sabato 22 giugno 2019

Il Vangelo di Domenica 23 Giugno 2019


Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.
1° Lettura dal libro della Gènesi (14,18-20)
2° Lettura dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (11,23-26)
Dal Vangelo secondo Luca (9,11b-17) anno C.
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire
quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo:
«Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni,
per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare».
Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che
non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente».
C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa».
Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi
la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Ed ecco il Corpus Domini, dunque.
Abbiamo celebrato la luce sfolgorante della Pasqua, abbiamo invocato il fuoco
dello Spirito, abbiamo innalzato la mente nel mistero di Dio Trinità; oggi
riscopriamo un altro aspetto fondamentale della fede.
Proprio di scoperta non si può parlare, abituati come siamo a celebrare
l’Eucaristia, asfaltati dalla ritualità.
Come tutte le cose che riguardano Dio, il rischio che incombe come un macigno
sulla nostra fede è la banalità, l’abitudine, il “so già”.
Faccio fatica, a parlare del dono di sé che Gesù ci ha fatto nel pane e nel vino.
Perché?
Frasi come: “Prendere messa”, che riducono il Mistero, cristiani non praticanti
che si giustificano ogni volta che vedono un prete: “Sa, verrei volentieri
a messa, ma proprio di domenica la dovete fare?”: “Quelli che vanno a messa
le fanno poi peggio degli altri!”, come se si potesse essere innamorati non
praticanti o come se la messa servisse a far vedere a Dio quanto siamo buoni!
Abbiamo bisogno di digiunare, credetemi, abbiamo bisogno di fermare le nostre
troppe messe semideserte, per riprendere la Parola in mano e, come Paolo fa
scrivendo ai Corinzi, ridarci ciò che abbiamo ricevuto.
L’Eucaristia, la Messa, è il segno della presenza di Cristo che ci raduna ogni
settimana, è il Cristo di Dio che fa memoriale della sua presenza, che si dona
nel segno semplice e sconvolgente del pane e del vino.
Mi confidava un ateo: “Se arriverò a credere che Dio si è fatto uomo, non avrò
problemi a credere che si può fare pezzo di pane”.
Ma, come accade a una coppia un pò stanca, che non sa più stupirsi e sta
insieme più per abitudine che per nostalgia, vedo che la mia fede si appiattisce
e sbadiglia davanti a tanta sconcertante grandezza.
Il momento cardine della nostra settimana, l’Eucaristia, è, spesso ridotta a
cerimonia, a rito che mette a posto la mia coscienza (ma rispetto a chi? A Dio?
Pensate davvero che Dio abbia bisogno della nostra lode?).
L’incontro con Cristo pane è spesso messo all’ultimo posto degli impegni
settimanali come se fosse il cartellino del buon cristiano da timbrare per
essere “in regola” quando ci presenteremo a Dio nel giorno della resa dei conti.
Pessimista? Mi auguro di sì, spero di potermi scusare, di dire un giorno; ho
davanti a me gente che non vede l’ora di incontrare Gesù presente nel Pane
e nella Parola.
Per ora non vedo grandi cambiamenti né grande fede nelle nostre assemblee.
In questo deserto, che è la vita, la folla ancora chiede pane, pane che è la pienezza
della felicità, che è il senso della vita.
Gesù si consegna, domenica dopo domenica, alle nostre comunità.
Avremo il coraggio di piegare il cuore, oltre che le ginocchia, davanti a quel pane
e a quel vino che, scandalosamente, professiamo essere la presenza concreta,
reale, misteriosa di Cristo?
Paolo ci dice che ogni volta che compiamo questo gesto, secondo quanto
richiestoci dal Signore, ripercorriamo la morte in croce di Cristo, il dramma
di Dio che si consegna per amore.
E, oggi come allora, il grido di amore di Cristo verso il Padre rischia di restare
sospeso nell’aria, inascoltato.
Non da Dio, ma da noi discepoli.
Se, le nostre Messe, spesso noiose, mancano certo di fantasia, ma soprattutto
di fede.
Se le nostre assemblee avessero il coraggio di uscire dalla logica del dovere,
sarebbero trasformate dall’incontro con Cristo.
Se le nostre Eucaristie, invece di chiudersi in cinquanta sbrigativi minuti o anche
meno, uscissero dalle nostre Chiese per entrare nelle nostre case ci farebbero
diventare, come Cristo, pane spezzato, cibo donato a un mondo che muore d’inedia.
A Milano, un giorno Madre Teresa di Calcutta disse: “Le nostre città muoiono di fame,
le vostre città muoiono di fame d’amore”.
Abbiamo bisogno di riscoprire il valore della sorgente che possediamo sotto casa,
abbiamo bisogno di dissetarci alla Parola e al Pane.
Che il Signore ci conceda, almeno un poco, di abbandonare le nostre consolidate
convinzioni per metterci in gioco, ci conceda di diventare come gli apostoli, che
accettarono la sfida di condividere quel pò che avevano, alcuni pani e alcuni pesci,
per mettere in gioco la loro stessa vita.
Santa Domenica amici, dedicata alla festa gioiosa delle nozze del Signore
con tutti noi, Fausto.