sabato 25 dicembre 2021

Il Vangelo di Domenica 26 Dicembre 2021

 

Ottava di Natale.

Santo Stefano, primo martire Diacono.

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Prima Lettura

Samuele per tutti i giorni della sua vita è richiesto per il Signore.

Dal primo libro di Samuèle (1,20-22.24-28)

Al finir dell'anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò

Samuèle, «perché-diceva-al Signore l'ho richiesto».

Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni

anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al

marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo

a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre».

Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di

farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era

ancora un fanciullo.

Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona,

mio signore.

Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di

te a pregare il Signore.

Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che

gli ho richiesto.

Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli

è richiesto per il Signore».

E si prostrarono là davanti al Signore.

Parola di Dio.

Seconda Lettura

Siamo chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (3,1-2.21-24)

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati

figli di Dio, e lo siamo realmente!

Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.

Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato

ancora rivelato.

Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui,

perché lo vedremo così come egli è.

Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio,

e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi

comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.

Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo

Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.

Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui.

In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Parola di Dio.

Vangelo

Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.

Dal Vangelo secondo Luca (2,41-52) anno C.

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.

Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.

Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù

rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.

Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi

si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato,

tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri,

mentre li ascoltava e li interrogava.

E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza

e le sue risposte.

Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai

fatto questo?

Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».

Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate?

Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».

Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.

Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Festa della famiglia, recita la liturgia.

Festa della mia famiglia, aggiungo io.

Della famiglia concreta, oggettiva, reale da cui provengo o che ho formato

o che desidero formare.

E, di questi tempi, stride e fa riflettere questa festa, una quasi provocazione che

vola alto sopra le nostre beghe politiche e sociali, che infonde vigore ed energia

alla nostra quotidianità, che ridà spessore al nostro Natale.

Che ci piaccia o no la famiglia è e resta il cuore del nostro percorso di vita, (alla

faccia di quei politici che la vogliono distruggere), della nostra educazione,

spesso è all’origine di molta sofferenza, di qualche delusione e, grazie al cielo,

di immensa gioia.

Fa sorridere che Dio abbia voluto sperimentare l’esperienza famigliare.

Fa riflettere che, per farlo, abbia scelto una famiglia così anomala e complicata.

Stupisce che la Chiesa si ostini a proporre questa famiglia come modello, dove

la coppia vive nell’astinenza, il figlio è la presenza del Verbo di Dio, e i coniugi

si ritrovano a scappare a causa della improvvida notorietà del neonato.

Ma non è nella diversità che vogliamo seguire Maria e Giuseppe, ma nella

loro concretezza di coppia che vede la propria vita ribaltata dall’azione di Dio

e dal delirio degli uomini, nella loro capacità di mettersi da parte, sul serio,

senza ricatti, senza patemi, per inserirsi in un progetto più grande, quello che

Dio ha sul mondo.

Maria stringe forte a sé il piccolo neonato che sente il calore e l’odore della sua pelle.

Giuseppe, ora, è sereno.

L’avventura di far nascere il proprio figlio primogenito lontano da casa l’ha

duramente provato, ma ora, dopo quella tumultuosa notte piena di emozioni

e di segni, il giovane Giuseppe si sente pieno di fiducia per il futuro.

Gesù è stato affidato al Dio di Israele, come prescritto, e nel grandioso Tempio

di Gerusalemme un vecchio ha preso in braccio il bambino profetizzando.

Dopo la lunga e dolorosa permanenza in Egitto, Maria e Giuseppe tornano

a Nazareth, dove Gesù cresce.

Ed è un Gesù adolescente che scappa dai genitori, per discutere con i dottori

della Legge della Torah, al centro della riflessione del Vangelo di oggi.

Che tenerezza trovare due genitori in difficoltà col figlio in piena crisi adolescenziale!

Potrei continuare così per tre pagine, nel maldestro tentativo di ridare

concretezza alla famiglia di Nazareth.

Siamo tutti talmente presi dalle emozioni del Natale (che spero sia stato un

buon Natale per ciascuno di voi!) da dimenticare il peso della concretezza che,

come ogni famiglia, Maria e Giuseppe hanno dovuto affrontare.

