Della 33° settimana del Tempo Ordinario.
San Niccolò I,
Papa.
Prima Lettura
Sorgerà per voi il
sole di giustizia.
Dal libro del profeta
Malachìa (3,19-20a)
Ecco: sta per venire
il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi
e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come
paglia; quel giorno,
venendo, li brucerà-dice il Signore degli eserciti-fino a
non lasciar loro né
radice né germoglio.
Per voi, che avete
timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il
sole di giustizia.
Parola di Dio.
Seconda Lettura
Chi non vuole
lavorare, neppure mangi.
Dalla seconda lettera
di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (3,7-2)
Fratelli, sapete in
che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo
rimasti oziosi in
mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di
alcuno, ma abbiamo
lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di
peso ad alcuno di voi.
Non che non ne
avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare.
E infatti quando
eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa
regola: chi non vuole
lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che
alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare
nulla e sempre in
agitazione.
A questi tali,
esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi
il pane lavorando con
tranquillità.
Parola di Dio.
Vangelo
Con la vostra
perseveranza salverete la vostra vita.
Dal Vangelo secondo
Luca (21,5-19) anno C.
In quel tempo, mentre
alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre
e di doni votivi, Gesù
disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete,
non sarà lasciata
pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono:
«Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale
sarà il segno, quando
esse staranno per accadere?».
Rispose: «Badate di
non lasciarvi ingannare.
Molti infatti verranno
nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”.
Non andate dietro a
loro!
Quando sentirete di
guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima
devono avvenire queste
cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si
solleverà nazione contro nazione e regno contro regno,
e vi saranno in
diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche
fatti terrificanti e
segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto
questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno,
consegnandovi alle
sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e
governatori, a causa
del mio nome.
Avrete allora
occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in
mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò
parola e sapienza,
cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere
né controbattere.
Sarete traditi perfino
dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici,
e uccideranno alcuni
di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome.
Ma nemmeno un capello
del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra
perseveranza salverete la vostra vita».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Meglio lasciar perdere, siamo onesti.
Leggere o ascoltare le notizie di cronaca o di politica induce alla
depressione.
La rissosità e il vuoto interiore sono assurti a stile di vita.
La crisi è reale, subdola, inchioda le famiglie alle proprie
fatiche, impedisce
di immaginare un futuro.
Ma quello che più scoraggia è la generale disillusione, la cattiveria
dilagante,
l’aria che tira.
Come da fine impero, come a Pompei prima dell’eruzione, come nel più
cupo medioevo.
Tecnologico e buio.
Sapremo di andare a fondo leggendo la notizia su un tablet, bel progresso.
Dalle risse politiche ai femminicidi, dai giochi d’azzardo che svuotano le
tasche
degli italiani regalando un’amara illusione alle cupe previsioni
economiche,
dalla guerra “commerciale” in atto, alle problematiche energetiche
create ad
arte (ancora prima della guerra) per destabilizzare l’umanità, per
la prima
volta sperimentiamo sul serio (e non, come spesso accade in Italia,
per
abitudine scaramantica alla lamentela) la fatica ad andare
avanti.
Come nel dopoguerra, siamo alla stessa stregua.
In questi tempi cupi un pò ci si affida alla fede, molto di più ai cartomanti
e ai santoni, vivi o imbalsamati.
E, ovviamente, qualche veggente cattolico ci assicura che siamo negli ultimi
tempi.
Ma dai! Che scoperta!
Dalla resurrezione in avanti siamo alla fine dei tempi.
State a sentire Luca, allora.
In questa penultima domenica dell’anno liturgico Luca parla alla
sua e alla
nostra comunità degli ultimi tempi.
Quelli che sono già iniziati.
Non parla della fine ma del fine.
Non della clamorosa implosione del mondo ma del senso della
storia.
A capirla e saperla leggere.
Sta evangelizzando una comunità perseguitata, impressionata dalla distruzione
di Gerusalemme e del tempio, impaurita dall’ondata di odio
scatenata da Nerone.
Siamo perduti?, si chiedono i suoi parrocchiani, È la fine?
Non ve lo chiedete mai? Io sì.
E se Dio si fosse sbagliato?
E se la vita fosse davvero un garbuglio inestricabile di luce e di
tenebre che
mastica e tritura ogni emozione e ogni sogno?
E se Dio-tenero!-avesse esagerato con l’idea della libertà degli
uomini
e del fatto che l’uomo può farcela da solo?
Me lo chiedo quando sento le famiglie che non sanno più cosa fare,
che pensano che, forse, hanno vinto i malvagi.
Me lo chiedo quando vedo un giovane papà andare all’estero a cercare
lavoro, con una laurea in tasca e un ex-lavoro da dirigente.
Me lo chiedo quando vedo persone sane, trasparenti, volenterose venire offese,
turlupinate, ingannate e restano seduti nella sala d’aspetto delle
opportunità
(sociali, lavorative, economiche) vedendosi passare davanti
persone
ignoranti e arroganti.
È la fine? Dobbiamo arrenderci?
No, dice Gesù, state sereni.
Non sono questi i segni della fine, come qualche predicatore radiofonico
insiste nel dire.
Non sono questi i segnali di un mondo che precipita nel caos.
E, sorridendo, il Maestro ci dice; cambia il tuo sguardo.
Cambia te stesso. Cambia il mondo.
Guarda alle cose positive, al tanto amore che l’umanità, nonostante tutto,
riesce a produrre, allo stupore che suscita il Creato e che tutto
ridimensiona,
al Regno che avanza nei cuori, timido, discreto, pacifico,
disarmato.
Guardiamo a noi stessi, amici, a quanto il Signore è riuscito a
compiere
in tutti gli anni della nostra vita, nonostante tutto.
A tutto l’amore che abbiamo donato e ricevuto, nonostante tutto.
Guardiamoa a noi e all’opera splendida di Dio, alla sua manifestazione
solare, al bene e al bello che ha creato in noi.
Guardiamo e non scoraggiamoci.
Di più; la fatica può essere l’occasione di crescere, di credere.
La fede si affina nella prova, diventa più trasparente, il nostro
sguardo si rende
più trasparente, diventiamo testimoni di Dio quando ci giudicano,
diventiamo
santi davvero (non quelli zuccherosi della nostra malata
devozione!) e non ce
ne accorgiamo, ci scopriamo credenti.
Se il mondo ci critica e ci giudica, se ci attacca, non mettiamoci sulle
difensive,
non ragioniamo con la logica di questo mondo; affidiamoci allo
Spirito.
Quando il mondo parla troppo della Chiesa, la Chiesa deve parlare
maggiormente di Cristo!
Lo dico ufficialmente e pubblicamente; a me questa cosa non piace
affatto.
Preferisco crogiolarmi nelle mie vere o presunte disgrazie, preferisco
lamentarmi di tutto e di tutti, vivere nella rabbia cronica.
Preferisco cento volte lamentarmi del mondo brutto sporco e cattivo ed
eventualmente costruirmi una piccola setta cattolica molto
devota in cui ci
troviamo bene (Almeno all’inizio poi, è statistico, facciamo come
il mondo cattivo!).
Preferisco fare a modo mio, accipicchia!
Mi affatica l’idea di dover cambiare me stesso.
E il mio sguardo. E il mio cuore.
Ma se proprio devo fare
come vuoi tu, Signore, allora libera il mio cuore dal
peso del peccato, dall’incoerenza profonda, dalla tendenza
all’autolesionismo
che mi contraddistingue e rendimi libero, in attesa del tuo Regno.
Liberi, amici, dobbiamo essere per incontrare Cristo, santa Domenica
Fausto.