sabato 17 dicembre 2022

Il Vangelo di Domenica 18 Dicembre 2022

 

Della 4° Domenica di Avvento.

San Gaziano di Tours, vescovo.

Prima Lettura

Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio.

Dal libro del profeta Isaìa (7,10-14)

In quei giorni, il Signore parlò ancora ad Àcaz:

«Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio,

dal profondo degli inferi oppure dall’alto».

Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio

tentare il Signore».

Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide!

Non vi basta stancare gli uomini, perché ora

vogliate stancare anche il mio Dio?

Pertanto il Signore stesso vi darà un segno.

Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio,

che chiamerà Emmanuele».

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 23 (24)

Ripetiamo. Ecco, viene il Signore, re della gloria.

Del Signore è la terra e quanto contiene:

il mondo, con i suoi abitanti.

È lui che l’ha fondato sui mari

e sui fiumi l’ha stabilito. R.

 

Chi potrà salire il monte del Signore?

Chi potrà stare nel suo luogo santo?

Chi ha mani innocenti e cuore puro,

chi non si rivolge agli idoli. R.

 

Egli otterrà benedizione dal Signore,

giustizia da Dio sua salvezza.

Ecco la generazione che lo cerca,

che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R.

 

Seconda Lettura

Gesù Cristo, dal seme di Davide, Figlio di Dio.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (1,1-7)

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata,

scelto per annunciare il Vangelo di Dio-che egli

aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle

sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato

dal seme di Davide secondo la carne, costituito

Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di

santità, in virtù della risurrezione dei morti,

Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui

abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli,

per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le

genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete

anche voi, chiamati da Gesù Cristo-, a tutti

quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi

per chiamata, grazia a voi e pace da Dio,

Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Ecco la vergine concepirà e darà alla luce

un figlio: a lui sarà dato il nome di

Emmanuele: “Dio con noi”. (Mt 1,23)

 

Alleluia.

Vangelo

Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe,

della stirpe di Davide.

Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24) anno A.

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria,

essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che

andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera

dello Spirito Santo.

Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non

voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla

in segreto.

Però, mentre stava considerando queste cose, ecco,

gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli

disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di

prendere con te Maria, tua sposa.

Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo

Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo

chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo

dai suoi peccati».

Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò

che era stato detto dal Signore per mezzo del

profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla

luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,

che significa "Dio con noi".

Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli

aveva ordinato l’angelo del Signore e prese

con sé la sua sposa.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Siamo scoraggiati, certifica il Censis.

Un popolo di demotivati, delusi, stanchi, depressi.

C’è di che lamentarci.

Pandemia, guerra, crisi energetica, inflazione.

Altro che regali; la tredicesima va tutta in bollette.

Per chi ce l’ha la tredicesima.

E, novità; la gente non se la prende più con la politica,

perché ormai è evidente a tutti che siamo legati mani

e piedi a un sistema marcio, ai pochi ricchissimi con

le case piene di sacchi pieni di soldi (loro che volevano

eliminare il contante per eliminare l’evasione fiscale,

ci sarebbe da ridere, invece c’è solo da piangere),

che tirano le fila del mondo e che noi rendiamo più

ricchi ogni giorno di più.

E allora al diavolo i riccastri che pubblicano i loro selfie

svaccati sui sedili in pelle dei loro jet privati, al diavolo

i manager che prendono 200 volte lo stipendio di un

operaio, al diavolo i nuovi potenti tecnologici che si

comportano come feudatari medievali.

Periodaccio, concordo.

Ma possiamo renderci sereni accogliendo il Natale come

una salvezza, tenendo sveglia dentro di noi la speranza di

essere presi dal Signore, almeno di Lui possiamo fidarci.

Profeti come Giovanni ci invitano a prepararci ad

accogliere un Dio che incendia.

Come Maria, la nostra vita può diventare la porta

d’ingresso di Dio nel mondo.

No, non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce.

È nato il Signore, è morto ed è risorto.

Lo proclamiamo Signore e Dio della Storia.

