sabato 28 dicembre 2019

Il Vangelo di Domenica 29 Dicembre 2019


Ottava di Natale.
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
1° Lettura dal libro del Siràcide (3,3-7.14-17a)
Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto
della madre sulla prole.
Chi onora il padre espìa i peccati e li eviterà e la sua preghiera quotidiana
sarà esaudita.
Chi onora sua madre è come chi accumula tesori.
Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della
sua preghiera.
Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione
alla madre.
Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita.
Sii indulgente, anche se perde il senno, e non disprezzarlo, mentre tu sei nel
pieno vigore.
L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati,
rinnoverà la tua casa.
Parola di Dio.
2° Lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi (3,12-21)
Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di
bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda
e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei
riguardi di un altro.
Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.
Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto.
E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati
in un solo corpo.
E rendete grazie!
La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti
ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori.
E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del
Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.
Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore.
Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza.
Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore.
Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (2,13-15.19-23) anno A.
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno
a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi
in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il
bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto,
dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato
detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto
e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele;
sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».
Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele.
Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo
padre Erode, ebbe paura di andarvi.
Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare
in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per
mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Festa della famiglia, recita la liturgia.
Festa della mia famiglia, aggiungo io.
Della famiglia concreta, oggettiva, reale da cui provengo o che ho formato
o che desidero formare.
E, di questi tempi, stride e fa riflettere questa festa, una quasi provocazione
che vola alto sopra le nostre beghe politiche e sociali, che infonde vigore ed
energia alla nostra quotidianità, che ridà spessore al nostro Natale.
Che ci piaccia o no la famiglia è e resta il cuore del nostro percorso di vita,
della nostra educazione, spesso è all’origine di molta sofferenza, di qualche
delusione e, grazie al cielo, di immensa gioia.
Fa sorridere che Dio abbia voluto sperimentare l’esperienza famigliare.
Fa riflettere che, per farlo, abbia scelto una famiglia così sfortunata e complicata.
Stupisce che la Chiesa si ostini a proporre questa famiglia come modello, dove
la coppia vive nell’astinenza, il figlio è la presenza del Verbo di Dio, e i coniugi
si ritrovano a scappare a causa della improvvida notorietà del neonato.
Ma non è nella diversità che vogliamo seguire Maria e Giuseppe, ma nella loro
concretezza di coppia, che vede la propria vita ribaltata dall’azione di Dio e dal
delirio degli uomini, nella loro capacità di mettersi da parte, sul serio, senza ricatti,
senza patemi, per inserirsi in un progetto più grande, quello che Dio ha sul mondo.
Tutti abbiamo dei sogni, dei desideri, alcuni istintivi, infantili, altri profondi e adulti.
Maria e Giuseppe, per conto loro, avevano il progetto di stare insieme, di mettere
su famiglia; un buon lavoro onesto da artigiano per il falegname, una vita dedita
all’organizzazione quotidiana per la bella Maria.
Poi Dio ha avuto bisogno di loro, e la loro vita si è capovolta.
Durante la notte di Natale siamo stati travolti dal clima di tenerezza e di
consolazione che si respirava.
È bello e giusto che sia così, bello immaginare gli angeli con l’arpa e i pastori in
ginocchio davanti alla mangiatoia.
Ma l’indomani mattina degli angeli non c’era più nessuna traccia.
Quest’anno, il giorno di Natale, rientrando dalla messa della notte, un pò intontito
dal sonno, riflettevo su come si era svegliato quella mattina Giuseppe.
Me lo vedevo, stropicciato dalla notte, cercare di accendere il fuoco e poi chiedere
del latte di capra al vicino, e mentalmente organizzare il rientro a casa senza
danni per il bambino.
Me lo vedevo, quel ragazzo concreto, diventato grande di colpo, cercare di far
fronte alle tante piccole necessità di un neonato e di una puerpera.
Sorridevo, ripercorrendo il difficile percorso della famiglia di Nazareth costretta
a scappare in Egitto.
Chissà quante volte Giuseppe si sarà chiesto cosa stava succedendo!
Non era forse quello il figlio di Dio?
Ma dov’era Dio in tutto quello che stava succedendo?
La prima riflessione in questa festa deriva proprio dal tran-tran quotidiano
che Maria e Giuseppe vivono.
