sabato 21 dicembre 2019

Il Vangelo di Domenica 22 Dicembre 2019


Della 4° Domenica di Avvento.
1° Lettura dal libro del profeta Isaìa (7,10-14)
In quei giorni, il Signore parlò ancora ad Àcaz: «Chiedi per te un segno dal
Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».
Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».
Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide!
Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio?
Pertanto il Signore stesso vi darà un segno.
Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
Parola di Dio.
2° Lettura dalla lettera di san Paolo ai Romani (1,1-7)
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il
vangelo di Dio–che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre
Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne,
costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della
risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo
ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte
le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da
Gesù Cristo–, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata,
grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24) anno A.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di
Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera
dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla
pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un
angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di
prendere con te Maria, tua sposa.
Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce
un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore
per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa "Dio con noi".
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo
del Signore e prese con sé la sua sposa.
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Accoglie il Natale chi tiene sveglia dentro di sé la speranza di essere preso dal Signore.
Profeti come Giovanni ci invitano a prepararci ad accogliere un Dio che incendia.
Come Maria, la nostra vita può diventare la porta d’ingresso di Dio nel mondo.
No, non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce.
È nato il Signore, è morto ed è risorto.
Lo proclamiamo Signore e Dio della Storia.
Anche se, come Giovanni il Profeta, possiamo essere attraversati dal dubbio
più devastante; sei davvero tu o dobbiamo aspettarne un altro?
Ecco la sfida dell’avvento, di questo Avvento; fare spazio in noi affinché la
luce di Dio possa risplendere.
Come è successo al più sfortunato dei santi, Giuseppe.
Giuseppe, sposo sfortunato.
Lo so, sono irriverente. Portate pazienza.
Ma, alla fine della storia, Giuseppe è un poveraccio a cui Dio ha soffiato la ragazza.
E ci viene proposto, nell’ultima domenica di Avvento, come modello.
Molti di voi mi hanno scritto, in settimana, identificandosi col profeta
dubbioso; se il più grande uomo mai nato ha avuto dei dubbi, può succedere
anche a me di averne.
Oggi la liturgia osa di più; il patrono della Chiesa, il padre di Gesù, lo sposo
di Maria è stato un uomo che ha dovuto cambiare radicalmente la sua vita,
uno che si è trovato nei guai fino al collo.
E non ne è mai più uscito.
Non è detto che l’incontro con Dio ti spiani la vita a suon di angioletti danzanti.
Chiedetelo a Giuseppe. L’uomo delle notti insonni.
Matteo ci racconta stringatamente della nascita di Gesù, ma dal punto di
vista di Giuseppe.
È essenziale, perché si rivolge a degli ebrei, per parlare del maschio di casa.
Dalla discendenza di Davide doveva provenire il Messia, e Giuseppe proviene
da quella discendenza.
Solo che rispetto ai maschi che ascoltavano, ha avuto un percorso
decisamente particolare.
Maria e Giuseppe sono fidanzati, hanno un regolare contratto di matrimonio
stipulato dai rispettivi genitori.
Maria è giovanissima, Giuseppe non lo sappiamo.
Se vi piace restare fedeli al Vangelo, non sappiamo molto di lui.
Presumiamo che fosse un bravo e onesto ragazzo del paese, nulla di più.
Ma potete anche osare, facendo vostra una antica tradizione che vuole
Giuseppe un vedovo che decide di prendere con sé Maria.
Stretto, ma ci sta perché lo vediamo sempre con barba bianca e lunga.
Quello che Matteo vuole dirci, però, è decisamente più semplice; l’unico
a sapere che quel bambino non era suo è proprio Giuseppe.
Osiamo immaginare la sua notte insonne di maschio ferito?
La disperazione, la rabbia, il desiderio di vendetta?
Vendetta a portata di mano, e benedetta dalle leggi che gli uomini
attribuiscono a Dio, spesso; cioè, lapidazione.
Una donna adultera va lapidata, non ci sono storie.
Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge di Dio deve far uccidere la
sua futura sposa.
Alcuni studiosi sostengono che tale pratica non era più in voga in quel tempo,
ma l’onta e il disonore sì.
E Giuseppe, per essere devoto e ligio alla Legge vera di Dio che porta nel
cuore, decide di mentire.
Perciò, è un pio bugiardo.
Dirà al rabbino di non volere più sposare Maria, che si è stancato di lei.
Maria tornerà mestamente alla casa dei suoi, nessuno la vorrà più come
sposa, ma, almeno, avrà salva la vita e l’onore.
È giusto, Giuseppe, perché non giudica secondo le apparenze, perché non
brandisce la Legge di Dio come una clava.
È giusto, perché lascia prevalere la misericordia e l’amore alla vendetta,
al suo orgoglio ferito.
È giusto, Giuseppe. Averne come lui.
La decisione è presa.
Ora arriva un pò di sonno, mentre l’ultima stella della sera scompare.
Il sonno è agitato, confuso.
E Giuseppe sogna.
Sogna di angeli rassicuranti, di spiegazioni misteriose, di un figlio che è di Dio
ma che avrà il nome del falegname.
A Maria Dio chiede un corpo, a Giuseppe di portare la croce di allevare un
figlio non suo.
Come i tanti padri che tirano la carretta ogni giorno, senza far pesare in
famiglia la situazione finanziaria traballante, ingoiando rospi, lasciando
da parte loro stessi.
Ora capisce il sogno, perché ha scelto di non seguire l’odio che portava nel cuore.
È libero, Giuseppe. Giusto e sognatore.
Come gli uomini e le donne che, in mezzo all’oceano di nulla che sta
sommergendo la nostra civiltà occidentale, osano ancora sognare e sperare.
Averne di uomini e donne così.
Aveva certamente dei progetti, il buon Giuseppe; un laboratorio più grande,
una casa spaziosa, dei figli cui insegnare l’uso della pialla e dello scalpello.
Non aveva grandi pretese, questo figlio di Israele, un piccolo sogno da
vivere con una piccola sposa.
Ma Dio ha bisogno della sua mitezza e della sua forza, sarà padre di un figlio non
suo, amerà una donna silenziosamente, come chi prende in casa l’Assoluto di Dio.
Giuseppe accetta, si mette da parte, rinuncia al suo sogno per realizzare il
sogno di Dio e dell’umanità.
Giuseppe è il patrono silenzioso di chi aveva dei progetti ed ha accettato che
la vita glieli sconvolgesse.
Dio ha bisogno di uomini così. Di credenti così.
Pochi giorni al Natale, Giuseppe, dal silenzio in cui è rimasto, custode e tutore
della Santa Famiglia, veglia su di noi e ci chiede di imitare la sua grandezza.
Averne di famiglie così.
Buona 4° Domenica di Avvento, amici, verissimo, riscopriamo la famiglia,
la nostra famiglia, quella che assomiglia alla famiglia di Nazareth, Fausto.

