Della 11° Domenica del
Tempo Ordinario.
Santissimo Corpo e
Sangue di Cristo.
Prima lettura dal libro
del Deuteronòmio (8,2-3.14b-16a)
Mosè parlò al popolo
dicendo: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore,
tuo Dio, ti ha fatto
percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti
e metterti alla prova,
per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti
osservato o no i suoi
comandi.
Egli dunque ti ha
umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna,
che tu non conoscevi e
che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti
capire che l'uomo non
vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto
esce dalla bocca del
Signore.
Non dimenticare il
Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto,
dalla condizione
servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e
spaventoso, luogo di
serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz'acqua;
che ha fatto sgorgare
per te l'acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti
ha nutrito di manna
sconosciuta ai tuoi padri».
Parola di Dio.
Seconda lettura dalla
prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (10,16-17)
Fratelli, il calice
della benedizione che noi benediciamo, non è forse
comunione con il
sangue di Cristo?
E il pane che noi
spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo
pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti
partecipiamo all'unico
pane.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo
Giovanni (6,51-58) anno A.
In quel tempo, Gesù
disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di
questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia
carne per la vita del
mondo».
Allora i Giudei si
misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui
darci la sua carne da
mangiare?».
Gesù disse loro: «In
verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell'uomo e non
bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Chi mangia la mia
carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò
nell'ultimo giorno.
Perché la mia carne è
vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia
carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha
la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così
anche colui che mangia
me vivrà per me.
Questo è il pane
disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono
i padri e morirono.
Chi mangia questo pane
vivrà in eterno».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Una
domenica per riflettere su chi è Dio.
Parliamone, allora.
Parliamo di quello che è successo
anche se ora, con qualche titubanza,
con prudenza, distanziati e
mascherati, il peggio sembra essere passato.
Per due mesi non abbiamo
celebrato l’eucarestia.
È stata una sorta di lunga
quaresima che è continuata nel tempo pasquale.
Non abbiamo celebrato il cuore
dell’anno liturgico che è il Triduo pasquale.
Abbiamo assistito a messe in
streaming, magari mentre facevamo le pulizie di casa.
Poi il dibattito acceso, a tratti
eccessivamente acceso, sulla ripartenza, sul poter
celebrare nuovamente
quell’Eucarestia senza cui, come dicevano i martiri di
Abitene, non possiamo vivere.
E riflessioni di liturgisti,
teologi, pastoralisti, sulle condizioni minime affinché
quel gesto fosse davvero la cena
del Signore.
Ma, soprattutto, quel lungo
digiuno ha messo a fuoco inequivocabilmente due
aspetti dello stato di salute
della nostra Chiesa italiana.
Uno positivo; l’eucarestia rimane
il centro della nostra azione pastorale e ne
abbiamo sentito la mancanza con
inattesa nostalgia, almeno si spera.
Niente a che vedere con le
cerimonie come sono state definite dal nostro
Presidente del Consiglio (che
tristezza).
Uno negativo; l’Eucarestia, nella
realtà dei fatti di molte comunità, rimane
l’unica presenza del
cristianesimo e i nostri bravi cristiani, tolta, quella,
sono affogati nella paura e nella
solitudine della quarantena.
Parliamone, allora. Riflettiamo
su quanto accaduto.
Una
domenica per riflettere su cosa facciamo ogni Domenica.
Abbiamo bisogno di molto Spirito Santo per capire, per non banalizzare,
Abbiamo bisogno di molto Spirito Santo per capire, per non banalizzare,
per
lasciarci convertire. Molto.
Perché il cuore della presenza di Cristo, quella doppia mensa della Parola e
Perché il cuore della presenza di Cristo, quella doppia mensa della Parola e
dell’Eucarestia,
l’incontro gioioso col Risorto che faceva dire ai primi martiri
di
Abitene; non possiamo non
celebrare il giorno del Signore, l’inizio della
settimana,
il pane del cammino, la cena del Signore ripetuta con fedeltà in
obbedienza
dai primi secoli, oggi è diventata, quando va bene, stanca abitudine,
reiterata
cerimonia, perdendo il senso dell’incontro con Dio, la consapevolezza
dell’immensa
fortuna che abbiamo nell’avere in mezzo a noi la presenza stessa
del
Signore che si fa pane spezzato e che si dona.
Cosa ci è successo?
Cosa ci è successo?
Perché
è così difficile partecipare ad una celebrazione in cui si respiri la fede?
Perché
i nostri preti, invece di parlare della Parola, ci inondano di inutili parole
e
di astratti concetti teologici, o giocano a fare gli intrattenitori
simpaticoni?
Perché
le persone che abbiamo intorno, troppo spesso, sono solo degli anonimi
spettatori
con i quali non abbiamo nulla da spartire?
Oggi è giorno per tornare all’essenziale, per ridire la fede della Chiesa; noi
Oggi è giorno per tornare all’essenziale, per ridire la fede della Chiesa; noi
crediamo
nella presenza di Cristo in mezzo alla sua comunità, nel segno
efficace
dell’Eucarestia, nella Parola che riecheggia nei nostri cuori.
