sabato 14 dicembre 2019

Il Vangelo di Domenica 15 Dicembre 2019


Della 3° Domenica di Avvento.
1° Lettura dal libro del profeta Isaìa (35,1-6a.8a.10)
Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa.
Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo.
Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron.
Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio.
Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti.
Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete!
Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina.
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi.
Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto.
Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa.
Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e
fuggiranno tristezza e pianto.
Parola di Dio.
2° Lettura dalla lettera di san Giacomo apostolo (5,7-10)
Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore.
Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra
finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge.
Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta
del Signore è vicina.
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco,
il giudice è alle porte.
Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno
parlato nel nome del Signore.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (11,2-11) anno A.
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere
del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve
venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi
riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi
odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo.
E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che
cosa siete andati a vedere nel deserto?
Una canna sbattuta dal vento?
Allora, che cosa siete andati a vedere?
Un uomo vestito con abiti di lusso?
Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!
Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta?
Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta.
Egli è colui del quale sta scritto: "Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via".
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni
il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Possiamo celebrare cento natali senza che, mai, Dio nasca nei nostri cuori.
Perciò ci dedichiamo del tempo, perciò ci concentriamo in questo breve
tempo di avvento.
Siamo qui per essere presi, strappati al turbinio della quotidianità, per fare
come Maria e dimorare nell’ascolto, per riconoscere i tanti profeti che stanno
intorno a noi e ci indicano il Cristo.
Il finto Natale che scorre davanti ai nostro occhi senza il festeggiato sfodera
il suo vuoto; le luminarie addobbano le nostre città, le vetrine si riempiono di
seducenti (e spesso inavvicinabili) doni, il piccolo Bambinello è ormai definitivamente
dimenticato in nome di una distorta visione del rispetto delle fedi altrui.
(Su un mensile ho trovato due-pagine-ben fatte di spiegazione dei simboli di Natale;
la ragione della data, l’albero, i doni. Mai menzionato il Nazareno!)
L’aria, però, è grave.
La crisi continua a togliere prospettive, le rivelazioni diplomatiche tanto attese
ci dicono che gli ambasciatori americani potrebbero aprire un bel sito di gossip,
lo scenario politico è inquietante, la quasi totalità dei miei amici, e anch’io, stringe
alleanze coi famigliari chiedendo di non fare regali per non doverli fare e non
gettare dalla finestra la preziosa tredicesima.
Dopo più di duemila anni di natali, non abbiamo l’impressione che poco o nulla
sia cambiato?
Dio è venuto, bene, e allora?
I forti continuano a fare i prepotenti, le logiche dell’egoismo prevalgono (a volte
anche nella Chiesa), le miserie abbondano, alla faccia del radioso futuro per
l’umanità (sento stamani alla radio che ogni giorno muoiono diecimila bambini di
fame, meno dello scorso anno, dice rassicurante il giornalista. Mi sento molto meglio).
Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso di quello esaltato e scontroso delle
scorse settimane.
Giovanni è in carcere e sa che sta per essere giustiziato a causa della sorda rabbia
di una stizzita e isterica femmina fatale e dalla debolezza di un re-fantoccio.
Giovanni ha vissuto tutta la sua urticante vita solo per preparare la strada al Messia,
lo ha riconosciuto il Messia, nascosto tra la folla dei penitenti che giungevano a
farsi battezzare, lo ha accolto, stupito e frastornato per l’atteggiamento nascosto
e umile del Salvatore del mondo.
Ma ora è perplesso, Giovanni, dubbioso.
Le notizie che gli giungono dai suoi discepoli lo lasciano costernato; il Messia
non sta seguendo le sue orme, non incita con veemenza la gente, ha assunto un
profilo basso, mediocre.
Giovanni (ricordate?) minacciava la vendetta di Dio, il fuoco divorante.
Gesù, invece, propone un perdono incondizionato, rimette le colpe, non minaccia
né attua vendetta, dice che quel fuoco lo vuole accendere, certo, ma a partire
dall’amore, non certo dal timore.
È troppo diverso questo Messia dal Messia atteso da Giovanni e da Israele,
troppo diverso.
Diverso dal Dio che vorremmo noi, che vorrei io, che magari vorreste voi.
Dio ci spiazza sempre, è sempre radicalmente diverso da come ce lo immaginiamo.
