sabato 18 novembre 2023

Il Vangelo di Domenica 19 Novembre 2023

 

Della 33° Domenica del Tempo Ordinario.

Santa Matilde di Hackeborn, Monaca.

Prima Lettura         

La donna perfetta lavora volentieri con le sue mani.

Dal libro dei Proverbi (31,10-13.19-20.30-31)

Una donna forte chi potrà trovarla?

Ben superiore alle perle è il suo valore.

In lei confida il cuore del marito e non

verrà a mancargli il profitto.

Gli dà felicità e non dispiacere per tutti

i giorni della sua vita.

Si procura lana e lino e li lavora volentieri

con le mani.

Stende la sua mano alla conocchia e le

sue dita tengono il fuso.

Apre le sue palme al misero, stende la

mano al povero.

Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,

ma la donna che teme Dio è da lodare.

Siatele riconoscenti per il frutto delle sue

mani e le sue opere la lodino alle porte

della città.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 127 (128)

Ripetiamo. Beato chi teme il Signore.

 

Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.

Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene. R.

 

La tua sposa come vite feconda

nell'intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d'ulivo

intorno alla tua mensa. R.

 

Ecco com'è benedetto l'uomo

che teme il Signore.

Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita! R.

 

Seconda Lettura

Non siete nelle tenebre, cosicché quel

giorno possa sorprendervi come un ladro.

Dalla prima lettera di san Paolo

apostolo ai Tessalonicési (5,1-6)

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli,

non avete bisogno che ve ne scriva; infatti

sapete bene che il giorno del Signore

verrà come un ladro di notte.

E quando la gente dirà: «C'è pace e

sicurezza!», allora d'improvviso la

rovina li colpirà, come le doglie una

donna incinta; e non potranno sfuggire.

Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre,

cosicché quel giorno possa sorprendervi

come un ladro.

Infatti siete tutti figli della luce e figli

del giorno; noi non apparteniamo alla

notte, né alle tenebre.

Non dormiamo dunque come gli altri,

ma vigiliamo e siamo sobri.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Rimanete in me e io in voi, dice

il Signore, chi rimane in me

porta molto frutto. (Gv 15,4a.5b)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Sei stato fedele nel poco, prendi parte

alla gioia del tuo padrone.

Dal Vangelo secondo Matteo (25,14-30) anno A.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli

questa parabola: «Avverrà come a un

uomo che, partendo per un viaggio,

chiamò i suoi servi e consegnò loro

i suoi beni.

A uno diede cinque talenti, a un altro

due, a un altro uno, secondo le capacità

di ciascuno; poi partì.

Subito colui che aveva ricevuto cinque

talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò

altri cinque.

Così anche quello che ne aveva ricevuti

due, ne guadagnò altri due.

Colui invece che aveva ricevuto un solo

talento, andò a fare una buca nel terreno

e vi nascose il denaro del suo padrone.

Dopo molto tempo il padrone di quei servi

tornò e volle regolare i conti con loro.

Si presentò colui che aveva ricevuto cinque

talenti e ne portò altri cinque, dicendo:

"Signore, mi hai consegnato cinque

talenti; ecco, ne ho guadagnati altri

cinque". "Bene, servo buono e fedele-gli

disse il suo padrone-, sei stato fedele nel

poco, ti darò potere su molto; prendi

parte alla gioia del tuo padrone".

Si presentò poi colui che aveva ricevuto

due talenti e disse: "Signore, mi hai

consegnato due talenti; ecco, ne ho

guadagnati altri due". "Bene, servo buono

e fedele-gli disse il suo padrone-, sei stato

fedele nel poco, ti darò potere su molto;

prendi parte alla gioia del tuo padrone".

Si presentò infine anche colui che aveva

ricevuto un solo talento e disse: "Signore,

so che sei un uomo duro, che mieti dove

non hai seminato e raccogli dove non

hai sparso.

Ho avuto paura e sono andato a nascondere

il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo".

Il padrone gli rispose: "Servo malvagio

e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho

seminato e raccolgo dove non ho sparso;

avresti dovuto affidare il mio denaro ai

banchieri e così, ritornando, avrei ritirato

il mio con l'interesse.

Toglietegli dunque il talento, e datelo a

chi ha i dieci talenti.

Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà

nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà

tolto anche quello che ha.

E il servo inutile gettatelo fuori nelle

tenebre; là sarà pianto e stridore di denti"».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Verrà, il Signore, nella pienezza dei tempi.

Tornerà solo quando noi tiepidi discepoli

saremo riusciti a costruire un pezzo di

Regno, senza presunzione, senza chiusure,

senza arroccamenti.

Verrà e regnerà nella pienezza, su di noi

che ora viviamo nella parzialità.

In questo tempo fra ora e allora, possiamo

diventare succursali del Regno, testimoni

del Risorto.

Mettendo a frutto i doni che ci sono stati

donati, mettendo a frutto i nostri talenti.

La parabola di oggi ci svela come il

Vangelo abbia talmente inciso il pensiero

occidentale da modificarne il linguaggio.

Quando una persona è capace, ha delle

risorse, diciamo che ha ‘talento’, senza

sapere che il talento è la famosa moneta

affidata ai servi della parabola.

Abbiamo dei talenti, dunque, e questa è

una bellissima notizia, chi più, chi meno,

ad ognuno è affidato un capitale da far

fruttare, una risorsa da mettere a disposizione.

