mercoledì 20 dicembre 2023

Il Vangelo del Giovedì 21 Dicembre 2023

 

Della 3° settimana di Avvento.

San Pietro Canisio, sacerdote

e dottore della Chiesa

Prima lettura.

Ecco, l'amato mio viene saltando per i monti.

Dal Cantico dei Cantici (2,8-14)

Una voce! L'amato mio!

Eccolo, viene saltando per i monti,

balzando per le colline.

L'amato mio somiglia a una gazzella

o ad un cerbiatto.

Eccolo, egli sta dietro il nostro muro;

guarda dalla finestra, spia dalle inferriate.

Ora l'amato mio prende a dirmi: «Àlzati,

amica mia, mia bella, e vieni, presto!

Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata

la pioggia, se n'è andata; i fiori sono

apparsi nei campi,

il tempo del canto è tornato e la voce della

tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.

Il fico sta maturando i primi frutti e le viti

in fiore spandono profumo.

Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!

O mia colomba, che stai nelle fenditure della

roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami

il tuo viso,

fammi sentire la tua voce, perché la tua voce

è soave, il tuo viso è incantevole».

Parola di Dio.

Vangelo.

A cosa devo che la madre del mio

Signore venga a me?

Dal Vangelo secondo Luca (1,39-45) anno pari.

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta

verso la regione montuosa, in una città di Giuda.

Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta.

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di

Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.

Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed

esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le

donne e benedetto il frutto del tuo grembo!

A che cosa devo che la madre del mio

Signore venga da me?

Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei

orecchi, il bambino ha sussultato di gioia

nel mio grembo.

E beata colei che ha creduto nell'adempimento

di ciò che il Signore le ha detto».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Continua il conto alla rovescia prima del

Natale; Maria ha saputo dall’angelo

dell’inattesa gravidanza di sua cugina

Elisabetta ed invece di rinchiudersi in

se stessa e meditare, eccola in viaggio

verso il Nord per andarla a trovare, un

viaggio faticoso che compie ‘in fretta’,

là dove c’è un bisogno c’è la madre,

come vedremo al matrimonio di Cana.

Quali pensieri animano il cuore di

quest’adolescente?

Quante paure e dubbi affollano i suoi

pensieri?: “Avrò sognato?

Cosa è davvero successo?”.

Finalmente l’incontro tra le due donne,

una giovanissima, l’altra attempata,

prima di potersi parlare i due bambini

già si riconoscono, il Battista scalcia,

come se già volesse indicare, mostrare,

adempiere alla sua vocazione,

lo Spirito Santo ora le avvolge e la

gioia esplode; si fanno i complimenti,

poi cantano, poi danzano; allora è tutto

vero, allora davvero il Dio dei padri

non si è dimenticato di noi!

Davvero le profezie mille volte ascoltate

nella sinagoga, il giorno di sabato, non

erano vecchie illusioni, fatue speranze,

davvero il Dio dei padri è colui che vede

la sofferenza ed interviene!

Elisabetta scuote la testa, da persona

riflessiva e matura qual è, e chiede alla

piccola Maryam; come hai fatto a crederci?

Come sei riuscita a credere che l’immenso

avrebbe abitato il tuo acerbo corpo per

diventare uomo?

E la vecchia cugina formula il più bel

saluto, il complimento più autentico che

mai si potrà fare alla madre del Signore:

“Beata te che ha creduto!”; sì, Maria,

beata te che hai creduto, che ti sei fidata,

che ti sei lasciata fare, beata la tua

incoscienza che crede nel Dio

dell’impossibile, beata la tua

disponibilità a lasciarti sconvolgere

la vita, a metterti in secondo piano,

beata la tua generosità che accetta di

pensare al popolo prima che a se, beata

la tua fede che ci suscita un pò d’invidia

in ogni discepolo dopo di te e tanto,

tanto entusiasmo e preghiera.

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato

il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta

la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

rimetti a noi i nostri debiti come anche

noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e non abbandonarci alla tentazione,

ma liberaci dal male. Amen.

Ave, o Maria, piena di grazia,

il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e

benedetto il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per

noi peccatori, adesso e nell'ora della

nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e

allo Spirito Santo.

Come era nel principio, ora, e

sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Buona giornata, Fausto.

Accompagniamo anche noi Maria, rimaniamo con lei e con Giuseppe in attesa.

 
Maria donna gestante.

“Rimase con lei circa tre mesi.

Poi tornò a casa sua”.

Il Vangelo stavolta non dice se vi

tornò ‘in fretta’, come fu per il

viaggio di andata.

Ma c’è da supporlo.

Da Nazareth era quasi scappata di corsa,

senza salutare nessuno.

Quell’incredibile chiamata di Dio,

l’aveva sconvolta.

Era come se, improvvisamente, all’interno

della sua casetta, si fosse spalancato un

cratere e lei vi camminasse sul ciglio in

preda alle vertigini.

E allora, per non precipitare nell’abisso,

si era aggrappata alla montagna.

Ma ora bisognava tornare.

Quei tre mesi di altura le erano bastati

per placare i tumulti interiori.

Vicino a Elisabetta aveva portato a

compimento il noviziato di una

gestazione, di cui cominciava

lentamente a dipanare il segreto.

