sabato 29 ottobre 2022

Il Vangelo di Domenica 30 Ottobre 2022

 

Della 31° Domenica del Tempo Ordinario.

San Germano di Capua, vescovo.

Prima Lettura

Hai compassione di tutti, perché ami tutte le cose che esistono.

Dal libro della Sapienza (11,22-12,2)

Signore, tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia,

come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.

Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati

degli uomini, aspettando il loro pentimento.

Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle

cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata.

Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta?

Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza?

Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita.

Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.

Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci

ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni

malizia, credano in te, Signore.

Parola di Dio.

Seconda Lettura

Sia glorificato il nome di Cristo in voi, e voi in lui.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (1,11-2,2)

Fratelli, preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni

della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di

bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro

Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.

Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con

lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente

e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare

come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.

Parola di Dio.

Vangelo

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

Dal Vangelo secondo Luca (19,1-10) anno C.

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando,

quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava

di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era

piccolo di statura.

Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché

doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi

subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».

Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.

Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».

Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò

che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».

Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli

è figlio di Abramo.

Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Eccolo, Zaccheo.

Già il nome è un programma; significa il puro ma se è la contrazione di Zaccaria,

significa Dio ricorda; il Signore vede in lui un puro, un semplice.

Dio ci restituisce la nostra immagine ancestrale, la nostra idealità profonda,

Egli sa cosa siamo veramente.

Dietro la scorza indurita di un uomo che è diventato un aguzzino, Dio vede

l’innocenza nascosta. E la rianima.

La folla vede in lui un delinquente, Dio, che si ricorda di com’era Zaccheo

quando lo ha creato nel grembo della madre, vede in lui un santo.

Due sono le peculiarità che caratterizzano Zaccheo; è un capo dei pubblicani

ed è ricco.

Non sappiamo altro di lui; nulla sul suo carattere, sui suoi sogni, sulle sue

amicizie, sulla sua fede.

È il suo ruolo, non si scappa.

Per Gesù quell’uomo ha un nome, Zaccheo, non un ruolo.

Sono temuti, i pubblicani; alle spalle hanno l’aquila romana.

Ma i suoi concittadini, ora, si tolgono una piccola soddisfazione, diventano

un muro davanti alla strada, gli impediscono di vedere.

Piccola e innocente vendetta fra uomini, come ancora si usa oggi.

Zaccheo ha saputo del passaggio del profeta.

Non che la cosa lo riguardi più di tanto; i farisei e gli scribi, di solito,

insultano e tengono distanti i pubblicani, non scherziamo.

Zaccheo sa bene di essere un pubblico peccatore, non ha nessuna

possibilità di salvezza.

Se anche il Messia venisse, Zaccheo rimarrebbe fuori dalla porta della festa.

In compagnia dei pastori. Della samaritana. Della donna emorroissa.

Ma è curioso.

Cercava di vedere, annota Luca.

È la ricerca il cuore pulsante di questo incontro.

Zaccheo cerca Gesù che lo cerca. E si incontreranno.

Siamo ciò che desideriamo. Siamo ciò che cerchiamo.

Zaccheo vuole vedere chi è Gesù.

La sua curiosità ha un obiettivo specifico; il Nazareno.

Non è curiosità fine a sé stessa, lui non vuole soddisfare il suo quarto d’ora

di delirio mistico.

La ricerca di senso, la curiosità, va orientata e nutrita.

Zaccheo ha intuito che Gesù ha a che fare con la sua felicità. E osa.

Zaccheo vuole vedere Gesù, punto.

Se ne è degno, se è pronto, se capisce dove lo porterà questo incontro,

se è moralmente accettabile a Dio, proprio non gli importa.

Un muro di gente ci impedisce di vedere Gesù.

Schiene, non volti.

Persone che ci sono ostili, che dicono che è tutto falso, che non c’è né

desiderio, né soddisfazione, che l’uomo è drammaticamente incapace

di risposte, è mostruosa creatura irrisolta.

Persone che non hanno risposte e che negano la possibilità di fare domande.

Profeti del nulla, non vogliono che ci mettiamo in cammino per giustificare

il loro fallimento.

Zaccheo sembra non avere soluzioni.

Potrebbe girare i tacchi e tornarsene a casa.

Come molti, oggi, che gettano la spugna alla prima difficoltà.

Corre avanti, Zaccheo, trova una soluzione semplice davanti al muro di folla

che aspetta Gesù; salirà su un albero.

Su di un sicomoro, per la precisione.

La Bibbia ci dice che il sicomoro, albero sempre verde che non cresce in Europa,

fa parte della famiglia dei fichi.

I rabbini insegnavano o studiavano sotto il fico e alcuni paragonavano la

Torah al fico per via della dolcezza del suo frutto.

A nessuno sfugge che Natanaele, nel Vangelo di Giovanni, è chiamato da Gesù

mentre sta sotto un fico (Gv 1,28).

È in alto, libero, non ostacolato.

Che bello sarebbe se le nostre comunità diventassero tanti alberi su cui

chiunque (chiunque!) possa salire per vedere il Signore.

È ben nascosto, Zaccheo.

Il fogliame lo protegge; può vedere senza essere visto. O così pensa.

Appena giunto al luogo dell’appuntamento, all’albero, Gesù alza gli occhi e lo vede.

Zaccheo!

Lo chiama per nome, lo conosce, sa bene chi è.

Ha preso l’iniziativa, ha polverizzato con una frase ogni dubbio, resistenza, colpa.

Oggi deve andare da Zaccheo.

Oggi; ogni giorno, ogni oggi è il giorno in cui possiamo accogliere il Signore

in casa nostra.

Anche se non ne siamo degni, anche se tentenniamo, anche se non abbiamo

nulla di pronto da offrirgli.

Nessun giusto sarebbe mai entrato nella casa di un peccatore.

Eccetto Gesù.

Scende in fretta, Zaccheo, letteralmente si precipita, cade come un frutto maturo.

È accaduto l’inaudito; il Rabbì che tutti aspettavano, si è accorto di lui e ha

chiesto di andare a casa sua.

Non si è sbagliato, non lo ha confuso con un altro; lo ha chiamato per nome.

È tutto talmente esagerato che anche Zaccheo esagera e si rovina.

Leggete bene e fate due conti; il pubblicano regala la metà dei suoi soldi ai poveri.

E sia.

Poi restituisce quattro volte tanto a coloro ai quali ha rubato, cioè a tutti.

La metà di quello che ha non basterà certo a rimborsare il quadruplo di

ciò che ha rubato!

Pazienza; ora ha il tesoro.

Perderà tutto perché ha trovato il tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44).

Che gli importa?

In questo incontro troviamo il cuore del Vangelo.

Dio precede e suscita la nostra conversione.

L’incontro con Dio ci cambia la vita.

Zaccheo contraddice il nostro modo di pensare; di solito parliamo di

contrizione e di pentimento per meritare il perdono di Dio.

Pecco, mi pento, Dio mi perdona, questa è la sequenza corretta.

Gesù scardina questa sequenza; pecco, Dio mi perdona, quindi mi pento.

Zaccheo sa benissimo di essere un delinquente, non ha bisogno che

qualcuno glielo ricordi.

Ha bisogno che qualcuno creda in lui.

Che creda nella possibilità di cambiare senza condizione, a prescindere.

L’amore scatena in noi energie inattese e nascoste.

Verissimo, amici, siamo tutti dei Zaccheo e abbiamo bisogno di essere creduti,

ed oggi è il giorno giusto, perciò, come Zaccheo, saliamo sull’albero

dell’amore che è la Chiesa, santa Domenica Fausto.