Anche se, come Giovanni il Profeta, possiamo essere

attraversati dal dubbio più devastante; sei davvero

Tu o dobbiamo aspettarne un altro?

Ecco la sfida dell’Avvento, di questo avvento; fare

spazio in noi affinché la luce di Dio possa risplendere.

Come è successo al più sfortunato dei santi, Giuseppe.

Giuseppe, sposo sfortunato

Lo so, sono irriverente. Portate pazienza.

Ma, alla fine della storia, Giuseppe è un poveraccio

cui Dio ha soffiato la ragazza.

E ci viene proposto, nell’ultima Domenica di Avvento,

come modello.

Molti di voi mi hanno scritto, identificandosi col profeta

dubbioso; se il più grande uomo mai nato ha avuto dei

dubbi, può succedere anche a me di averne.

Oggi la Liturgia osa di più; il patrono della Chiesa,

il padre di Gesù, lo sposo di Maria è stato un uomo

che ha dovuto cambiare radicalmente la sua vita,

uno che si è trovato nei guai fino al collo.

E non ne è mai più uscito.

Non è detto che l’incontro con Dio ti spiani la vita

a suon di angioletti danzanti.

Chiedetelo a Giuseppe.

Matteo ci racconta stringatamente della nascita

di Gesù, ma dal punto di vista di Giuseppe.

È essenziale, perché si rivolge a degli ebrei, parlare

del maschio di casa.

Dalla discendenza di Davide doveva provenire il

Messia, e Giuseppe proviene da quella discendenza.

Solo che rispetto ai maschi che ascoltavano, ha avuto

un percorso decisamente particolare.

Maria e Giuseppe sono fidanzati, hanno un regolare

contratto di matrimonio stipulato dai rispettivi genitori.

Maria è giovanissima, Giuseppe non lo sappiamo.

Se vi piace restare fedeli al Vangelo, non sappiamo

molto di lui.

Presumiamo che fosse un bravo e onesto ragazzo del

paese, nulla di più.

Ma potete anche osare, facendo vostra una antica

tradizione che vuole Giuseppe un vedovo che decide

di prendere con sé Maria.

Stretto, ma ci sta.

Quello che Matteo vuole dirci, però, è decisamente

più semplice; l’unico a sapere che quel bambino non

era suo è proprio Giuseppe.

Osiamo immaginare la sua notte insonne di maschio ferito?

La disperazione, la rabbia, il desiderio di vendetta?

Vendetta a portata di mano, e benedetta dalle leggi che

gli uomini attribuiscono a Dio, spesso; lapidazione.

Una donna adultera va lapidata, non ci sono storie.

Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge di Dio

deve far uccidere la sua futura sposa.

Alcuni studiosi sostengono che tale pratica non era

più in voga in quel tempo, ma l’onta e il disonore sì.

E Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge vera

di Dio che porta nel cuore, decide di mentire.

Dirà al rabbino di non volere più sposare Maria, che

si è stancato di lei.

Maria tornerà mestamente alla casa dei suoi, nessuno

la vorrà più come sposa, ma, almeno, avrà salva la

vita e l’onore.

È giusto, Giuseppe, perché non giudica secondo le

apparenze, perché non brandisce la Legge di Dio

come una clava.

È giusto, perché lascia prevalere la misericordia

e l’amore alla vendetta, al suo orgoglio ferito.

È giusto, Giuseppe. Averne come lui.

La decisione è presa.

Ora arriva un pò di sonno, mentre l’ultima stella

della sera scompare.

Il sonno è agitato, confuso. E Giuseppe sogna.

Sogna di angeli rassicuranti, di spiegazioni misteriose,

di un figlio che è di Dio ma che avrà il nome del falegname.

A Maria Dio chiede un corpo, a Giuseppe di portare

la croce di allevare un figlio non suo.

Come i tanti padri che tirano la carretta ogni giorno,

senza far pesare in famiglia la situazione finanziaria

traballante, ingoiando rospi, lasciando da parte loro stessi.

