sabato 25 giugno 2022

Il Vangelo di Domenica 26 Giugno 2022

 

Della 13° Domenica del Tempo Ordinario.

San Vigilio, vescovo e martire.

Prima lettura.

Eliseo si alzò e seguì Elìa.

Dal primo libro dei Re (19,16b.19-21).

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: "Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di

Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto".

Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat.

Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava

il dodicesimo.

Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.

Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: "Andrò a baciare mio

padre e mia madre, poi ti seguirò".

Elìa disse: "Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te".

Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del

giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse.

Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

Parola di Dio.

Seconda lettura.

Siete stati chiamati alla libertà.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati (5,1.13-18).

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi

imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà.

Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante

l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri.

Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: "Amerai il tuo

prossimo come te stesso".

Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi

del tutto gli uni gli altri!

Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a

soddisfare il desiderio della carne.

La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri

contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non

fate quello che vorreste.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

Parola di Dio.

Vangelo.

Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.

Ti seguirò ovunque tu vada.

Dal Vangelo secondo Luca (9,51-62) anno C.

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto,

Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme

e mandò messaggeri davanti a sé.

Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per

preparargli l'ingresso.

Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino

verso Gerusalemme.

Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi

che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?".

Si voltò e li rimproverò.

E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada".

E Gesù gli rispose: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro

nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo".

A un altro disse: "Seguimi".

E costui rispose: "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre".

Gli replicò: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va'

e annuncia il regno di Dio".

Un altro disse: "Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi

da quelli di casa mia".

Ma Gesù gli rispose: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge

indietro, è adatto per il regno di Dio".

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

È l’opinione di moltissimi; Papa Francesco è entrato nel cuore di tanti, anche

di persone scettiche e lontane della Chiesa.

In realtà tutti quelli che vanno oltre l’apparenza sanno bene che Francesco dice

ciò che diceva Benedetto e Giovanni Paolo.

Il Vangelo è lo stesso. Ovvio.

Ma ciò che forse mancava era un discepolo che avesse il dono di tornare all’essenziale.

Di essere credibile. Di essere suo.

Di lasciare le cose seconde e terze al secondo e terzo posto.

Ci ha pensato lo Spirito.

Il Vangelo oggi parla del discepolato.

E, fidatevi, non è proprio un’allegra lettura estiva da spiaggia.

Diventare discepoli del Dio di Gesù è un impegno che dura tutta la vita, che

richiede molta energia e molta verità con noi stessi.

La posta in gioco è alta; il senso stesso della vita, scoprire la ragione del nostro

esistere e il disegno nascosto dietro gli eventi della Storia.

Gesù non è un rabbì bramoso di discepoli, né abbassa il tiro per raccogliere la

folla, né cede a compromessi per suscitare consensi; diversamente dai guru di

ieri e di oggi non desidera essere famoso, né di avere attorno a sé folle plaudenti.

Egli vuole solo annunciare il Regno, mostrare lo splendido e inatteso volto del Padre.

Anche quando questo costa fatica e sangue.

Contrariamente a quanto avveniva con i rabbini del suo tempo, Gesù non si fa

scegliere, ma sceglie i discepoli e pone loro condizioni tutt’altro che scontate!

Le condizioni per diventare discepoli di Gesù sono motivate dal livello della sfida;

Egli vuole discepoli disposti a mettersi in gioco totalmente, non soltanto nel

momento mistico della vita.

La pagina di oggi è introdotta dal fatto che Gesù risolutamente s’incammina verso

Gerusalemme, luogo dove l’annuncio del Vangelo verrà messo alla prova.

Gesù indurisce il volto, assume pienamente la sfida; si incammina senza indugio

verso la città che uccide i profeti, che massacra ogni opinione, che annienta

ogni novità creduta pericolosa.

Gesù è disposto a morire per raccontare il vero volto di Dio.

Dai suoi discepoli pretende la stessa convinzione.

Una convinzione che non può mai diventare violenza, anche solo verbale,

anche per una buona causa.

La sconfortante figuraccia di Giovanni il mistico ammonisce i fratelli che,

nel percorso di fede, hanno avuto la gioia di sperimentare la dolcezza della

preghiera e della meditazione, del silenzio e della contemplazione,

raggiungendo vette spirituali non abituali.