Anche le persone che, come Giovanni, vivono la radicalità della fede, rischiano
di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza.
La venuta di Dio che Giovanni-e noi-si aspetta, è una venuta evidente, un irrompere
nella storia con fragore assordante e schiere di angeli trionfanti.
Gesù, invece, ci svela il volto di un Dio celato, evidente, sì, ma non banale, pieno
di ogni tenerezza e sensibilità.
Siamo abituati, come Giovanni, a dividere il mondo in buoni e cattivi, i buoni
(spesso noi!) da salvare e i cattivi da punire, per rimettere un pò in sesto il palese
squilibrio di questo mondo, che premia gli arroganti e bastona i giusti.
Gesù ci spiazza svelandoci che Dio, invece, divide il mondo in chi ama, o cerca
di amare, o almeno si lascia amare, e chi no.
E l’amore è una possibilità immensa, l’unica cosa che tutti ci lega.
Non i risultati, non gli sforzi, non le buone azioni ci salvano, ma la volontà di
amare nella fragilità di ciò che siamo o che vorremmo essere.
Siete certi di Dio?
Riprendiamo in mano il Vangelo e chiediamo nella preghiera, a Dio, di condurci
nell’autenticità, sempre.
Siamo pieni di dubbi?
Anche il più grande degli uomini, l’ultimo dei profeti, è stato assalito dai dubbi.
E Gesù, ovvio, non dà una risposta ai discepoli del Battista.
La fede non è evidente, Dio non è il risultato di un ragionamento scientifico,
niente “prove” nella fede, con buona pace di quei simpaticoni scettici che fanno
le radiografie e non trovano l’anima.
Ci sono dati, indizi, solo deboli indizi che lasciano intatta l’ambiguità del segno.
Non è Dio che deve dimostrare qualcosa, sono io che devo cambiare ed accorgermi.
Gesù elenca i segni messianici profetizzati da Isaia e dice a suo cugino: “Guardati
intorno, Giovanni”.
Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della presenza di Dio; quanti amici
hanno incontrato Dio, gente disperata che ha convertito il proprio cuore, persone
sfregiate dal dolore che hanno imparato a perdonare, fratelli accecati dall’invidia
o dalla cupidigia che hanno messo le ali e ora sono diventati gioia, bene e amore
quotidiano, crocefisso donato.
Guarda, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa della venuta del Messia.
Anch’io li ho visti, quei segni.
Anch’io-credetemi-ho visto la forza dirompente del Vangelo, ho visto persone
cambiare, guarire, scoprire.
Anch’io ho visto nelle pieghe del nostro mondo corrotto e inquieto gesti di totale
gratuità, vite consumate nel dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni
di solitudine ed egoismo.
Ho visto, amici, i tanti segni del Regno.
Ho visto, anche recentemente, costruire comunità dal nulla, persone che non si
arrendono alla disperazione e combattono per la giustizia, ho visto genitori mettere
al centro la famiglia e i propri figli, ho visto persone vere.
Che sia questo il nostro problema principale?
Una miopia interiore che ci impedisce di godere della nascosta e sottile presenza di Dio?
Prepararsi al Natale significa, allora, convertire lo sguardo, accorgersi che il Regno
avanza, è presente, che io posso renderlo presente.
Impariamo a riconoscere i segni della presenza di Dio, alziamo lo sguardo dal nostro
dolore per accorgerci della salvezza che si attua nelle nostre soffocate città.
Guardiamo meglio.
Poco più di dieci giorni al Natale, per guardare oltre, altrove, riconoscere i segni,
magari diventare segno di speranza per i tanti (troppi, sempre di più) che a Natale
si sentono soli come cani.
E lo sono davvero.
Dieci giorni per dire a chi non sa se Dio c’è ed è amore e si chiede se anche il
Nazareno, in fondo, sia solo un grande bidone: «Dio invece c’è, guarda come
ha cambiato la mia vita, guarda come il dolore non mi ha sfiancato, guarda che,
guarda come sorride, contento, tuo figlio, guarda quanto ti voglio bene, guarda
quanto amore emana».
Buona 3° Domenica di Avvento, amici, si, guardiamo con gli occhi del Signore
la nostra vita, magari ci saranno dei dolori, che è inevitabile, ma ci sono sempre
anche delle cose belle, come l’amore che Lui ha per noi, Fausto.