sabato 10 dicembre 2022

Il Vangelo di Domenica 11 Dicembre 2022

 

Della 3° Domenica di Avvento.

Beata Maria Vergine di Guadalupe, apparizione.

Prima Lettura

Ecco il vostro Dio, egli viene a salvarvi.

Dal libro del profeta Isaìa (35,1-6a.8a.10)

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa.

Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo.

Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron.

Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio.

Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti.

Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete!

Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina.

Egli viene a salvarvi».

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli

orecchi dei sordi.

Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la

lingua del muto.

Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa.

Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in

Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo;

gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 145 (146)

 

Rispondiamo. Vieni, Signore, a salvarci.

 

Il Signore rimane fedele per sempre

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri. R.

 

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri. R.

 

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R.

 

Seconda Lettura

Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.

Dalla lettera di san Giacomo apostolo (5,7-10)

Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore.

Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto

della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge.

Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la

venuta del Signore è vicina.

Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere

giudicati; ecco, il giudice è alle porte.

Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza

i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

Parola di Dio.

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha mandato a

portare ai poveri il lieto annuncio. (Is 61,1 (cit. in Lc 4,18)

Alleluia.

 

Vangelo

Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?

Dal Vangelo secondo Matteo (11,2-11) anno A.

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito

parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli

mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo

aspettare un altro?».

Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che

udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi

camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono,

i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo.

E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di

Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto?

Una canna sbattuta dal vento?

Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito

con abiti di lusso?

Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!

Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta?

Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta.

Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io

mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via".

In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno

più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel

regno dei cieli è più grande di lui».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Sei Tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?

Se ci fosse una classifica delle domande più impertinenti

del Vangelo, questa vincerebbe un premio.

Giovanni il battezzatore è scosso.

Scosso dal suo destino.

È gettato nel buio di una cella, nei fianchi della collina

che sorregge l’arrogante palazzo estivo di Erode, a picco

sulla valle del Giordano.

È scosso perché le grazie acerbe di una spregiudicata

adolescente hanno piegato la volontà di un pauroso re

incapace di gestire i propri ormoni.

È scosso soprattutto per le notizie che gli giungono da lontano.

Dalla predicazione del Nazareno.

Nessuna ascia. Nessun albero tagliato. Nessuna rivoluzione.

Nessuna folla esaltata. Niente.

Giovanni è scosso. E se si fosse sbagliato?

E quanta compassione suscita il dubbio di un profeta.

Di quel profeta.

Eppure il più grande fra gli uomini è scosso dal dubbio.

Quello bastardo, folle, inatteso.

Come quando hai passato la vita a fare il bravo cristiano

e ti chiedi se è stata davvero una tua scelta libera.

Come quando ti chiedi se il coniuge che hai accanto e che

ti ha dato dei figli è la persona giusta.

Come quando vedi le cose in cui credi essere messe

in discussione.

Come quando vedi i tuoi compagni di fede, lamentarsi

gli uni degli altri e accusarsi, come scrive, caustico,

Giacomo apostolo.

Se il più grande dei profeti ha avuto un dubbio così

devastante, perché non io?

Sei Tu?

Sei Tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?

Questa storia che si incarta sempre negli stessi errori

si può salvare?

Questo uomo che cresce in ogni conoscenza ma non

nella saggezza, si può redimere?

E di più e peggio; questo Dio che si è svelato, alla fine,

ha cambiato qualcosa?

Cosa stiamo per celebrare fra qualche settimana?

Una innocua e insopportabile fiera della bontà?

Quanti dubbi su dubbi, amici.

Dubbi che vedo diffondersi in questa lunga notte

dell’uomo, in questa ipertrofia dell’anima.

Dubbi che mi vengono confidati da tante persone che

mi scrivono, di persone belle, di chi ci ha creduto,

di chi si è giocato fino in fondo.

Lo ha avuto Giovanni questo coraggio e lo abbiamo anche noi.

E se ci fossimo sbagliati?

