mercoledì 14 agosto 2019

Il Vangelo del Giovedì 15 Agosto 2019


Della 19° settimana del Tempo Ordinario.
Assunzione della Beata Vergine Maria.
1° Lettura dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (11,19a;12,1-6a.10ab)
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto
i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle.
Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste
e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle
stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare
il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro
di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono.
La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza,
la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».
Parola di Dio.
2° Lettura dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (15,20-27a)
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.
Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà
anche la risurrezione dei morti.
Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta,
quelli che sono di Cristo.
Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere
ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto
i suoi piedi.
L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto
sotto i suoi piedi.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (1,39-56) anno dispari.
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa,
in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta
tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato
di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta
in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di
generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del
loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha
ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come
aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Ferragosto; il cuore dell’estate che ci riporta ogni anno a parlare della bella
di Nazareth; Maria.
La festa dell’Assunzione di Maria, festa che ci richiama all’opera di Dio
in Maria di Nazareth, discepola del Signore.
Non vi nascondo, però, un sottile disagio a parlare di lei.
La ragione principale è la sua connaturale timidezza, di ragazza di paese,
quindicenne, abituata a lavorare in silenzio, lontano dai palchi delle veline.
La seconda ragione del disagio è un’eccessiva devozione nei confronti di Maria,
fatta in buona fede, ovviamente, ma pericolosa.
Pericolosa perché nei fratelli in cerca di Dio, ai catecumeni che vogliono passare
dal cristianismo al discepolato, tutto questo eccesso di zelo frastorna.
Il rischio? Di sottolineare le così tante straordinarietà della madre di Gesù dal
finire coll’allontanarla anni luce dalla (povera) concretezza della nostra vita.
Insomma; il più grande torto che possiamo fare a Maria è metterla in una nicchia
e incoronarla con una corona d’oro!
Da ridere, al solito; Dio ci dona una discepola esemplare, una donna (Forte Dio,
in un mondo di maschilisti pone una donna a modello!) che, per prima, ha scoperto
il volto del Dio incarnato, e noi subito a metterla sul piedistallo, santa stratosferica
da invocare nei momenti di sofferenza.
Per favore, no!
Maria ci è donata come sorella nella fede, come discepola del Signore, come
madre dei discepoli e come modello di vita.
Il cuore del suo cammino è narrato da Luca, in quella corsa frenetica, tumultuosa,
che Maria compie all’indomani dell’annuncio dell’angelo.
Non gli aveva forse detto, l’angelo, della gravidanza della sua vecchia cugina?
Maria parte volentieri da Nazareth, ha bisogno di riflettere, di capire.
Ha paura di essersi sbagliata, di avere avuto un colpo di sole.
Possibile? Il Messia verrà? Possibile?
Lei è stata scelta come madre?
Maria sale a sud, due giorni di viaggio, pensieri che affollano la sua mente.
Forse è in compagnia di Giuseppe, non era opportuno che le donne
viaggiassero da sole.
In una parrocchia, dedicata alla Visitazione, un simpatico pittore dell’ottocento
ha rappresentato l’incontro fra le due donne.
In secondo piano, dell’affresco della volta, Zaccaria e Giuseppe si fanno un
cenno con la mano, un pò protagonisti marginali di questo affare misterioso
di donne che è la maternità, mistero che estranea un pò noi omaccioni.
E l’incontro tra la matura Elisabetta e l’adolescente Maria è un’apoteosi,
un fuoco d’artificio.
Solo loro sanno, solo loro capiscono, i servi e i famigliari guardano attoniti
queste due donne che ridono e si abbracciano e piangono di gioia.
Roteano nella polvere, ora, Elisabetta solleva in un abbraccio la piccola Maria:
“Come sei cresciuta!
Che bella che sei”; poi la posa, la guarda scuotendo la testa: “Come hai fatto
a credere, Maria?”.
Sì, Maria, anche noi lo ripetiamo, scuotendo la testa; come hai potuto credere
che davvero Dio diventasse sguardo, sudore e calore nel tuo ventre?
Come hai fatto a credere che-sul serio-Dio avesse bisogno di te, e di noi,
per salvare l’umanità?
Come hai fatto a credere che il tuo acerbo ventre contenesse l’Assoluto?
Beata te che hai creduto Maria.
Beati noi, fragili discepoli, che sentiamo l’orgoglio riempirci di lacrime gli
occhi e la nostalgia della santità mozzarci il fiato, tu sei figlia della nostra
umanità, tu sei il riscatto delle nostre tiepidezze.
E Maria canta e danza roteando nella polvere.
Allora è tutto vero, ciò che ha visto era davvero il messaggero di Dio, allora
tutte le stanche e impolverate profezie ascoltate il Sabato in sinagoga,
si stavano realizzando.
Dio non si è stancato del suo popolo, Dio non l’ha abbandonato, non ci ha
abbandonato, Dio è presente.
La danza finisce in un canto, lo stupore della logica di Dio che prende una
quindicenne illeterata, figlia povera di una terra occupata, in un tempo senza
internet e networks, per salvare l’umanità.
Ecco, amici, questa è la festa dell’Assunzione, la storia di una discepola che
ha creduto davvero nella Parola del suo Dio, che insegna a noi, tiepidi credenti,
l’ardire di Dio, la follia dell’Assoluto.
Questa donna, noi crediamo, dopo la lunga esperienza di una fede abitata dal
Mistero, è andata, prima tra i credenti, al Dio che l’aveva chiamata.
Non poteva conoscere la corruzione della morte colei che aveva dato alla luce
l’autore della vita.
Siamo in buona compagnia, amici!
Lasciamoci fare, allora, grandi cose ha fatto Dio in Maria; grandi cose può fare
in noi, se lo lasciamo fare.
Sì amici, tante volte lamentiamo la mancanza di Dio; non è così, siamo noi a
tenerlo lontano, impariamo da Maria, lasciamo fare a Lui e non ci pentiremo.
Santa Festa dell’Assunzione di Maria di Nazareth al Cielo, amici Fausto.