A Giuseppe è chiesto di prendere la dura realtà come

proprio sogno.

Ora capisce il sogno, perché ha scelto di non seguire

l’odio che portava nel cuore.

È libero, Giuseppe. Giusto e sognatore.

Come gli uomini e le donne che, in mezzo all’oceano

di nulla che sta sommergendo la nostra civiltà

occidentale, osano ancora sognare e sperare. Averne.

Aveva certamente dei progetti, il buon Giuseppe;

un laboratorio più grande, una casa spaziosa, dei

figli cui insegnare l’uso della pialla e dello scalpello.

Non aveva grandi pretese, questo figlio di Israele,

un piccolo sogno da vivere con una piccola sposa.

Ma Dio ha bisogno della sua mitezza e della sua forza,

sarà padre di un figlio non suo, amerà una donna

silenziosamente, come chi prende in casa l’Assoluto di Dio.

Giuseppe accetta, si mette da parte, rinuncia al suo

sogno per realizzare il sogno di Dio e dell’umanità.

Giuseppe è il patrono silenzioso di chi aveva dei progetti

ed ha accettato che la vita glieli sconvolgesse.

Dio ha bisogno di uomini così. Di credenti così.

Pochi giorni al Natale, Giuseppe, dal silenzio in cui

è rimasto, custode e tutore della santa Famiglia, veglia

su di noi e ci chiede di imitare la sua grandezza.

Averne come lui, santa Domenica a tutti

i padri di famiglia, Fausto.

Voglio, amici, capire meglio un santo che per amore si è messo da parte.















E chi si mette da parte; Giuseppe, appunto.

Domani il Vangelo ci parla di un personaggio

esemplare, un genitore fantastico, un grande

sognatore e, che per amore si è messo da parte.

Amo, amici, questo santo più sfortunato

della Storia; san Giuseppe.

Sfortunato per due ragioni; Dio gli ha rubato

la ragazza e di lui abbiamo conservato un

vaghissimo ricordo, superficiale e quasi offensivo.

Mi arrabbio, e parecchio, quando vedo

rappresentazioni (anche nelle Chiese),

di Maria e il Bambino, senza il legittimo padre.

Questo per non separare ciò che Dio ha unito,

cosa che dovrebbe venirci spontanea, in quanto

cattolici praticanti; (che a scombinare le famiglie

già ci pensano i politici, o presunti tali), cosa

dei giorni nostri, il volere chiamare il papà

e mamma; genitore1 e genitore2, e mi fermo qui!

Giuseppe è giunto a noi come un personaggio

marginale, un’appendice alla grandiosa storia

dell’incarnazione.

Un marito di facciata e un padre putativo

(quanto tempo ci ho messo per capire

cosa significasse!

Alla fine grazie al dizionario; significa che è

ritenuto tale pur senza esserlo veramente),

più semplicemente, uno per finta.

E invece è una delle persone più autentiche

che possiamo incontrare.

Vero marito, vero padre.

Certo non aiuta la sua assoluta discrezione.

Il Vangelo non ha conservato nemmeno una sua parola.

Solo fatti; e che fatti.

Una marginalità talmente stordente da spingere

qualche devoto, nei primi secoli della Chiesa,

a forzare un pò la mano con il racconto, in un

Vangelo tardivo e apocrifo, sarebbe stato un

vedovo anziano che avrebbe deciso di prendere

con sé la giovanissima Maria.

Comunque a me piace la versione ufficiale;

Giuseppe giovane promesso sposo di Maria

la bella di Nazareth.

Non sappiamo molto di Giuseppe, è vero.

Ma quello che ci racconta l’evangelista Marco

di lui è più che sufficiente.

L’annunciazione a Giuseppe va sovrapposta

a quella di Maria.

È una coppia che Dio si rivela e chiede

una collaborazione.

Perché Dio è attento e sensibile alle differenze,

ha un modo maschile e femminile di rivelarsi.

Perché il maschile e il femminile vivono e

manifestano la fede in maniera diversa,

complementare, guai a non tenerne conto.

