e il suo braccio santo. R.

 

Il Signore ha fatto conoscere la sua

salvezza, agli occhi delle genti ha

rivelato la sua giustizia.

Egli si è ricordato del suo amore,

della sua fedeltà alla casa d'Israele. R.

 

Tutti i confini della terra hanno veduto

la vittoria del nostro Dio.

Acclami il Signore tutta la terra,

gridate, esultate, cantate inni! R.

 

Seconda Lettura

In Cristo Dio ci ha scelti prima della

creazione del mondo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo

agli Efesìni (1,3-6.11-12)

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro

Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni

benedizione spirituale nei cieli in Cristo.

In lui ci ha scelti prima della creazione

del mondo per essere santi e immacolati

di fronte a lui nella carità, predestinandoci

a essere per lui figli adottivi mediante

Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore

della sua volontà, a lode dello splendore

della sua grazia, di cui ci ha gratificati

nel Figlio amato.

In lui siamo stati fatti anche eredi,

predestinati-secondo il progetto di colui

che tutto opera secondo la sua volontà-a

essere lode della sua gloria, noi, che già

prima abbiamo sperato nel Cristo.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Rallegrati, piena di grazia,

il Signore è con te,

benedetta tu fra le donne. (Cf. Lc 1,28)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Ecco, concepirai un figlio e lo darai alla luce.

Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38) anno pari.

In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato

da Dio in una città della Galilea, chiamata

Nàzaret, a una vergine, promessa sposa

di un uomo della casa di Davide,

di nome Giuseppe.

La vergine si chiamava Maria.

Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena

di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si

domandava che senso avesse un saluto

come questo.

L'angelo le disse: «Non temere, Maria,

perché hai trovato grazia presso Dio.

Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai

alla luce e lo chiamerai Gesù.

Sarà grande e verrà chiamato Figlio

dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà

il trono di Davide suo padre e regnerà

per sempre sulla casa di Giacobbe e il

suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all'angelo: «Come

avverrà questo, poiché non conosco uomo?».

Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo

scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo

ti coprirà con la sua ombra.

Perciò colui che nascerà sarà santo e

sarà chiamato Figlio di Dio.

Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua

vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio

e questo è il sesto mese per lei, che era

detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del

Signore: avvenga per me secondo

la tua parola».

E l'angelo si allontanò da lei.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Oggi è una buona occasione per riflettere

sull’esempio di Maria, prima tra i credenti.

Ci sono dei personaggi chiave all’interno

del nostro cammino di fede e-tra questi-Maria

è il modello di ogni cristiano.

Ma mi rendo conto che Maria può diventare

quasi un ostacolo per chi si sta avvicinando

alla fede; la devozione popolare ha talmente

arricchito l’immagine della Madre, da

renderla distante, eccessiva; cos’ha a

che vedere con le mie fragilità, i miei

problemi, questa donna fuori dall’ordinario?

Bisogna, allora, trovare il coraggio di

tornare al Vangelo, di ripercorrere

l’esperienza di Maria così come ci viene

proposta dai Vangeli, andare all’origine

e alla causa dell’amore nei confronti di

questa acerba adolescente di Nazareth.

Maria emerge dai racconti di Luca e

degli altri evangelisti come una ragazza

di grande equilibrio, con un’esperienza

di vita che assomiglia alla nostra.

Dicevamo, Domenica scorsa, della

necessità di svegliarci, del grosso rischio

che corriamo di vivere un pò ‘addormentati’,

fuori dalla vera vita; tutti indaffarati a

trovare degli spazi per riposarci,

dimenticando l’essenziale.

Anche Maria, giovane credente, si ritrova

nel tran-tran famigliare; lavoro (che per

l'epoca era casalingo), amicizie, tempo libero.

Ed è in questo contesto che avviene

l’inaudito; a Maria viene chiesto di

diventare la porta d’ingresso di

Dio nel mondo. Facile, no?

E se fosse successo a noi, se Dio ci

avesse detto: “Senti, ho bisogno di una

mano per salvare il mondo”, cosa

avremmo risposto?

Maria tentenna, fatica; come è possibile

tutto questo?

Ma l’angelo le ricorda che non bisogna

mettere ostacoli a Dio; Lui sa quello che fa!

E Maria crede.

Si resta increduli, stupiti dalla semplicità

di questa risposta: “Eccomi”.

Quante conseguenze avrà questa disponibilità!

Che razza di radicale cambiamento

porterà questo ‘sì’ a Maria!

Problemi con la sua situazione famigliare,

con un fidanzato che si vede Dio come

concorrente in amore.