Gesù non dà una risposta ai discepoli del Battista.

E nemmeno a noi.

Ci lascia nel dubbio.

Ci obbliga a fare un salto. A vedere oltre.

E riprende la profezia di Isaia che abbiamo appena letto.

I ciechi vedono. I sordi odono.

I muti parlano. I morti risorgono.

Sì, è vero.

Ma quanti ciechi e sordi e muti e morti sono rimasti tali.

Nulla di eclatante, briciole, segni sfumati.

È lo sguardo che cambia.

Gesù non rassicura Giovanni. Non rassicura noi.

Ci dice di spalancare lo sguardo.

Dice a Giovanni e a noi; guardati intorno,

guardiamoci intorno amici.

Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della

presenza di Dio; quanti amici hanno incontrato Dio,

gente disperata che ha convertito il proprio cuore,

persone sfregiate dal dolore che hanno imparato

a perdonare, fratelli accecati

dall’invidia o dalla cupidigia che hanno messo le ali

e ora sono diventati gioia e bene e amore quotidiano,

crocefisso, donato.

Guarda, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa

della venuta del Messia.

Anch’io li ho visti, quei segni.

Anch’io ho visto la forza dirompente del Vangelo,

ho visto persone cambiare, guarire, scoprire.

Anch’io ho visto nelle pieghe del nostro mondo corrotto

e inquieto gesti di totale gratuità, vite consumate nel

dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni

di solitudine ed egoismo.

Ho visto e vedo i tanti segni del Regno.

Cosa siete andati a vedere?

E Gesù rilancia.

Cosa siete andati a vedere?

Non dice a sentire.

Perché Giovanni e la sua vita sono il suo annuncio

e la sua profezia.

Perché le parole non bastano, non servono, a volte

sono in contraddizione con quanto diciamo.

Giovanni no; è un profeta asciutto e rude, consumato

dal vento e dal fuoco di Dio.

E questo fuoco si vede da lontano.

Di questo, forse, dovremmo preoccuparci.

Diventare noi quella profezia.

Davanti ai tanti che si chiedono se dobbiamo aspettarne

un altro, Gesù indica a Giovanni i tanti segni della

presenza di Dio e ai suoi discepoli Giovanni, profezia vivente.

Poco meno di quindici giorni al Natale, per guardare

oltre, altrove, riconoscere i segni, magari diventare

segno di speranza per i tanti (troppi, sempre di più)

che a Natale si sentono soli come cani.

E lo sono davvero.

Perciò amici, guardiamo oltre e vedremo cose grandiose,

buona Domenica Fausto.

Cerchiamo di capire meglio la venuta del Salvatore Gesù.

 

Dio decide di diventare uomo, sia.

Difficile da credere, ma ci sta.

D’altronde, a essere onesti con noi stessi, siamo una bella

sintesi di contraddizione, noi uomini; da una parte

sperimentiamo continuamente i nostri limiti (fisici,

di conoscenza, di uso malsano della nostra liberà);

dall’altra, nel profondo, emerge in noi, continuamente,

un desiderio di infinito insopprimibile.

Solo che fatichiamo proprio a capire come far venire fuori

tutta la luce che sentiamo spingere nel cuore.

Anzi; di questi tempi molti lucrano su questa confusione.

E vendono soluzioni.

Forse Dio si è impietosito della nostra confusione.

Forse si è reso conto di avere esagerato nel darci tutta

questa libertà.

Forse anche Lui è rimasto spiazzato dalla seduzione che

in noi esercita la tenebra e che, continuamente, rischia

di spegnere la fiammella che ci abita.

Forse si è rammaricato nel vedere quante maschere gli uomini,

lungo i secoli, gli hanno messo sul volto, distorcendolo.

Allora ha deciso di intervenire, di farsi incontrare,

di chiarirsi e di spiegarsi.

Per amore, solo per amore.

Come un padre che lascia libero il figlio di imparare

a camminare ma che interviene solo se lo vede cadere.

