sabato 13 agosto 2022

Il Vangelo di Domenica 14 Agosto 2022

 

Della 20° Domenica del Tempo Ordinario.

S. Massimiliano Maria Kolbe, presbitero e martire.

Prima Lettura

Mi hai partorito uomo di contesa per tutto il paese.

Dal libro del profeta Geremìa (38,4-6.8-10)

In quei giorni, i capi dissero al re: «Si metta a morte Geremìa, appunto perché

egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il

popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere

del popolo, ma il male».

Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha

poteri contro di voi».

Essi allora presero Geremìa e lo gettarono nella cisterna di Malchìa, un figlio

del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione.

Calarono Geremìa con corde.

Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremìa affondò nel fango.

Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini

hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremìa, gettandolo

nella cisterna.

Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città».

Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre

uomini di qui e tira su il profeta Geremìa dalla cisterna prima che muoia».

Parola di Dio.

Seconda Lettura.

Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti.

Dalla lettera agli Ebrei (12,1-4)

Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto

tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza

nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà

origine alla fede e la porta a compimento.

Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce,

disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.

Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande

ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.

Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato.

Parola di Dio.

Vangelo

Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.

Dal Vangelo secondo Luca (12,49-53) anno C.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco

sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!

Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché

non sia compiuto!

Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?

No, io vi dico, ma divisione.

D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre

contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro

padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora

e nuora contro suocera».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Con la festa dell’Assunzione inizia il lento declino dell’estate e già vediamo

all’orizzonte la ripresa della scuola e l’inizio delle attività autunnali, compresa

quella di riuscire a votare un partito che faccia l’interesse degli italiani,

ma sarà difficile.

La Parola che ci ha accompagnato in questi mesi ancora getta una luce

possente sulla nostra vita, una chiave di lettura, uno stimolo alla conversione.

Il tesoro del Vangelo presso cui abita il nostro cuore ci divora di passione

e di gioia e ci spinge a vegliare nella ricerca della presenza di Dio.

Come Abramo siamo spinti ad uscire dalla banalità, a liberare l’anima che ci

abita per guardare oltre la quotidianità.

Credere è affidarsi, fidarsi, accogliere la Parola su Dio che Gesù è venuto

a pronunciare, superare le mille contraddizioni presenti nei nostri cuori,

affrontare le difficoltà della vita tenendo la luce della speranza accesa nei

cuori, leggere alla luce del Vangelo le incoerenze che troviamo nella nostra

vita e nella vita della comunità cristiana.

Credere è una lotta, un combattimento spirituale.

Molti pensano alla fede come ad una certezza acquisita, un’assicurazione

sulla vita, una semplificazione delle questioni.

Credere, invece, è per sempre imparare, per sempre diventare cercatori, per

sempre orientati e inquieti, rivolti alla totalità che ci sfugge, pur possedendola.

Credere è una lotta.

La Parola di oggi, tanto per darci una scrollata, approfondisce questo tema;

l’annuncio del Vangelo è segno di contraddizione, il mondo, così amato dal

Padre da dare il Figlio, vive con fastidio l’ingerenza divina e preferisce le

tenebre alla luce.

Stento a scrivere queste parole, memore come sono dell’incontro con troppi

sé-dicenti credenti, all’apparenza fieri propugnatori di valori cristiani, in realtà

persone irrigidite nei propri schemi.

Non voglio né posso, se fedele al Vangelo, immaginare la realtà divisa in due

Parti; i buoni, noi, il grano, il piccolo resto, e i cattivi, gli altri, laicisti,

anticlericali, ostinati nell’errore.

Noi discepoli siamo impastati di mondo, fatti con la stessa terra.

Portiamo nel cuore le stesse contraddizioni e le stesse paure di tutti ma siamo

stati incontrati dalla luce.

Questa scoperta ci allarga il cuore, ci mette in una condizione nuova,

diventiamo capaci di amare.

