sabato 28 dicembre 2024

Il Vangelo di Domenica 29 Dicembre 2024

 

Domenica fra l’Ottava di Natale.

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Prima Lettura.

Samuele per tutti i giorni della sua

vita è richiesto per il Signore.

Dal primo libro di Samuèle (1,20-22.24-28)

Al finir dell'anno Anna concepì e partorì

un figlio e lo chiamò Samuèle,

«perché-diceva-al Signore l'ho richiesto».

Quando poi Elkanà andò con tutta la

famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno

al Signore e a soddisfare il suo voto,

Anna non andò, perché disse al marito:

«Non verrò, finché il bambino non sia

svezzato e io possa condurlo a vedere

il volto del Signore; poi resterà là

per sempre».

Dopo averlo svezzato, lo portò con sé,

con un giovenco di tre anni, un'efa di

farina e un otre di vino, e lo introdusse

nel tempio del Signore a Silo: era

ancora un fanciullo.

Immolato il giovenco, presentarono il

fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona,

mio signore.

Per la tua vita, mio signore, io sono quella

donna che era stata qui presso di te a

pregare il Signore.

Per questo fanciullo ho pregato e il

Signore mi ha concesso la grazia che

gli ho richiesto.

Anch'io lascio che il Signore lo richieda:

per tutti i giorni della sua vita egli è

richiesto per il Signore».

E si prostrarono là davanti al Signore.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 83 (84)

Ripetiamo. Beato chi abita nella

tua casa, Signore.

 

Quanto sono amabili le tue dimore,

Signore degli eserciti!

L'anima mia anela

e desidera gli atri del Signore.

Il mio cuore e la mia carne

esultano nel Dio vivente. R.

 

Beato chi abita nella tua casa:

senza fine canta le tue lodi.

Beato l'uomo che trova in te

il suo rifugio e ha le tue vie

nel suo cuore. R.

 

Signore, Dio degli eserciti, ascolta

la mia preghiera, porgi l'orecchio,

Dio di Giacobbe.

Guarda, o Dio, colui che è il nostro

scudo, guarda il volto del tuo

consacrato. R.

 

Seconda Lettura

Siamo chiamati figli di Dio,

e lo siamo realmente!

Dalla prima lettera di san

Giovanni apostolo (3,1-2.21-24)

Carissimi, vedete quale grande amore ci

ha dato il Padre per essere chiamati figli

di Dio, e lo siamo realmente!

Per questo il mondo non ci conosce:

perché non ha conosciuto lui.

Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio,

ma ciò che saremo non è stato

ancora rivelato.

Sappiamo però che quando egli si sarà

manifestato, noi saremo simili a lui,

perché lo vedremo così come egli è.

Carissimi, se il nostro cuore non ci

rimprovera nulla, abbiamo fiducia in

Dio, e qualunque cosa chiediamo, la

riceviamo da lui, perché osserviamo

i suoi comandamenti e facciamo quello

che gli è gradito.

Questo è il suo comandamento: che

crediamo nel nome del Figlio suo

Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli

altri, secondo il precetto che ci ha dato.

Chi osserva i suoi comandamenti rimane

in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo

che egli rimane in noi: dallo Spirito

che ci ha dato.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Apri, Signore, il nostro cuore

e accoglieremo le parole

del Figlio tuo. (Cf. At 16,14b)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Gesù è ritrovato dai genitori nel

tempio in mezzo ai maestri.

Dal Vangelo secondo

Luca (2,41-52) anno C.

I genitori di Gesù si recavano ogni anno

a Gerusalemme per la festa di Pasqua.

Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono

secondo la consuetudine della festa.

Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano

la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase

a Gerusalemme, senza che i genitori se

ne accorgessero.

Credendo che egli fosse nella comitiva,

fecero una giornata di viaggio, e poi si

misero a cercarlo tra i parenti e i

conoscenti; non avendolo trovato,

tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio,

seduto in mezzo ai maestri, mentre li

ascoltava e li interrogava.

E tutti quelli che l'udivano erano pieni

di stupore per la sua intelligenza e le

sue risposte.