Oggi celebriamo la Santa Famiglia, così diversa dalle nostre famiglie (una

madre Vergine, un padre adottivo, un figlio che è Dio!) eppure così identica

alle nostre nelle dinamiche affettive.

Se, dicevamo, Natale ci obbliga a chiederci se davvero vogliamo un Dio così

inerme, la meditazione di questa famiglia e dei trent’anni vissuti a Nazareth,

se possibile, ci forniscono spunti ancora più incisivi.

Dio cresce, quindi.

Cresce nella quotidianità di una famiglia di povera gente, piena di fede

e donata al Mistero.

Una famiglia che ha qualcosa da dire alla mia famiglia.

La prima riflessione deriva proprio dal tran-tran quotidiano che

Maria e Giuseppe vivono.

Siamo abituati a considerare il tempo diviso in feriale e festivo.

Altro è lo scorrere ripetitivo e noioso dei giorni, altro è l’evento cui ci prepariamo

con gioia intensa; altra la fatica del lavoro altra l’ebbrezza delle ferie estive.

Così nella fede; la Domenica, se riusciamo, ritagliamo cinquanta minuti di

Messa e poi, in settimana, siamo travolti dagli impegni.

Nazareth ci insegna che Dio viene ad abitare in casa, che nella quotidianità

e nella ripetitività dei gesti possiamo realizzare il Regno, fare un’esperienza

mistica, crescere nella conoscenza di Dio.

Possiamo (sul serio!) elaborare una teologia del pannolino, un trattato mistico

dei compiti dei figli, una spiritualità del mutuo da pagare.

La straordinaria novità del cristianesimo è-appunto!-la sua assoluta ordinarietà.

Coppie che avete un figlio primogenito; la vostra fatica e le notti insonni,

il rapporto faticoso tra voi a causa della stanchezza e le preoccupazioni,

sono le stesse di Maria e Giuseppe.

Amici che vivete problemi al lavoro; anche Giuseppe ha passato notti agitate

prima di chiedere un mutuo, per poter allargare la bottega da falegname.

Donne che avete consacrato la vostra vita ai figli; anche Maria ha avuto un

velo di tristezza negli occhi quando ha visto il suo primo capello bianco.

Dio ha deciso di abitare la banalità, di colmare lo scorrere dei giorni.

La seconda riflessione deriva dalla risposta, apparentemente dura e scortese,

che Gesù rivolge ai propri genitori (da buon adolescente!) riguardo al suo

restare a Gerusalemme dopo la Festa di Pasqua; Egli si deve occupare delle

cose del Padre.

Gesù richiama i propri genitori (!) al primato di Dio nella vita di una famiglia.

Siamo insieme per aiutarci a trovare la felicità, il senso della vita, siamo

insieme per camminare incontro alla pienezza.

Dio non è una superflua appendice alle nostre scelte, magari da tirare fuori

quando ci sono le feste o qualche problema.

Se diventiamo cercatori di Dio realizziamo pienamente lo scopo del

nostro stare insieme.

Maria e Giuseppe vedono il Mistero di Dio che gattona e bordeggia, che passa

le notti piangiucchiando per la nascita di un dentino.

Mi sono chiesto cento volte quanta fede hanno dovuto avere questi genitori

per dirsi che quel bambino, identico a tutti i bambini, era davvero il Figlio di Dio.

Giuseppe spesso guardava, alla fine della giornata, la sua verginale sposa,

imbarazzato per l’immensità della sua fede, sentendosi un poco inadatto

a tanta meravigliosa tenacia.

Maria, quando portava il caffè a metà mattinata a Giuseppe con i capelli

ricci pieni di trucioli, benediceva in cuor suo il Signore per avergli dato un

compagno così semplice e vero.

La Santa Famiglia ci invita a guardare gli altri membri della famiglia con

uno sguardo di fede e di luce, scovando il Mistero nascosto nelle persone

che pensiamo statiche e immutabili.

Affidiamo a Dio le nostre famiglie concrete, quelle che abbiamo o che

avremmo voluto avere, con tutta la fatica e la gioia, le contraddizioni

e le povertà, le emozioni e il bene che ci sappiamo dare.

Dio ci abita.

Dio abita la nostra famiglia, ogni famiglia.

Santa Domenica della famiglia amici, Fausto.