Un
altro cibo è stato dato al popolo in fuga dall’Egitto.
Un
cibo che non aveva più nulla a che vedere con le cipolle degli egiziani.
Un
cibo inatteso e misterioso che il popolo riconosce come donato direttamente da
Dio.
Abbiamo bisogno di nutrirci.
Abbiamo bisogno di nutrirci.
Di
cibo, ovvio, ma anche di affetto, di luce, di senso, di felicità e di libertà.
E questo cibo manca; quante persone muoiono per inedia spirituale!
E questo cibo manca; quante persone muoiono per inedia spirituale!
Si
spengono interiormente!
Manca il cibo che ci permette di camminare, di capire il grande mistero che
Manca il cibo che ci permette di camminare, di capire il grande mistero che
resta
l’esistenza di ognuno di noi!
È Dio che ci dona il pane del cammino verso la pienezza, verso l’eternità, verso la luce.
È Dio che ci dona il pane del cammino verso la pienezza, verso l’eternità, verso la luce.
E
noi ci hanno costretti in questo periodo a rimanerne senza e, rimanere senza
Dio.
Perché è Dio che si fa pane.
Un pane capace di renderci uniti.
Perché è Dio che si fa pane.
Un pane capace di renderci uniti.
È
una comunità vivace, quella di Corinto, ma anche molto rissosa.
Persone di carattere diverso, di condizione sociale diversa faticano, dopo avere
Persone di carattere diverso, di condizione sociale diversa faticano, dopo avere
incontrato
il Signore, a trovare sufficienti ragioni per costruire comunione.
Proprio
come accade oggi, quando la Chiesa Italiana, troppo spesso, dà
l’impressione
di un’appartenenza esteriore, di una crescente rissosità (politica,
anzitutto),
di una contrapposizione fra esperienze diverse, fra entusiasti e
prudenti,
fra conservatori ed innovatori.
Fatevi un giro su Internet o partecipate a un pranzo fra preti per accorgervi,
Fatevi un giro su Internet o partecipate a un pranzo fra preti per accorgervi,
purtroppo,
che anche fra cristiani si alzano i toni, si assegnano patentini di
ortodossia,
si difendono papi o Concili, riti o leader carismatici.
E Paolo ha una felice intuizione; se ci frammentiamo così tanto, prendiamo
E Paolo ha una felice intuizione; se ci frammentiamo così tanto, prendiamo
il
frammento che ci unisce. Bravo Paolo.
Il pane spezzato riporta all’unità, all’essenziale, al centro.
Siamo cristiani perché Cristo ci ha chiamato, ci ha scelto.
Il pane spezzato riporta all’unità, all’essenziale, al centro.
Siamo cristiani perché Cristo ci ha chiamato, ci ha scelto.
La
Chiesa non è il club dei bravi ragazzi che pregano Dio, ma la comunità
dei
diversi radunati nell’unico.
L’Eucarestia, allora, diventa il catalizzatore dell’unità.
L’Eucarestia, allora, diventa il catalizzatore dell’unità.
Nell’impegnativo
discorso fatto da Gesù dopo la moltiplicazione dei pani in
Giovanni,
Gesù parla esplicitamente della sua carne da mangiare e del
suo
sangue da bere.
Discorso
scandaloso, incomprensibile, che pure preannuncia il gesto che, da lì
a
qualche tempo, compirà come ultimo dono fatto alla comunità.
In Israele la carne è segno della debolezza e della fragilità umana; non dobbiamo
In Israele la carne è segno della debolezza e della fragilità umana; non dobbiamo
scandalizzarci
per la povertà delle nostre comunità, per la pochezza del Vangelo
così
come viene vissuto dai cristiani.
Il
Verbo si fa carne, si consegna alle mani di un povero prete.
In Israele il sangue porta la vita, è impensabile cibarsi di animali soffocati nel
In Israele il sangue porta la vita, è impensabile cibarsi di animali soffocati nel
proprio
sangue.
Gesù
chiede ai discepoli di condividere la sua stessa vita.
Ecco
cos’è l’Eucarestia.
Non è un problema di lingua o di rito, ma di fede.
Certo; sarebbe cento volte meglio se le nostre assemblee fossero più accoglienti,
Non è un problema di lingua o di rito, ma di fede.
Certo; sarebbe cento volte meglio se le nostre assemblee fossero più accoglienti,
cantassero
canti più belli e intonati, e se le nostre Chiese fossero davvero luoghi
ospitali
che invitano ad alzare lo sguardo.
Ma è inutile illudersi; quello che ancora manca alle nostre liturgie è la certezza
Ma è inutile illudersi; quello che ancora manca alle nostre liturgie è la certezza
che
il Signore si rende presente.
Manca la fede purtroppo, quella vera.
Manca la fede purtroppo, quella vera.
Se solo sapessimo capire che alla Domenica, quando andiamo a Messa,
non è una cosa da fare per abitudine, ma un invito che il Signore ci
fa per
far parte del suo convitto, siamo invitati alla sua mensa di nozze,
le sue
nozze che fa con noi suoi figli.
Buona Domenica del
Corpus Domini e buon Matrimonio con il Signore amici, Fausto.