Problemi con questo bambino che dovrà

essere continuamente guardato come un Mistero.

Problemi con questo Rabbì tutto preso

nell’annuncio che si dimenticherà della

propria famiglia per aprirsi ad una

famiglia più ampia.

Sofferenza nel vedere un figlio innocente

condannato a morte.

Maria si fida, crede nel Dio dell’impossibile.

Sua cugina Elisabetta, da lì a qualche

settimana, le dirà: “Ma come hai fatto,

Maria, a credere a una cosa del genere?”.

Sì; se leggiamo il Vangelo senza pregiudizi,

con cuore puro, restiamo allibiti;

come hai fatto, Maria, a credere?

Sì, capiamo perché la Chiesa ha sempre

additato la madre come la prima tra i

credenti, la prima cristiana, la discepola

per definizione, capiamo perché questa

piccola adolescente, di cui sappiamo poco,

è diventata il gigante della fede; per la

sua audacia, la sua savia incoscienza,

Maria ha dato al mondo il Salvatore.

Ecco un modo concreto di svegliarsi;

fidarsi di Dio, metterci a sua disposizione,

accogliere il suo progetto (anche se folle).

Siamo disposti a fidarci di Dio?

Oppure, ancora una volta, detteremo a Dio

le nostre condizioni, gli spiegheremo

cosa deve fare per esistere?

Siamo seri! Siamo realisti!

Maria è la donna concreta, che sa quanto

Dio può abitare una vita.

Perciò, dobbiamo essere realisti.

Chiediamo l’impossibile.

La dimensione del profondo dentro di

noi è l’unica che può colmare il nostro

cuore; dare spazio a Dio, è l’unica cosa

che veramente ci può far acquistare

uno sguardo di realismo sulle cose.

Due, quindi, sono gli atteggiamenti che

la festa di oggi ci suggerisce; il primo è

quello di acquistare consapevolezza del

fatto che il Signore si manifesta nella

quotidianità, non nelle occasioni

strepitose, particolari, eccezionali.

Dio si manifesta nel vivere settimanale,

nelle vicende piccole e grandi di

tutti i giorni.

E il secondo aspetto è quello della fede,

della risposta che possiamo dare a

questa chiamata.

Pensateci un pò; e se Maria avesse detto:

“Ho preso troppo sole, vedo gli angeli”.

O se si fosse confrontata con un amico

che gli avesse suggerito una buona

visita neurologica?

O se, più semplicemente avesse detto:

“Forse, Signore, ti sei sbagliato; non ho

tempo, non sono capace, non me la sento?”.

Non sono queste le nostre reazioni?

I muri che innalziamo davanti alla

proposta di grazia del Signore?

È Lui che prende l’iniziativa, Lui che

vuole salvarci, Lui che ci viene incontro,

Lui che fa la grazia.

Non chiudiamo il nostro cuore!

Che Maria, prima tra i discepoli, ci

insegni ancora una volta a fidarci

del Dio dell’impossibile.

Santa festa dell’Immacolata

a tutti voi, amici, Fausto.

Maria Immacolata, donna dell'attesa

 
Maria Immacolata,

donna dell’attesa.

La vera tristezza non è quando, la sera,

non sei atteso da nessuno al tuo rientro

a casa, ma quando tu non attendi più

nulla dalla vita.

E la solitudine più nera, la soffri non

quando trovi il focolare spento, ma

quando non lo vuoi accendere più;

neppure per un eventuale ospite

di passaggio.

Quando pensi, insomma, che per te

la musica è finita.

E ormai i giochi sono fatti.

E nessun’anima viva verrà a bussare

alla tua parta.

E non ci saranno più né soprassalti di

gioia per una buona notizia, né

trasalimenti di stupore per una improvvisata.

E neppure fremiti di dolore per una tragedia

umana; tanto, non ti resta più nessuno

per il quale tu debba temere.

La vita allora, scorre piatta verso un

epilogo che non arriva mai, come un

disco che ha finito troppo presto una

canzone, e si ferma inesorabilmente,

senza dire più nulla, verso il suo

ultimo stacco.

Attendere; ovvero, sperimentare il

gusto di vivere.

Hanno detto addirittura, che la santità

di una persona, si misura allo spessore

delle sue attese.

Forse è vero.

Se è così, bisogna concludere che Maria

è la più santa delle creature, proprio

perché, tutta la sua vita appare cadenzata

dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.

Già il contrassegno iniziale, con cui il

pennello di Luca la identifica, è carico

di attese: “Promessa sposa di un uomo

della casa di Davide”.