Tutti, senza eccezioni, possediamo dei

talenti, anche quelle persone che non

riescono ad accorgersene o che-peggio-

passano il tempo ad invidiare i talenti

degli altri nascondendo il proprio sottoterra.

È difficile accorgersi dei propri talenti,

siamo tutti pronti a sottolineare i nostri

difetti, ma facciamo fatica a guardare

con obiettività alle nostre qualità.

Eppure il Signore è categorico,

su questo tema.

È ovvio che possediamo dei talenti,

non ci sono ragioni per dubitarne.

Spesso, tra i cattolici, trovo persone che

confondono l’umiltà con la depressione,

e che giocano a fare i modesti seppellendo,

di fatto, il proprio talento nel terreno.

Il Signore ci chiede di prendere coscienza

delle nostre qualità per metterle a servizio

degli altri, per metterle a servizio del

Regno che avanza.

Mettiamo a frutto i nostri talenti,

individuiamoli e poi doniamoli ai fratelli.

Non si tratta di diventare dei premi

Nobel della medicina, per carità!

Magari riconosco come un dono la

capacità di pazientare, o di ascoltare,

o di perdonare, il mio buonumore, la mia

sincerità, la mia capacità di accorgermi

degli altri, e, con semplicità, ne faccio

dono agli altri.

Ricordate Giovanni il Battista?

Il più grande tra gli uomini (giudizio di

Gesù!) dice di sé, interrogato dai farisei:

“Io sono voce”. Un pò pochino, no?

No; Giovanni ha scoperto di essere “voce”,

voce prestata alla Parola di Dio, voce

messa a sua disposizione. Bellissimo!

La splendida pagina del libro dei Proverbi

ci dipinge il modello di una donna virtuosa

secondo i canoni dell’antichità ebraica.

A noi, oggi, specialmente alle donne

lettrici!, questa descrizione fa sorridere,

e, forse, urta.

Eppure c’è una profonda verità dietro il

ritratto della donna virtuosa dedita al

lavoro; il mondo ebraico, diversamente

da come ci immaginiamo, valorizza il

ruolo della donna e chiede al marito

(duemilatrecento anni fa!) e ai figli

di riconoscerne il talento.

Di più; i talenti da far fruttificare non

consistono solo in eventi strepitosi,

in gesti eclatanti.

Ci sono persone completamente assorbite

dalla propria vita che non hanno la

possibilità o la capacità di mettersi a

servizio dei poveri e dei malati, nel loro

modesto impegno quotidiano, dice la

Scrittura, realizzano il proprio talento.

Possiamo realizzare il Regno senza

compiere nulla di strepitoso, perché,

agli occhi di Dio, vale il cuore,

non il risultato.

Animo amica che hai vissuto tutta

la vita per i figli!

Coraggio amica inchiodata ad un

letto di sofferenza!

Gioisci amico che hai sempre dovuto

accettare gli scarti dalla vita!

Il nostro mondo, falso e ipocrita, ci fa

credere di contare, di potere, di riuscire.

E i giovani spesso si illudono, credendo

che il futuro e il mondo siano loro.

Si sbagliano; il futuro e il mondo sono

di quattro arroganti che non vogliono

cederne neanche un millimetro.

La Parola, allora, ci sprona; metticela

tutta per riuscire a realizzare il tuo sogno,

ma sia che tu ci riesca, sia che tu lo fallisca,

sarai giudicato sull’amore.

E tutti possiamo amare. Tutti.

È significativo il fatto che la pagina del

Vangelo di oggi precede quel gigantesco

affresco che è il giudizio universale,

dove Gesù chiede di essere riconosciuto

nell’affamato, nel povero, nel carcerato.

È un talento enorme quello di riconoscere

Gesù nel volto dei fratelli!

Di più; san Paolo ci invita a vegliare,

a stare desti.

In un mondo narcotizzato e sazio, stanco

e convulso, è già una gran cosa non

omologarsi, ragionare con la propria testa.

E con il Vangelo in mano.

Nell’attesa del ritorno del Signore

corriamo il rischio di stancarci, di tenere

basso il profilo, di attendere senza operare.

Come il servo idiota della parabola,

spesso seppelliamo i nostri talenti o li

mettiamo in contrapposizione gli uni

con gli altri.

Siamo ancora lontani dal valorizzare,

nelle nostre stanche comunità,

i talenti di ognuno.

La logica del mondo chiede di essere

produttivi, aggressivi, decisi, forti, per

spaccare il mondo, per conquistare

mercati e danari.

Nella logica del Regno ciò che conta è

amare e ciascuno, anche la persona

anziana, anche il fratello inabile, diventa

una risorsa estrema nel mercato del cuore

inaugurato dal Maestro, là dove sono

beati i poveri e i sofferenti.

Gesù non sopporta un atteggiamento

rinunciatario e lamentoso da parte delle

nostre comunità, ma ci invita ad essere

operosi e fecondi, non nella logica del

mondo (non siamo una holding del sacro!)

ma nella direzione della condivisione

evangelica e della Profezia.

È possibile, amici; le nostre Parrocchie,

smarrite nelle profondità della provincia

o anonime tra anonimi caseggiati delle

nostre periferie, sono chiamate a diventare

volto povero della presenza di Dio.

Povero perché fatto da noi, perché

composto da fragili discepoli, ma piene

di speranza perché orientate alla venuta

dello sposo, Buona Domenica Fausto.