Al vederlo restarono stupiti, e sua madre

gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo?

Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».

Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate?

Non sapevate che io devo occuparmi

delle cose del Padre mio?».

Ma essi non compresero ciò che aveva

detto loro.

Scese dunque con loro e venne a Nàzaret

e stava loro sottomesso.

Sua madre custodiva tutte queste cose

nel suo cuore.

E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia

davanti a Dio e agli uomini.

Parola del Signore.

Riflessione personale sul Vangelo di oggi.

Festa della famiglia, recita la liturgia,

quella vera, formata da un papà ed una

mamma; cioè, da un uomo e da una donna.

Festa della mia famiglia, aggiungo io.

Della famiglia concreta, oggettiva,

reale da cui provengo o che ho

formato o che desidero formare.

E, di questi tempi, stride e fa riflettere

questa festa, una quasi provocazione

che vola alto sopra le nostre beghe

politiche e sociali, che infonde vigore

ed energia alla nostra quotidianità,

che ridà spessore al nostro Natale.

Che ci piaccia o no la famiglia è e resta

il cuore del nostro percorso di vita, della

nostra educazione, spesso è all’origine

di molta sofferenza, di qualche delusione

e, grazie al cielo, di immensa gioia.

Fa sorridere che Dio abbia voluto

sperimentare l’esperienza famigliare.

Fa riflettere che, per farlo, abbia scelto

una famiglia così anomala e complicata.

Stupisce che la Chiesa si ostini a proporre

questa famiglia come modello, dove la

coppia vive nell’astinenza, il figlio è la

presenza del Verbo di Dio, e i coniugi

di ritrovano a scappare a causa della

improvvida notorietà del neonato.

Ma non è nella diversità che vogliamo

seguire Maria e Giuseppe, ma nella loro

concretezza di coppia che vede la propria

vita ribaltata dall’azione di Dio e dal

delirio degli uomini, nella loro capacità

di mettersi da parte, sul serio, senza ricatti,

senza patemi, per inserirsi in un progetto

più grande, quello che Dio ha sul mondo.

Maria stringe forte a sé il piccolo neonato

che sente il calore e l’odore della sua pelle.

Giuseppe, ora, è sereno.

L’avventura di far nascere il proprio figlio

primogenito lontano da casa l’ha duramente

provato ma ora, dopo quella tumultuosa

notte piena di emozioni e di segni, il giovane

Giuseppe si sente pieno di fiducia per il futuro.

Gesù è stato affidato al Dio di Israele,

come prescritto, e nel grandioso Tempio

di Gerusalemme un vecchio ha preso in

braccio il bambino profetizzando.

Dopo la lunga e dolorosa permanenza in

Egitto, Maria e Giuseppe tornano a

Nazareth, dove Gesù cresce.

Ed è un Gesù adolescente che scappa dai

genitori, per discutere con i dottori della

Legge della Torah, al centro della

riflessione del Vangelo di oggi.

Che tenerezza trovare due genitori in

difficoltà col figlio in piena crisi

adolescenziale!

Potrei continuare così per tre pagine,

nel maldestro tentativo di ridare

concretezza alla famiglia di Nazareth.

Siamo tutti talmente presi dalle emozioni

del Natale (che spero sia stato un buon

Natale per ciascuno di voi!) da dimenticare

il peso della concretezza che, come ogni

famiglia, Maria e Giuseppe hanno

dovuto affrontare.

Oggi celebriamo la Santa Famiglia, così

diversa dalle nostre famiglie (una madre

Vergine, un padre adottivo, un figlio

che è Dio!) eppure così identica alle

nostre nelle dinamiche affettive.

Se, dicevamo, Natale ci obbliga a chiederci

se davvero vogliamo un Dio così inerme,

la meditazione di questa famiglia e dei

trent’anni vissuti a Nazareth, se possibile,

ci forniscono spunti ancora più incisivi.

Dio cresce, quindi.

Cresce nella quotidianità di una famiglia

di povera gente, piena di fede e

donata al Mistero.

Una famiglia che ha qualcosa da dire

alla mia famiglia.

La prima riflessione deriva proprio dal

tran-tran quotidiano che Maria e

Giuseppe vivono.

