martedì 24 dicembre 2019

Il Vangelo del Mercoledì 25 Dicembre 2019


Natale del Signore.
1° Lettura dal libro del profeta Isaìa (52,7-10)
Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a
Sion: «Regna il tuo Dio».
Una voce!
Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono
con gli occhi il ritorno del Signore a Sion.
Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore
ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme.
Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini
della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.
Parola di Dio.
2° Lettura Dalla lettera agli Ebrei (1,1-6)
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per
mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio,
che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene
con la sua parola potente.
Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà
nell'alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del
loro è il nome che ha ereditato.
Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato»?
e ancora: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»?
Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: «Lo adorino tutti gli
angeli di Dio».
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18) anno C.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle
tenebre e le tenebre non l'hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo
non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere
di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo
contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal
Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui
che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero
per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno
del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Commentiamo amici, il Vangelo della notte Santa,
la più bella e la più poetica, aspettando la nascita.
È solo l’ennesima notte di freddo e di insonnia, passata facendo i turni
per vegliare il gregge.
Una notte uguale a quella del giorno precedente, una notte uguale a quella di domani.
In mezzo; loro, i pastori, che cercano di scaldarsi dalla gelida notte della Giudea.
Nei loro cuori rabbia, rassegnazione, disincanto, come sono i sentimenti di
coloro che hanno speso tutte le energie per sopravvivere.
Piccole vite inutili, rottami della storia, residui dell’umanità.
Ce n’erano allora, ce ne sono ancora oggi, sempre più numerosi.
Uomini e donne dalla vita anonima, sbiadita, inutile, che si sono arresi
davanti al mondo competitivo, altri che non hanno mai neanche iniziato
a combattere, sapendosi perdenti.
I sogni sono finiti, se mai hanno avuto il coraggio di coltivarli.
Penso ai tanti perdenti che ho incontrato nella mia vita.
E quest’anno?
Persone che non finiranno mai in nessuna statistica, in nessuna rivista,
in nessun talk show.
Bastardi della storia, proprio come i pastori.
Ma come nelle fiabe, arrivano buone notizie.
E l’angelo appare ai pastori.
Non all’imperatore tronfio dei suoi possedimenti, non a Erode che pensa che
Dio sia un pericolo per la propria realizzazione, non ai sacerdoti pieni delle
loro convinzioni assolute, non alla brava gente di Gerusalemme troppo presa
dalle festività imminenti per desiderare veramente la venuta di Dio.
Loro, i pastori, non si pongono nemmeno il problema.
La maggioranza ha qualche guaio con la legge, nessuno ha il tempo di frequentare
una sinagoga, nessuno rispetta il riposo del sabato, nessuno sale al tempio
appena rifatto tre volte all’anno, non scherziamo.
A loro non interessa il Messia, a loro non importa di Dio, né Dio si interessa
di loro, ci mancherebbe.
E invece, Dio pensa proprio a loro.
Quell’annuncio, quel battaglione di angeli mandato a fare un pò di cinema
con tanto di luci sfolgoranti, quel canto che augura la pace, infine, per chi si
sente amato da Dio, ribalta ogni prospettiva, stravolge il mondo.
Andate a vedere, dice l’angelo, vedrete come segno una mangiatoia.
Per voi, non per gli altri, è nato il Salvatore.
Per voi che non sapete nemmeno cos’è, la salvezza.
Grande Dio, ci mancherebbe.
Mangiatoia e pastori.
Come pesce per i pescatori o stoffa per il sarto.
Il segno che l’angelo dona ai pastori è ciò che conoscono meglio.
Non alza l’asticella; possono incontrare Dio esattamente con ciò che sono,
con ciò che conoscono.
È Dio che si è fatto loro incontro, senza porre condizioni.
E loro vanno, e vedono, e capiscono.
Spiegano alla ragazzina provata dal parto e al suo fidanzato degli angeli.
Maria sorride debolmente, Giuseppe non sa che pensare.
Che storia.
Dio nasce in un paese lontano, in condizioni di disagio e gli unici che se ne
accorgono sono quelli che mangiano pane (poco) e disagio una volta al giorno.
Tornano pieni di gioia al loro insopportabile lavoro, i pastori; nessun bel
finale; l’odore di sterco è lo stesso, il freddo è ancora pungente.
Il loro cuore è cambiato.
Ecco Dio, finalmente.
Ecco Dio, io e voi che lo aspettiamo.
Ecco Dio, io e voi che non ne sentiamo il bisogno.
Ecco Dio, professionisti del sacro.
Eccolo, inatteso, sconvolgente, stordente e folle.
Un Dio che si annuncia a chi non se lo merita, a chi non lo prega, a chi maledice
la vita tre volte al giorno.
Un Dio che si fa riconoscere dai segni quotidiani, che si nasconde nelle piccole cose.
Un Dio che cambia la vita che se anche resta la stessa, assume una luce diversa.
Ecco Dio, noi discepoli del Nazareno, che ancora non ci stanchiamo di essere
cristiani e di seguirlo e di pregarlo.
Ecco Dio, diverso da come lo vorremmo.
Un Dio bambino, che non risolve i problemi, ma ne crea, chiedendo accoglienza.
Un Dio che non punisce i malvagi ma che dai malvagi è cercato per essere ucciso.
Un Dio che si rivolge a noi poveri, a noi perdenti, a noi inquieti.
Lui per primo povero, perdente, inquieto per amore.
Se Dio è così, amici.
Se Dio è così significa che ama l’umanità al punto da diventare uomo.
Se Dio è così significa che Dio è accessibile e ragionevole, tenero e misericordioso.
Che l’idea di un Dio potente da tenere a bada, che si fa gli affari suoi, sommo
egoista bastante a se stesso, è fasulla e pagana, che Dio ama, prima di essere amato.
Se Dio è così significa che ha bisogno di noi, come ha avuto bisogno di una
madre e di un padre.
E che io posso riconoscere Dio e servirlo in ogni sconfitto, in ogni povero,
in ogni abbandonato.
Che la fragilità degli uomini è il luogo che Dio vuole abitare, che, se vivo questo
Natale con la morte nel cuore, allora è esattamente la mia festa, perché Dio
abita anche la stalla della mia vita.
Se Dio è così, amici, come non amarlo?
Vorrei abbracciarvi ad uno ad uno, compagni di viaggio.
Migliaia di volti, di storie, di pianti, di sorrisi ricevuti come un dono
prezioso durante il mio pellegrinaggio di speranza in questo anno.
Vorrei abbracciarvi ad uno ad uno, comunicandovi la speranza che riempie
ancora il mio cuore e la mia piccola fede.
Vorrei mostrarvi quanta grazia, quanta gioia, quanta pace Dio continua a suscitare.
Un augurio speciale a tutti e a ciascuno di voi, in particolare, a chi sta
soffrendo, a chi è senza speranza, a chi è sommerso dall’indifferenza, non
abbiate paura, Dio è nato proprio per tutti noi.
Un augurio particolare, a tutti quelli che in questo anno si sono ritagliati
giornalmente qualche minuto, per venire a leggere le piccole cose quotidiane
che sgorgano dal mio cuore, un segno di affetto, perciò, in questo giorno
particolare, siete nel mio cuore e nelle mie preghiera, Santo Natale Fausto.