Ora bisognava scendere in pianura e

affrontare i problemi terra terra a cui

va incontro ogni donna in attesa.

Con qualche complicazione in più.

Come dirglielo a Giuseppe?

E alle compagne con cui aveva condiviso

fino a poco tempo prima i suoi sogni di

ragazza innamorata, come avrebbe spiegato

il mistero che le era scoppiato nel grembo?

Che avrebbero detto in paese?

Sì, anche a Nazareth voleva giungere in fretta.

Perciò accelerava l’andatura, quasi

danzando sui sassi.

Oltretutto, su quei sentieri di campagna,

vi si sentiva sospinta come dal vento,

di cui, però, le foglie degli ulivi e i

pampini delle viti non lasciavano

percepire la brezza, nell’assolata

calura dell’estate di Palestina.

Per placare il batticuore, che pure tre mesi

prima non aveva provato in salita,

si sedette sull’erba.

Solo allora si accorse che il ventre le si

era curvato come una vela.

E capì per la prima volta, che quella vela,

non si issava sul suo fragile scafo di donna,

ma sulla grande nave del mondo per

condurla verso spiagge lontane.

Non fece in tempo a rientrare a casa, che

Giuseppe, senza chiederle neppure che

rendesse più esaurienti le spiegazioni

fornitegli dall’angelo, se la portò

subito con sé.

Ed era contento di stargli vicino.

Ne spiava i bisogni.

Ne capiva le ansie.

Ne interpretava le improvvise stanchezze.

Ne assecondava i preparativi per un natale

che ormai non doveva tardare.

Una notte, lei gli disse: “Senti,

Giuseppe, si muove”.

Lui, allora, posò sul grembo la mano,

leggera come battito di palpebra,

e rabbrividì di felicità.

Maria non fu estranea alle tribolazioni

a cui è assoggettata ogni comune gestante.

Anzi, era come se si concentrassero in lei

le speranze, sì, ma anche le paure di tutte

le donne in attesa, come quella che aveva

avuto Giulia, uccisa con il suo bambino

che portava in grembo, da chi diceva

di amarla!

Che ne sarà di questo frutto, non ancora

maturo, che mi porto nel seno?

Gli vorrà bene la gente?

Sarà contento di esistere?

E quanto peserà su di me le versetto della

Genesi: “Partorirai i figli nel dolore”?

Cento domande senza risposta.

Cento presagi di luce.

Ma anche cento inquietudini.

Che si intrecciavano attorno a lei quando

le parenti, la sera, restavano a farle

compagnia fino a tardi.

Lei ascoltava senza turbarsi.

E sorrideva ogni volta che qualcuno

mormorava: “Scommetto che sarà femmina”.

Santa Maria, donna gestante, creatura

dolcissima che nel tuo corpo di vergine

hai offerto all’Eterno, la pista d’atterraggio

nel tempo, scrigno di tenerezza entro cui

è venuto a rinchiudersi Colui che i cieli

non riescono a contenere, noi non potremo

mai sapere con quali parole gli rispondevi,

mentre te lo sentivi balzare sotto il cuore,

quasi volesse intrecciare anzi tempo,

colloqui d’amore con te.

Forse in quei momenti ti sarai posta la

domanda, se fossi tu a donargli i battiti,

o fosse lui a prestarti i suoi.

Vigilie trepide di sogni, le tue.

Mentre al telaio, risonante di spole, gli

preparavi con mani veloci pannolini di

lana, gli tessevi lentamente, nel silenzio

del grembo, una tunica di carne.

Chi sa quante volte avrai avuto il

presentimento che quella tunica, un

giorno, gliel’avrebbero lacerata.

Ti sfiorava allora un fremito di tristezza,

ma poi riprendevi a sorridere pensando

che tra non molto le donne di Nazareth,

venendoti a trovare dopo il parto,

avrebbero detto: “Rassomiglia tutto

a sua madre”.

Santa Maria, donna gestante, fontana

attraverso cui, dalle falde dei colli eterni,

è giunta fino a noi l’acqua della vita,

aiutaci ad accogliere come dono, ogni

creatura che si affaccia a questo mondo.

Non c’è violenza che legittimi violenza.

Non c’è programma che non possa saltare di

fronte al miracolo di una vita che germoglia.

Mettiti, ti preghiamo, accanto a tutte le

donne che sono vittime di abusi da parte

di chi dovrebbero amarle.

Sostieni tutte le famiglie in difficoltà a

causa di questa nostra società senza

pudore, rispetto e amore.

Aiuta chi è oppresso dal delirio dei

guerrafondai, che l’unica cosa che gli

interessa è il guadagno, senza rispetto

per chi soffre.

Santa Maria, donna gestante, grazie

perché, se Gesù l’hai portato nel grembo

nove mesi, noi, ci stai portando tutta la vita.

Donaci la tue fattezze.

Modellaci sul tuo volto.

Trasfondici i lineamenti del tuo spirito.

Perché, quando giungerà per noi il nostro

ultimo natale, se le porte del cielo ci si

spalancheranno dinanzi senza fatica,

sarà solo per questa nostra, sia pur

pallida, somiglianza con te.

Aspettiamo anche noi, amici, insieme

a Maria che arrivi il Natale, Fausto.