Fidanzata, cioè.

A nessuno sfugge a quale pozzo di speranza

e di batticuori faccia allusione quella parola,

che ogni donna sperimenta come preludio

di misteriose tenerezze.

Prima ancora che nel Vangelo venga

pronunciato il suo nome, di Maria si dice

che era fidanzata.

Vergine in attesa.

In attesa di Giuseppe.

In ascolto del fruscio dei suoi sandali, sul

far della sera, quando, profumato di legni

e di vernici, egli sarebbe venuto a parlare

dei suoi sogni.

Ma anche nell’ultimo fotogramma con cui

Maria si congeda dalle Scritture, essa viene

colta dall’obbiettivo nell’atteggiamento dell’attesa.

Lì, nel Cenacolo, al piano superiore, in

compagnia dei discepoli, in attesa dello Spirito.

In ascolto del frusciare della sua ala, sul

fare del giorno, quando, profumato di

unzioni e di santità, egli sarebbe disceso

sulla Chiesa, per additarle la sua missione

di salvezza.

Vergine in attesa, all’inizio.

Madre in attesa, alla fine.

E nell’arcata sorretta da queste due

trepidazioni, una così umana e l’altra

così divina, cento altre attese struggenti.

L’attesa di Lui, per nove lunghissimi mesi.

L’attea di adempimenti legali festeggiati

con umile povertà.

L’attesa del giorno, l’unico che lei avrebbe

voluto di volta in volta rimandare, in cui

suo figlio, sarebbe uscito di casa senza

farvi ritorno mai più.

L’attesa dell’(ora); l’unica per la quale non

avrebbe saputo frenare l’impazienza e di cui,

prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il

carico di grazia sulla mensa degli uomini.

L’attesa dell’ultimo rantolo dell’Unigenito

inchiodato sul legno.

L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia

solitaria, davanti alla roccia.

Attendere; infinito del verbo amare.

Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.

Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci del

tuo olio perché le nostre lampade si spengono.

Vedi; le riserve si sono consumate.

Non ci mandare ad altri venditori.

Riaccendi nelle nostre anime, gli antichi

fervori che vi bruciavano dentro, quando

bastava un nonnulla per farci trasalire di

gioia; l’arrivo di un amico lontano, il

rosso di sera dopo un temporale, il

crepitare del ceppo che d’inverno

sorvegliava i rientri in casa, le campane a

stormo nei giorni di festa, il sopraggiungere

delle rondini in primavera, l’acre odore

che si sprigionava dalla stretta dei frantoi,

le cantilene autunnali che giungevano dai

filari alla raccolta dell’uva, l’incurvarsi

tenero e misterioso del grembo materno,

il profumo dell’ansia che irrompeva

quando si preparava una culla.

Se oggi non sappiamo attendere più,

è perché siamo a corto di speranza.

Se ne sono disseccate le sorgenti.

Soffriamo una profonda crisi di desiderio.

E, ormai paghi dei mille surrogati che ci

assediano, rischiamo di non aspettare più

nulla, neppure da quelle promesse

ultraterrene che sono state firmate col

sangue dal Dio dell’alleanza.

Santa Maria, donna dell’attesa, conforta

il dolore delle madri per i loro figli che,

usciti un giorno di casa, non ci son tornati

mai più, perché uccisi da un incidente

stradale o perché sedotti dai richiami

della giungla.

Perché, dispersi dalla furia della guerra o

perché risucchiati dal turbine delle passioni.

Perché, travolti dalla tempesta del mare o

perché travolti dalle tempeste della vita.

Riempi i nostri silenzi nell’attesa perenne.

Santa Maria, vergine dell’attesa, donaci

un’anima vigile.

Giunti nel terzo millennio, ci sentiamo

purtroppo più figli del crepuscolo che

profeti dell’avvento.

Sentinella del mattino, ridestaci nel cuore

la passione di giovani annunci da portare

al mondo che si sente già vecchi e alla deriva.

Portaci, finalmente, arpa e cetra, perché con

te mattiniera possiamo svegliare l’aurora.

Di fronte ai cambi che scuotono la storia,

donaci di sentire sulla pelle i brividi dei

nostri cominciamenti.

Facci capire che non basta accogliere;

bisogna attendere.

Accogliere talvolta è segno di rassegnazione.

Attendere è sempre segno di speranza.

Rendici, perciò, ministri dell’attesa.

E il Signore che viene, Vergine dell’Avvento,

ci sorprenda, anche per la tua materna

complicità, con la lampada in mano.

Buona attesa, amici, Fausto.