sabato 13 novembre 2021

Il Vangelo di Domenica 14 Novembre 2021

 

Della 33° Domenica del Tempo Ordinario.

San Lorenzo O'Toole, Arcivescovo di Dublino.

Prima Lettura

In quel tempo sarà salvato il tuo popolo.

Dal libro del profeta Daniele (12,1-3)

In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.

Sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni

fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà

scritto nel libro.

Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni

alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna.

I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno

indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

Parola di Dio.

Seconda Lettura

Cristo con un'unica offerta ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.

Dalla lettera agli Ebrei (10,11-14.18)

Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte

volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati.

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre

alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei

suoi piedi.

Infatti, con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.

Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più offerta per il peccato.

Parola di Dio.

Vangelo

Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.

Dal Vangelo secondo Marco (13,24-32) anno B

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella

tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle

cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.

Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità

della terra fino all'estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa

tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina.

Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino,

è alle porte.

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né

il Figlio, eccetto il Padre».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Stiamo per concludere l’anno liturgico, fra poco saluteremo Marco e il suo

Vangelo per iniziare, insieme a Luca, un nuovo percorso in preparazione al Natale.

Prima, però, Marco vuole ancora invitarci ad una riflessione scomoda e impegnativa.

In questi tempi in cui siamo tutti impegnati a sopravvivere, la Chiesa osa chiederci di

andare oltre, di non fermarci ad una visione piccina e autoreferenziale della nostra vita.

Oggi la Parola ci orienta in una direzione ostica e impegnativa, ci invita a guardare

avanti, altrove e con un altro sguardo.

La comunità di Marco è in difficoltà; l’Impero romano attraversa una crisi

profonda, sembra essere in dissoluzione.

La situazione è molto simile a quella che stiamo vivendo, tutti contro tutti,

del tipo di fine impero, di passaggio.

Alcuni esegeti sostengono addirittura che Marco abbia riaperto la sua opera

conclusa per inserirvi un capitolo nuovo, il tredicesimo, nato proprio per

rassicurare i discepoli.

Il linguaggio è quello in uso all’epoca di Gesù, fatto di immagini enigmatiche

ed esagerate, non da prendere alla lettera ma da interpretare correttamente.

Ed è un messaggio di speranza che non spaventa ma rassicura; cadono le stelle,

cioè gli astri venerati dalle religioni pagane.

La piccola fede cristiana è protetta dal suo Signore, non ha nulla da temere.

Cosa succederà domani?

Come andrà a finire la Storia? Che ne sarà di noi?

Predicazioni medioevali e film di serie “B” ci rappresentano la fine del mondo

come un delirio di fiamme e di distruzione, come il sommo giudizio finale

fatto di caligine e di paura.

Non è così; noi crediamo che Cristo, risorto e asceso al Padre, tornerà nella

pienezza dei tempi, tornerà per completare il suo Regno, le anime dei nostri

defunti riprenderanno i propri corpi trasfigurati e risorti e sarà la pienezza.

Nel frattempo-e questa è una nota dolente-quel buontempone di Dio ha affidato

a noi, fragile Chiesa, il compito di far crescere il Regno.

San Paolo si chiedeva; perché Cristo tardasse tanto, avendo le comunità una

fortissima tensione per il ritorno del Signore.

La sua risposta è struggente; se Cristo è il capo, la testa, e noi siamo membra di

un corpo, Egli tornerà solo quando tutto il corpo sarà sviluppato e pronto.

Questo è il tempo della Chiesa.

Non il tempo di restare seduti ed aspettare (come sta succedendo), ma di

annunciare il Vangelo, finché il Signore torni.

Una corrente del pensiero ebraico contemporaneo invita tutti, anche i non ebrei,

a comportarsi secondo rettitudine, per accelerare la venuta del Messia,

per noi il ritorno.

Non è una ragione sufficiente per cambiare il mondo a partire da noi stessi?

Gesù ci ammonisce; la costruzione del Regno non è necessariamente semplice,

non è un passaggio di gloria in gloria, essere travolti dal Vangelo ed iniziare il

cammino di discepolato significa porsi in un atteggiamento di cambiamento

perpetuo, di fatica nell’affrontare le contraddizioni del sé e del mondo.

Il Regno subisce violenza, non si manifesta con adunate oceaniche e opere mirabolanti.

Nel segno della contraddizione, della fatica si esplica il Regno, fra il già e il non

ancora, allontanandoci dalla logica manageriale del successo misurabile che-ahimè-a

volte si insinua anche nella logica ecclesiale.

Gli angeli radunano i discepoli dai quattro angoli della terra, coloro che

affrontano con serenità la costruzione del Regno vengono radunati e sostenuti.

Solo la Parola e la certezza di avere sperimentato Dio o di averne intuita la presenza

ci fanno andare avanti tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

È per me segno di immensa consolazione, nel mio pellegrinaggio virtuale di

speranza, accorgermi di quanto bene il Signore stia facendo nel mio cuore,

amici, che tutti i giorni venite a leggere il Vangelo sul mio profilo, e di come

la Parola sia ormai la luce per molte coppie, per molti cercatori di Dio e

consolazione per gli sconfitti.

È un modo altro di essere Chiesa, dispersi nelle nostre città, spesso senza

scogli cui aggrapparci.

La Parola del Signore che non passa, ci dice che il Signore è alla porta

e chiede di entrare.

L’uomo sembra concentrato a distruggere il proprio futuro, ignorando i richiami

della natura, facendo prevalere la logica del profitto ad ogni costo, accentuando

le distinzioni, facendole diventare divisioni e odio razziale o religioso.

La fine del mondo la costruiamo giorno per giorno e, spesso, la viviamo come

evento ineluttabile, e con un fatalismo crescente non facciamo altro che rifugiarci

in un privato miope e dal respiro corto.

Siamo chiamati, invece, a rimboccarci le maniche, a rendere presente questo Regno

che è già e non ancora, diventare profeti di conversione, non profeti di sventura.

Il mondo non precipita nel nulla, ma nelle braccia di Dio, e la Parola, che dimora,

che resta, è l’appiglio che la Chiesa ha per leggere la storia e per vedere il Regno

che avanza.

Non è facile vederlo, ovvio.

Ma vedo l’opera straordinaria che il Signore compie in voi, in me, in noi.

Arresi alla Parola, malgrado la fatica, il dolore, la logica del mondo che ancora

alberga nei nostri cuori nei nostri giudizi, vedo lo Spirito che avanza e dice alla

sua sposa, la Chiesa; vieni.

Lo vedete anche voi?

Spero di sì, amici, Santa Domenica Fausto.