Come una madre che gioisce nel vedere il proprio figlio

diventare adulto, ma che è sempre pronta a dare una mano,

un consiglio, un pò di ascolto.

Così Dio ha deciso di rivelarsi, di venire.

Mettiamoci nei panni di Dio (lo facciamo così spesso!);

avete a disposizione l’Universo e la Storia per rivelarvi

definitivamente all’umanità.

E scegliete un paese occupato e marginale, la Palestina, in

un tempo in cui non esistevano i satelliti per comunicare.

E di questo paese non sceglie la capitale Gerusalemme,

scossa da un fremito di orgoglio per il rifacimento del

Tempio, ma un paese talmente piccolo e insignificante

da non essere mai citato nella Bibbia: Nazareth.

E, in questo paese, non scegliete di rivelarvi a un uomo

autorevole e stimato, ma a una donna.

Là dove le donne non hanno nemmeno diritto di parlare

in pubblico, né di esprimere opinioni, stiamo vedendo

cosa sta succedendo in Irak.

E non scegliete una donna matura, ma una ragazza di

tredici anni, Maria.

Nazareth rivela la logica di Dio; così distante dalla

nostra logica.

E ci racconta la leggerezza di Dio.

Noi passiamo tutta la vita a cercare di andarcene da Nazareth.

Vorremmo uscire dall’anonimato (giustamente),

vorremmo fuggire i luoghi dimenticati, finalmente

apparire, essere riconosciuti.

Se dovessimo scegliere un luogo in cui abitare, certamente

non sceglieremmo Nazareth di Gesù.

Dio, invece, punta proprio lì.

E lì vivrà per trent’anni, piallando assi e assemblando mobili.

Nazareth smentisce l’idolatria moderna del successo a ogni

prezzo, della visibilità, costi quel che costi.

Privilegio riservato a pochissimi, sempre meno, che nascono

nel posto giusto, al momento giusto, nella famiglia giusta.

Che entrano nei giri che contano, che possono manifestare le

proprie indubbie capacità; salvo poi scottarsi le mani e non solo.

San Luca non ci dice se Maria avesse delle particolari qualità.

Dal dialogo con l’angelo (andate a rileggerlo), si deduce che

avesse un bel piglio, una sana concretezza, capace di ragionare

alla pari con il principe degli arcangeli.

Ma non era una donna in carriera.

Né aveva studiato.

Né aveva aspettative mirabolanti.

La sua era una vita piccola, insignificante, agli occhi del mondo.

Una vita onesta, un buon marito, il tenero Giuseppe,

e qualche figlio, se Dio lo avesse voluto.

E un desiderio infinito di amore.

Desiderio che ha sedotto Dio, ma che ha complicato la

vita a Giuseppe.

Anche la più semplice delle storie, la più insignificante

delle vite, la più marginale delle prospettive, possono

realizzare il disegno di Dio che non ha bisogno di persone

straordinarie, ma di persone che sappiano cogliere

e accogliere lo straordinario che le raggiunge.

È Dio che viene.

Senza merito, senza esami da superare, senza graduatorie,

senza condizioni.

E sceglie il più piccolo e insignificante fra i paesi.

E la più piccola e umile fra le donne.

Perché nessuno, mai, da allora in avanti, si sentisse fallito,

si scoprisse perduto, si immaginasse inutile.

No, nessuna vita è perduta, mai, davanti allo sguardo di Dio.

Questo dice il Natale.

Se tutto è iniziato da Nazareth, amici, è perché ciascuno,

nonostante i suoi fallimenti e le sue tristezze, potesse

sentirsi a proprio agio.

Dal fondo è iniziata la salvezza.

Da Nazareth in su.

Ecco, amici, la nostra storia, semplice e lineare, di sane

aspettative come quella di incontrare il Bambino Gesù.

Domani è la terza Domenica di Avvento, mancano 15 giorni

al Natale, prepariamoci in questo giorni ad incontrarlo

ripercorrendo la sua e la nostra storia.