Siamo-ahimè-abituati a considerare il tempo diviso in feriale e festivo.
Altro è lo scorrere ripetitivo e noioso dei giorni, altro è l’evento cui ci prepariamo
con gioia intensa; altra la fatica del lavoro altra l’ebbrezza delle ferie estive.
Così nella fede; la Domenica, se riusciamo, ritagliamo cinquanta minuti di
Messa e poi, in settimana, siamo travolti dagli impegni.
Nazareth ci insegna che Dio viene ad abitare in casa, che nella quotidianità e
nella ripetitività dei gesti possiamo realizzare il Regno, fare un’esperienza
mistica, crescere nella conoscenza di Dio.
Possiamo (sul serio!) elaborare una teologia del pannolino, un trattato mistico
dei compiti dei figli, un percorso spirituale della rateizzazione del mutuo.
La straordinaria novità del cristianesimo è-appunto-la sua assoluta ordinarietà.
Coppie che avete un figlio primogenito; la vostra fatica e le notti insonni,
il rapporto faticoso tra voi a causa della stanchezza e le preoccupazioni,
sono le stesse di Maria e Giuseppe.
Amici che vivete problemi al lavoro; anche Giuseppe ha passato notti agitate
prima di chiedere un mutuo, per poter allargare la bottega da falegname.
Donne che avete consacrato la vostra vita ai figli; anche Maria ha avuto un
velo di tristezza negli occhi quando ha visto il suo primo capello bianco.
Dio ha deciso di abitare la banalità, di colmare lo scorrere dei giorni.
Maria e Giuseppe vedono il Mistero di Dio che gattona e cerca di fare i primi
passi barcollando, che passa le notti piangendo per la nascita di un dentino.
Mi sono chiesto cento volte quanta fede hanno dovuto avere questi genitori
per dirsi che quel bambino, identico a tutti i bambini, era davvero il Figlio di Dio.
Giuseppe spesso guardava, alla fine della giornata, la sua verginale sposa,
imbarazzato per l’immensità della sua fede, sentendosi un poco inadatto a tanta
meravigliosa tenacia.
Maria, quando portava il caffè a metà mattinata a Giuseppe con i capelli ricci
pieni di trucioli, benediceva in cuor suo il Signore per avergli dato un
compagno così semplice e vero.
La Santa Famiglia ci invita a guardare gli altri membri della famiglia con
uno sguardo di fede e di luce, scovando il Mistero nascosto nelle persone che
pensiamo statiche e immutabili.
Non so dire molto altro della famiglia.
Ma so dire qualcosa di più sull’amore.
In questi lunghi anni ho incontrato tante persone che mi hanno confidato
le loro pene, le loro sofferenze, le loro pene e le loro paure.
E quest’anno ho voluto inserire tutte le loro confidenze, commentandole in
una Via Crucis, è stato fantastico.
Sono assolutamente certo della verità del Vangelo riguardo al profondo
desiderio, che ogni essere umano porta con sé, di essere amato e di amare.
Ma quanto è difficile realizzare questo amore!
Tutti vorremmo l’amore per la vita e poter amare con intensità e forza.
Ma ci scontriamo con i nostri e gli altrui limiti, con le vicissitudini della vita,
come Maria e Giuseppe.
Ho incontrato coppie che vivono con intensità “dando un 10 alla loro storia”.
Ma mi sono accorto che sono molte di più le coppie che non realizzano il
massimo, dando al loro rapporto molto meno di “dieci”.
E ho incontrato persone che vivono il loro amore ampiamente al di sotto della
sufficienza, persone sole che si dichiarano “non classificate”.
Desideriamo talmente amare da accettare situazioni strane, incomplete, che
portano in sé una forte componente di dolore.
La buona notizia, amici, è che Dio lo sa, e ci ama.
A molti solo l’amore di Dio non basta o desiderano vederlo espresso nel volto
di un compagno o di un figlio.
La buona notizia è che, con il Natale, con l’incarnazione, anche Dio ora
conosce il desiderio umanissimo di amare e di essere amato.
Se anche il Signore ha voluto far parte di una famiglia, deve essere veramente
bello avere una famiglia, Santa Domenica della Famiglia amici, Fausto.