sabato 15 dicembre 2018

Il Vangelo di Domenica 16 Dicembre 2018


Della 3° Domenica di Avvento.
1° Lettura dal libro del profeta Sofonìa (3,14-17)
2° Lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (4,4-7)
Dal Vangelo secondo Luca (3,10-18) anno C.
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa
dobbiamo fare?».
Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha
da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro,
che cosa dobbiamo fare?».
Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?».
Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi
delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano
in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io
vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono
degno di slegare i lacci dei sandali.
Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo
granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Affinché il giorno di Natale non ci piombi addosso come una disgrazia,
siamo chiamati ad alzare lo sguardo, a non permettere che il nostro cuore
si appesantisca a causa delle troppe preoccupazioni, delle dissipazioni,
delle ubriachezze.
Dio, stanco di essere male interpretato, scende a raccontarsi e lo fa, al solito,
con un percorso nuovo, inatteso, lontano dai nostri schemi mentali.
Non sceglie la disponibilità della moglie dell’Imperatore, ma l’ingenua e
solida accoglienza di un’adolescente di Nazareth; la sua Parola non scende
sui potenti dell’epoca, ma su Giovanni il Battezzatore che ci invita a
preparare il Natale.
Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce, siamo qui a spalancare il cuore
affinché Egli trovi accoglienza, a liberare il nostro pensiero contorto, a colmare
i crateri delle nostre ferite, ad abbassare il delirio di onnipotenza che ci impedisce
di incontrare Dio perché Egli, non sta in alto, ma si abbassa.
Come?
La gente che da Gerusalemme è scesa nei pressi di Gerico per vedere Giovanni
il Battezzatore, profeta ardente di passione, resta turbata, scossa.
E se avesse ragione lui?
Se, sul serio, la vita non fosse quel caos inestricabile che ci dona più fatica che gioia?
Qualcuno, timidamente si avvicina al profeta e chiede: “Che cosa dobbiamo fare?”.
“Che cosa dobbiamo fare?” è anche la domanda che sorge nel nostro cuore
quando ci guardiamo dentro, quando lasciamo che il silenzio evidenzi, smascheri
la nostra sete di felicità e di bene, quando una tragedia ci ridesta alla durezza e
alla verità della vita, quando vogliamo prepararci ad un Natale che non resti
solleticamento emotivo ma diventi conversione, luce e pace.
“Che cosa dobbiamo fare?” e il mondo ci risponde: “Sistemati, lavora, guadagna,
riposati, curati, regalati emozioni, lasciati andare, sballa”.
Conosco molte persone, non voi, gli altri, che sono convinte che basterebbe essere
più alti, più snelli, più ricchi, avere accanto persone diverse, per essere felici.
Ma queste cose saranno davvero capaci di riempire il cuore?
E se investissimo tutte le nostre energie nel posto sbagliato?
Se-buon Dio-ci accorgessimo alla fine della vita che la strada da imboccare
era un’altra?
E se il mondo non sapesse-sul serio-darci risposte?
E per mascherare questo vuoto lo riempisse di parole?
Giovanni risponde in maniera dolce e sorprendente; consigli spiccioli,
all’apparenza banali, ben diversi dai proclami che ci aspetteremmo, dalle
scelte radicali che dovrebbe proferire; “condividete, non rubate, non siate violenti”.
Tutto lì? Restiamo stupiti, un pò delusi.
Giovanni ha ragione; dalle cose piccole nasce l’accoglienza.
Perché forse anche a voi, come a me, succede di immaginarmi, anche nella fede,
capace di improbabili eroismi; tipo, partirò in Africa volontario–e intanto non
vedo la mia dirimpettaia anziana sola-andrò una settimana in monastero nel
silenzio-e intanto non trovo neppure cinque minuti di preghiera al giorno-dedicherò
del tempo alla riflessione-e non ho neppure il coraggio di depennare qualche
riunione dall’agenda al collasso.
Giovanni ha ragione, fai bene ciò che sei chiamato a fare, fallo con gioia,
fallo con semplicità e diventa profezia, strada pronta per accogliere il Messia.
Era normale per i pubblicani rubare, normale per i soldati essere prepotenti,
normale per la gente accumulare quel poco che aveva.
Giovanni mostra una storia “altra”: sii onesto, non essere prepotente, condividi.
Diventa eroico, anche oggi, essere integerrimi nell’onestà sul lavoro, profetico
essere persone miti in un mondo di squali, sconcertante porre gesti di gratuità.
Dio si fa piccolo.
Nei piccoli atteggiamenti ne rintracciamo la scia luminosa.
Sarà lui?
La gente è turbata; Giovanni è un uomo buono, mostra loro una strada
semplice, dà loro retta, che sia lui il Messia?
Ed ecco la notizia; arriva uno più forte che battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Arriva il Cristo, è Lui la risposta a cosa dovete fare, è Lui colui che brucia
dentro, che dà forza.
Giovanni ancora non lo conosce eppure il suo cuore pulsa di gioia.
Gesù è fuoco, non pia devozione, non bella abitudine, non saggezza da seguire.
Fuoco, fuoco, fuoco che brucia, che inquieta, che scalda, che illumina, che
turba nel profondo, che scardina, che riempie.
Giovanni già ne assapora la presenza, già ne coglie la statura immensa, inattesa,
sconcertante.
Eppure lui, il più grande tra i nati da donna, verrà ucciso per il ballo sensuale
di un’adolescente, ucciso da un re fantoccio suddito dei propri desideri e del
giudizio della gente.
Ma è felice, comunque, sin d’ora.
Giovanni ha già il cuore colmo di gioia anche se ancora aspetta, anche se
ancora non vede.
Ma già gioisce.
L’annuncio che vi faccio, la “buona novella” in mezzo a tante orribili notizie
che ci raggiungono è proprio questa; Dio ci ama e ce lo dimostra in Gesù Cristo.
Accogliere Gesù è avere il cuore pieno di gioia.
La fede cristiana è anzitutto gioia.
Non gioia semplice, sciocca, ingenua.
Mediteremo a lungo, fra qualche mese, di come la gioia cristiana sia una tristezza
superata, di come sia una gioia conquistata a caro prezzo.
Nel frattempo Paolo dice ai Filippesi e a noi: “rallegratevi nel Signore sempre!”;
aggiunge che la nostra gioia deve essere nota a tutti, cioè che la gente deve pensare
ai cristiani come gente serena e piena di luce!
Per Paolo, che pure di cose tristi ne subisce e ne vede, la pace che viene da
Dio custodisce i nostri cuori.
E se la mia vita è un calvario?
Se proprio la sofferenza è la nota dominante della mia vita?
Se la depressione o la solitudine hanno minato alla radice il mio buonumore?
Perché mai devo essere felice?
La risposta di Sofonia, profeta vissuto nel 640 a.C., è bruciante: “Il Signore tuo
Dio-esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore”.
Sii felice: tu sei la gioia di Dio!
Sii felice; Dio ti ama teneramente con il suo amore ed è il suo amore che ti
rinnova, ti cambia.
Tutta la Bibbia, tutta l’esperienza di Israele prima e della Chiesa poi dice questo;
siamo amati, il vero volto di Dio è uno sguardo di bene e di amore che ci ricostruisce.
Non è una splendida notizia?
Speriamo proprio di si e preghiamo.
Santa Domenica di Avvento, avvicinandoci al Natale, amici, da Fausto.