L’avere ricevuto enormi grazie non ci mette al riparo da clamorosi errori,

tanto peggiori quanto motivati da presunte rivelazioni interiori.

Il discepolo è un amante della pace, un pacifista pacificato, uno che sa che la

scelta del Vangelo è-appunto-una scelta, uno che sa valutare il fallimento del

proprio annuncio nella paziente logica del Vangelo.

Non basta una bella esperienza di fede per avere un cuore convertito, né un’intensa

vita di preghiera per non cadere nel rischio del fanatismo e dell’intolleranza.

Quante volte misuriamo la nostra pastorale dai risultati, convinti-in teoria-che ciò

che a noi è chiesto è solo di seminare, depressi-in realtà-se non ne raccogliamo i frutti.

Animo, sacerdoti, se il vostro sforzo non è apprezzato e capito.

Coraggio, educatori e catechisti, se il vostro servizio umile e fedele non è valorizzato.

La logica del Regno ci fa credere che Dio solo suscita la fede.

Il discepolo dimora nella pace, perché sa che è il Maestro che annuncia

e conosce, e noi a corrergli dietro!

Il discepolo che segue colui che non ha dove posare il capo, non cerca Dio

per placare la propria insicurezza.

Tanti, troppi cristiani, hanno un rapporto con Dio intimista e rassicurante,

si rivolgono a Dio per avere certezze, fanno della propria fede una cuccia,

un nido, sono spaventati dal “mondo”, che vedono sempre come un luogo

pieno di pericoli, non escono dalla propria parrocchia, dal proprio movimento,

perché intimoriti da una logica anti-evangelica che non riescono ad accogliere

con serenità e criticità.

Il Maestro Gesù, invece, non ha dove posare il capo, non ha un comodo

nido in cui nascondere i propri discepoli.

Il discepolo che segue il Signore della vita, colui che è più di ogni affetto, più

di ogni relazione, più di ogni emozione, chiede di ridimensionare anche i

rapporti famigliari, di appartenenza al clan, nella logica del Vangelo, sapendo

che anche l’amore più assoluto, più intenso è sempre e solo penultimo rispetto

alla totalità assoluta di Dio.

Perciò il discepolo di Gesù abbandona i sentimenti mortiferi, le relazioni

all’apparenza splendide ma che, a volte, nascondono ambiguità e schiavitù.

Il discepolo vive l’amore, ogni amore, i rapporti, ogni rapporto, come un

riflesso adulto e maturo dell’amore che Dio riversa nel proprio cuore, sapendo

che anche i rapporti famigliari rischiano di diventare mortiferi, se cadono nella

trappola del ruolo senza nutrirsi dell’autenticità e del rispetto.

Non basta avere generato un bambino per essere padre, non basta allattare un

neonato per essere madre; (stiamo vedendo intorno a noi cosa sta succedendo

nelle famiglie, lo strazio e lo sfascio totale).

Gesù sa che i rapporti di discepolato, talora, sono più intensi e veri degli

stanchi rapporti famigliari.

E ci invita a lasciare i morti seppellire i morti e a giocare la nostra vita nella

totalità del dono di sé.

Il discepolo che segue Gesù, sempre proteso al futuro, non resta inchiodato

al proprio passato, non resta tassellato alle proprie abitudini, non si nasconde

dietro il “si è sempre fatto così”, guarda avanti, punta la fine del campo, è più

attento a tenere in profondità l’aratro che a verificare ciò che ha fatto,

voltandosi indietro.

Troppe volte le nostre comunità sono più preoccupate a conservare, che

a far vivere il Vangelo.

Troppe volte la logica di sottostare alle nostre scelte di Chiesa è quella della

tutela di un privilegio, del mantenimento disperato di uno status quo che,

però, ci allontana dal Maestro.

Inquietante, vero?

Gesù non ci dice queste cose per scoraggiarci, tutt’altro.

Vuole verità, autenticità, persone disposte a mettersi a nudo di fronte

all’assoluto di Dio.

È così esigente perché vuole uomini e donne autentici, non animali impauriti

da sacrestia o evangelizzatori fanatici.

Uomini e donne riempiti dalla gioia della ricerca, dal fascino del Rabbì,

che mettono le proprie energie a servizio del Regno.

Lo seguiremo?

Spero proprio di si, amici, io l’ho fatto e ne sono contento, Santa Domenica Fausto.