Siamo abituati a considerare il tempo

diviso in feriale e festivo.

Altro è lo scorrere ripetitivo e noioso dei

giorni, altro è l’evento cui ci prepariamo

con gioia intensa; altra la fatica del lavoro

altra l’ebbrezza delle ferie estive.

Così nella fede; la Domenica, se riusciamo,

ritagliamo cinquanta minuti di Messa

e poi, in settimana, siamo travolti

dagli impegni.

Nazareth ci insegna che Dio viene ad

abitare in casa, che nella quotidianità

e nella ripetitività dei gesti possiamo

realizzare il Regno, fare un’esperienza

mistica, crescere nella conoscenza di Dio.

Possiamo (sul serio!) elaborare una

teologia del pannolino, un trattato

mistico dei compiti dei figli, una

spiritualità del mutuo da pagare o

dell’accudire un famigliare anziano.

La straordinaria novità del cristianesimo

è-appunto!-la sua assoluta ordinarietà.

Coppie che avete un figlio primogenito;

la vostra fatica e le notti insonni, il

rapporto faticoso tra voi a causa della

stanchezza e le preoccupazioni, sono

le stesse di Maria e Giuseppe.

Amici che vivete problemi al lavoro;

anche Giuseppe ha passato notti agitate

prima di chiedere un mutuo, per poter

allargare la bottega da falegname.

Donne che avete consacrato la vostra

vita ai figli; anche Maria ha avuto un

velo di tristezza negli occhi quando

ha visto il suo primo capello bianco.

Dio ha deciso di abitare la banalità,

di colmare lo scorrere dei giorni.

La seconda riflessione deriva dalla

risposta, apparentemente dura e

scortese, che Gesù rivolge ai propri

genitori (da buon adolescente!) riguardo

al suo restare a Gerusalemme; che Egli

si deve occupare delle cose del Padre.

Gesù richiama i propri genitori, al

primato di Dio nella vita di una famiglia.

Siamo insieme per aiutarci a trovare la

felicità, il senso della vita, siamo insieme

per camminare incontro alla pienezza.

Dio non è una superflua appendice alle

nostre scelte, magari da tirare fuori

quando ci sono le feste o qualche problema.

Se diventiamo cercatori di Dio realizziamo

pienamente lo scopo del nostro stare insieme.

Maria e Giuseppe vedono il Mistero

di Dio che gattona e bordeggia, che

passa le notti piangiucchiando per la

nascita di un dentino.

Mi sono chiesto cento volte quanta fede

hanno dovuto avere questi genitori per

dirsi che quel bambino, identico a tutti

i bambini, era davvero il Figlio di Dio.

Giuseppe spesso guardava, alla fine della

giornata, la sua verginale sposa,

imbarazzato per l’immensità della sua

fede, sentendosi un poco inadatto a

tanta meravigliosa tenacia.

Maria, quando portava il caffè a metà

mattinata a Giuseppe con i capelli ricci

pieni di trucioli, benediceva in cuor suo

il Signore per avergli dato un compagno

così semplice e vero.

La Santa Famiglia ci invita a guardare

gli altri membri della famiglia con uno

sguardo di fede e di luce, scovando il

Mistero nascosto nelle persone che

pensiamo statiche e immutabili, come

devo fare io tutti i giorni, nel vedere

mia moglie triste per le sue sofferenze,

ma anche per fatto che, dopo aver fatto

una vita a lavorare per la nostra famiglia,

ora invece non riuscendo più a fare niente,

deve lasciare che sia io ad aiutarla in tutto,

e non è facile, credetemi, neanche per lei,

ma siamo una famiglia e in famiglia ci

si aiuta, come hanno fatto

Maria e Giuseppe, appunto.

Affidiamo a Dio le nostre famiglie

concrete, quelle che abbiamo o che

avremmo voluto avere, con tutta la

fatica e la gioia, le contraddizioni e

le povertà, le emozioni e il bene che

ci sappiamo dare.

Dio ci abita, amici, perciò, vi Auguro

con il cuore una Santa Festa

della Famiglia, Fausto.