Ecco amici la certezza della nostra salvezza, 6° giorno della Novena di Natale.


21 Dicembre; 6° giorno della Novena di Natale.
Un incontra tra madri e, da quell’incontro c’è la certezza
che nascerà il Salvatore del mondo, il Cristo Signore Gesù.
Preghiamo per tutte quelle madri che hanno messo a
disposizione il loro ventre per dare alla luce una nuova
vita, il loro figlio, che ameranno per tutta la vita.
Non c’è la sala d’aspetto di un reparto maternità, che non ci dia il senso
dell’attesa, della confidenza, del racconto, dello scambio di nuove vite.
Apprensioni e certezze, timori e serenità, speranze e sogni si confondono in
dialoghi serrati, in cenni di soddisfazioni e racconti di dolore.
Loro, i bambini che ancora stanno nel seno della madre, che ancora non si vedono,
ma che ci sono e hanno già trasformato la vita delle madri, loro sono il centro
ormai delle loro famiglie.
Ci sono, hanno diritti, hanno già carattere, hanno espressività, esigenze, ascoltano,
percepiscono se sono protetti o rifiutati, amati o sopportati.
Sono loro i due bambini annunciati a Maria e ad Elisabetta che calcano la bellissima
scena raccontata da Luca di queste due madri che si incontrano sui monti della Palestina.
Lei, la giovane Maria, ancora confusa dal grande dono che Dio le ha fatto, non
sta nella pelle sapendo che la sua vecchia cugina aspetta un bambino.
Va nella casa di Zaccaria per incontrare Elisabetta.
Sono sei mesi che è chiusa in casa perché ha vergogna a far sapere che alla sua
età aspetta un bambino.
Maria pure si porta dentro un segreto che ancora nessuno sa.
Chi lo svelerà sarà Gesù stesso, che farà sobbalzare di gioia nel seno di Elisabetta
il figlio della promessa fatta a Zaccaria nel tempio.
E le madri che si portano in seno la storia del mondo si scambiano quel saluto
che fa parte della preghiera più semplice che fiorisce sulle labbra anche del
miscredente più incallito.
L’angelo aveva detto: “Ave, piena di grazia, il Signore è con te”.
Ed Elisabetta continua: “Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto è il
frutto del tuo seno”.
È la prima contemplazione verso il Dio incarnato, la prima adorazione che
continuerà nel sacramento dell’Eucaristia per tutti i secoli a venire.
Ancora la donna è centrale nella vita di fede.
Ancora la maternità è decisiva per la vita non solo del mondo, ma anche della
fede cristiana.
È quella maternità che oggi è tanto bersagliata, che si distrugge nella soppressione
della vita nel seno della madre, di una vita già definita, delineata nei suoi tratti,
già soggetto di diritti, ma fragile e debole, povera e indifesa.
Quei due bambini, quelle due storie di popolo condensate nei loro lineamenti
non conclusi, ma già impostati e progettati, sono l’incontro della sete e della
sorgente, del passato e del futuro, dell’attesa e della speranza, della promessa e
del compimento, come lo è ogni bambino concepito nel seno di una donna.
Nel presepio che andremo a visitare, troveremo anche la gioia di una maternità
offerta e portata a compimento, sempre dono inaspettato di Dio.
Vieni Gesù, ti aspettiamo.
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il
tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua
volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a
noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri
debitori, e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen.
Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto
del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, ora, e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.
Buona giornata, aspettando il Signore che viene, Fausto.