E nell’amore si gioca il confronto col mondo, non nella sfida.

Se annunciamo il Vangelo e siamo derisi soffriamo per l’altro, non per il

nostro amor proprio ferito!

Geremia, profeta inquieto e sfortunato, ci è presentato come modello, come

uno di quegli uomini da imitare, come ci suggerisce la lettera agli Ebrei.

Me infelice!

Nato vicino a Gerusalemme, appassionato di Dio e del suo popolo, Geremia

passerà la sua vita a convincere il re di Giuda e la popolazione di Gerusalemme

a non opporsi alla nascente potenza di Babilonia.

Certi della propria diplomazia e dell’appoggio dell’Assiria e dell’Egitto,

i giudei considerano le profezie di Geremia come iattura e lo perseguitano.

Il brano di oggi ci racconta di come Geremia sia gettato nella cisterna a

morire nel fango e poi salvato in extremis.

Soffre duramente di questa situazione, l’inquieto profeta, che vorrebbe

annunciare pace e deve redarguire, che vorrebbe profetare il bene e vede

la tragedia avvicinarsi.

Purtroppo le previsioni di Geremia di avvereranno; Gerusalemme cadrà sotto

il re Nabucodonosor e oltre ottomila capifamiglia verranno deportati in Babilonia.

Essere discepoli porta ad amare teneramente le persone destinatarie dell’annuncio,

essere discepoli significa cercare in sé la verità per poi offrirla agli altri, essere

discepoli significa non essere capiti proprio dalle persone che ami.

Gesù lo dice, parlando di sé, immaginando l’evoluzione che avrà il suo messaggio.

Dopo la caduta di Gerusalemme ad opera dei romani e la rovinosa distruzione

del Tempio, i seguaci del Nazareno saranno scomunicati dai rabbini e questo

provocherà una frattura dolorosissima ed insanabile all’interno della neonata

comunità cristiana.

Ancora oggi molti sperimentano la contraddizione di scoprire in Cristo una nuova

famiglia, nuove e durature relazioni con fratelli credenti e, nel contempo, un

impoverimento di relazione e una crescente incomprensione con i famigliari di sangue.

Ho visto genitori scagliarsi con ferocia contro le scelte radicali dei propri figli

che decidevano di consacrare la propria vita al Regno.

Ma, senza arrivare a questi eccessi, credo che anche a voi, come è successo a me,

amici, sia successo di vedere cambiare atteggiamento nei vostri confronti in ufficio

o a scuola proprio a causa della vostra scelta evangelica.

Se davvero siamo discepoli mettiamo in conto qualche contrasto, qualche fatica

di troppo; nessuno di noi è più grande del Maestro; se hanno perseguitato Lui

perseguiteranno anche noi.

Cristo è fuoco.

Fuoco che brucia, che divampa, che illumina, che riscalda, che consuma.

Cristo è fuoco e traspare dalla nostra vita.

Se è dal fuoco che si misura il discepolato, i pompieri della fede possono

stare tranquilli.

Vi brucia dentro Cristo?

Vi brucia da non poter fare a meno di pensare a Lui?

Vi è successo di desiderare profondamente di raccontarlo (senza fanatismi

o semplificazioni) a chi vi sta accanto?

Vi è successo di difenderlo in una discussione?

E di essere presi in giro per le vostre convinzioni? No?

Brutto segno; o vivete in un monastero o proprio non si vede che siete cristiani.

Quando sant’Ignazio, fondatore dei Gesuiti, uomo di Dio, innamorato di Dio

inviò i suoi dodici compagni ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini

del mondo allora conosciuti, disse, il giorno della loro partenza: “Andate,

e incendiate il mondo”.

Incendiari sì, ma d’amore.

Anche noi dobbiamo essere degli incendiari d’amore, amici, altrimenti non

siamo veramente innamorati di Cristo, Santa Domenica Fausto.