E, infatti, Dio ne tiene conto benissimo.

Almeno Lui.

Sappiamo come è andata la vicenda; Maria,

tredicenne, e Giuseppe, sono promessi sposi.

Senza convivere, cosa che sarebbe avvenuta

da lì a un anno, e sono vincolati l’uno all’altro

in un patto di fedeltà.

Violare questo patto, per la fidanzata, significa morire.

Un modo brutale per conservare le promesse,

una chiara influenza tribale nelle parole attribuite

a Dio, sempre del Signore le colpe.

Giuseppe è l’unico a sapere che quel Figlio non è suo.

Secondo la Legge, avrebbe dovuto denunciare

il fatto al rabbino, che ne avrebbe poi tratto

le drammatiche conseguenze.

Non sa cosa sia successo, il povero Giuseppe;

osiamo intuire il suo stato d’animo quando

viene a sapere della gravidanza non sua.

Credo gli fosse crollato addosso il mondo, e lo capisco.

Maria? Proprio lei? Sembrava così timida!

Che fare? Bella domanda!

Giuseppe ama Maria.

Ed è, come annota Matteo, un uomo giusto.

Giusto, perché non giudica secondo le apparenze.

Giusto, perché non vuole umiliare e uccidere una ragazza.

Giusto, perché non vuole farlo in nome di Dio.

Quanto è stata lunga la notte insonne di Giuseppe!

Ma, sul fare del mattino, trova una soluzione onorevole.

Forzerà la verità, senza mentire.

Dirà che si è stancato di Maria e la ripudierà.

Pratica orribile ma legittima.

Maria sarebbe da sola con il bambino, a casa

dei suoi; svergognata; ma viva.

La soluzione è trovata, ha messo da parte il

suo orgoglio di maschio ferito.

È solo dopo avere deciso di salvare Maria che

sogna un angelo (l’angelo ritardatario, diremmo noi).

No; Dio interviene ma in conseguenza alla

scelta corretta di Giuseppe.

Quel Figlio è un mistero, lo rassicura l’angelo.

Giuseppe prenderà con sé il Bambino e la Madre.

Fantastico; la sua vita è rovesciata come un calzino.

Tutti i suoi progetti finiti in soffitta in un istante.

A causa di un sogno; attenti, amici a sognare,

il risveglio potrebbe essere tragico.

Lui, invece, quando si sveglia cosa fa?, (io

sinceramente, fossi stato al suo posto, mi sarei

tenuto un pò leggero con la cena, per non fare

strani incubi), Giuseppe no, ovvio, lui è giusto.

Si sveglia e prende con sé Maria e il Bambino.

Immenso Giuseppe.

Da lui, amici, dobbiamo imparare!

Che si mette da parte, che sa rinunciare ai propri

legittimi sogni, per fare spazio alla follia di Dio!

Che ha il coraggio di credere nei sogni (e di

quanti padri che ancora sanno sognare, abbiamo

urgente bisogno) e di seguirli.

Che si assume le sue responsabilità.

Silenzioso ma determinato.

Poche parole, ma fatti che segnano l’umanità.

Sinceramente, come vorrei essere come lui!

Immenso Dio.

Che si mette in mezzo alle relazioni affettive

e le illumina, le porta a un livello più profondo,

offre alle coppie (uomo e donna) prospettive

affatto scontate e banali!

Che ha bisogno di uomini giusti, corretti,

come Giuseppe, in un mondo in cui si esalta

la scaltrezza e la furbizia.

Dio si incarna, ma lo fa in una famiglia normale,

(un uomo e una donna) che deve fare i conti

con la quotidianità, che deve imparare a

rispettare il mistero che ognuno è, il mistero

di un Dio che ci abita.

Un augurio a san Giuseppe e a tutti quelli

che portano il suo nome.

Prototipo del genitore vero e leale, prepariamoci

al Natale, amici, seguendo le orme di san Giuseppe,

il santo dei giusti Fausto.