Ed eccoci amici, siamo arrivati alla vigilia della notte magica, 9° giorno della Novena di Natale.


24 Dicembre; 9° giorno della Novena di Natale.
La nascita nella grotta, ecco la nuova vita; viene
nella povertà e nel nascondimento e, in Lui, Dio ha
veramente parlato, ha parlato soprattutto di amore.
Se vogliamo veramente imparare ad amare, andiamo
alla grotta, lì c’è il vero amore, lì c’è la vera famiglia
frutto dell’amore.
Ecco amici, siamo stati condotti per mano alla vigilia di Natale.
Oggi è una giornata di corse, di ultime occasioni, di frenesia per chiudere
un cerchio di relazioni, di visite, di adempimenti, di preparazione.
Forse scoppiano in un giorno solo intuizioni e desideri di pace in famiglia,
con i parenti, con gli amici, voglia di bontà e di serenità.
Noi, da cristiani, vogliamo aspettare soprattutto questo bambino.
La sua famiglia sta per le strade di Betlemme alla ricerca di un posto per un
evento che i secoli attendono e loro lo portano con semplicità nel mondo,
ma il posto non c’è.
Ognuno è chiuso in se stesso, ogni famiglia ha chiuso il cerchio della sua disponibilità.
È un giorno feriale per tutti e nella ferialità non c’è spazio per la generosità,
non si riesce a bucare la scorza della propria autosufficienza.
Dio giunge nel mondo non come nasce Augusto a Roma o qualche figlio
di Erode a Gerusalemme, ma come ogni bambino, scaldato e accolto dall’amore
di un papà e di una mamma; immigrati a Betlemme, dignitosi nella loro povertà
e orgogliosi di dare alla luce il primogenito.
È sempre un bambino, ci ricorda la nostra storia di uomini, da cui tutti siamo
passati e che ha deciso nei suoi primi istanti di vita, tanta della nostra felicità o infelicità,
della nostra salute, del nostro benessere, del sentirci accolti e proiettati nel mondo.
Le mamme oggi non possono non riandare al loro primogenito, all’apprensione,
alla tensione, alla meraviglia, alla sorpresa e alla gioia della nascita.
In Lui Dio ha veramente parlato; la sua Parola si è fatta carne, è stata talmente
potente e voluta da non essere solo affidata a una voce, come lo è stata quella di
Giovanni nel deserto, ma si è fatta persona, comunicazione assoluta, uno di noi.
Guardando a quel bambino vediamo Dio, guardando a quel contesto capiamo
lo stile di Dio, vedendo quei genitori, quei pastori scopriamo il nostro posto accanto
a Lui, cominciamo ad ascoltare la Parola, a orientare la vita a quella persona.
Avremo tempo, oggi, per raccoglierci a pregare, per prenderci in mano la vita.
Per molti il Natale è l’unico spazio di un pensiero religioso, è la corda che ci tira
fuori dalle tempeste quotidiane.
Dio però ci dimostra che non è solo una corda lanciata da lontano, ma una
compagnia, è una mano, un caldo abbraccio.
Dio sta con noi.
Vieni Gesù, ti aspettiamo. 
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il
tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua
volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a
noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri
debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto
del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, ora, e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.
Buona vigilia di Natale, aspettando il Signore che viene, Fausto.