Della 6° Domenica del
Tempo Ordinario.
1° Lettura dal libro del profeta Geremia (17,5-8)
2° Lettura dalla Prima
lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (15,12.16-20)
Dal Vangelo secondo
Luca (6,17.20-26) anno C.
In quel tempo,
Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante.
C'era gran folla di
suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea,
da Gerusalemme e
dal litorale di Tiro e di Sidone.
Ed egli, alzati gli
occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri,
perché vostro è il
regno di Dio.
Beati voi, che ora
avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora
piangete, perché riderete.
Beati voi, quando
gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando
e vi insulteranno e
disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa
del Figlio
dell'uomo.
Rallegratevi in
quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa
è grande nel cielo.
Allo stesso modo
infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora
siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora
ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti
gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo
infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
Parola del Signore.
Riflessione personale
sul Vangelo di oggi.
Pietro e Andrea hanno lasciato
tutto per diventare pescatori di umanità, hanno
lasciato ciò che li legava, le
reti, invece di riassettarle come facciamo noi
tutti i giorni.
Hanno creduto che-sul serio-Dio
chiede in prestito la barca della nostra vita
per raccontare il Regno.
Non è un ostacolo la nostra
fragilità, non ferma Dio il nostro limite; proprio
di noi egli ha bisogno.
Pietro e Andrea hanno conosciuto
altri come loro; pescatori del lago, uno
zelota, un pubblicano.
Gente diversa, particolare; nulla
sarebbe mai riuscito a metterli insieme se
non la curiosità nel seguire quel
Nazareno pieno di Dio.
Poi, dopo qualche mese di
vagabondaggio in Galilea, proprio lì, sulle sponde
del lago, Gesù racconta a loro e
a noi il segreto della felicità.
Beatitudini
«Beati» dice il Signore.
Cioè: “siete felici se”, “avete
il cuore colmo se”, “sprizzate di gioia se”:
una vera rivelazione.
Non è forse la gioia ciò che
cerchiamo più di ogni altra cosa?
Gesù sta per indicarci la strada
verso la pienezza?
Finalmente Dio si decide a
sbottonarsi e ci dona la soluzione all’enigma
della vita?
Ma, subito, l’entusiasmo si
smorza.
Beati i poveri, beati quelli che
piangono, quelli che sono perseguitati
e insultati, dice il Rabbì.
Ma come? Gesù dichiara felice chi
soffre? Chi è bastonato dalla vita?
Gesù conferma l’opinione di molti
credenti che la vita è solo dolore e forse,
ma, chissà, speriamo, un giorno
riceveremo un premio? No.
Gesù non loda la condizione di
fatica, dice che quella condizione può
spalancare ad un’altra verità.
I perdenti, i fessi, quelli che
scelgono di essere semplici, cioè poveri in spirito,
quelli che scelgono di essere
miti in un mondo di squali, quelli che non si
arrendono all’ingiustizia
cronica, quelli che giudicano tenendo conto del cuore
di Dio e non della miseria degli
uomini, quelli che fuggono la doppiezza,
quelli che, pacificati,
costruiscono la pace a costo di pagare di persona, quelli
che, incontrato Dio, non mollano,
sono coloro che fanno esperienza di Dio.
Proprio perché il Dio di Gesù è
mite, e pacificatore e misericordioso e paga
di persona e sa piangere, coloro
che gli assomigliano ne fanno esperienza.
Follia, vero? Sì, è troppo anche
per un folle come me.
Eppure Gesù l’ha detto.
Non cerchiamo la povertà o le
lacrime o la miseria, ma poniamo la nostra
fiducia in Dio; allora
sperimenteremo la felicità che è riempita di emozione
e la superiamo.
La beatitudine è fare esperienza
dell’Assoluto di Dio, del Dio di Gesù, e con
Lui condividere il sogno di una
vita vera, ad ogni costo.
Beati voi
Diversamente dalla versione di
Matteo, Luca sintetizza le beatitudini ed
aggiunge–inattese–quattro
durissime ammonizioni.
Inattese proprio perché le scrive
Luca, lo scriba della mansuetudine di Cristo.
Inattese proprio perché
provengono dalla penna di colui che sempre attenua
i toni, stempera la durezza delle
avversita, ammorbidisce i tratti più aspri della
predicazione di Gesù.
Se Matteo dice: “Beati i
poveri...”, Luca aggiunge: “Beati voi poveri...”.
Luca ha di fronte a sé i poveri,
i perseguitati.
E sa, dalle informazioni che ha
ricevuto da chi c’era, che Gesù, ad un certo
punto, ha alzato lo sguardo oltre
l’orizzonte, oltre le colline di Samaria, verso
Gerusalemme ammonendo i ricchi, i
sazi, i gaudenti.
Ma chi vive in prima linea lo sa,
e apprezza.
Dio crede nella conversione di
ogni uomo, certo.
Ma sa anche quanto sia forte
l’ostinazione e la chiusura.
Per chi vive nel degrado e
nell’illegalità, per chi, come ai tempi di Amos,
calpesta il diritto del povero il
giudizio sarà senza misericordia, poiché non ha
avuto misericordia.
Vedendo le tragiche immagini del
terzo mondo, vedendo che l’economia si
è trasformata in un mostro che
tutto divora, ascoltando la testimonianza di
Luca, che è dovuto andare in
Germania, o di Daniele, licenziato e senza lavoro
da mesi, apprezzo questa sferzata
di Gesù.
E l’apprezzano i fratelli e le
sorelle cristiani (e non) che combattono, che si
dibattono nella barbarie
crescente, facendo come Dio, che difende il diritto
dell’orfano e della vedova.
Ai tanti impegnati in prima linea
ad affrontare problemi immensi della
quotidianità e dell’illegalità
dico; abbiate speranza in Dio, curando l’uomo.
Come scrive Geremia, profeta
inascoltato e perseguitato nella sua Gerusalemme,
l’unica possibilità è quella di
alzare lo sguardo, di non confidare solo nell’uomo.
La nostra speranza, ci ricorda
Paolo, è posta nel Signore risorto, in qualcuno che
è vivo e si rende presente
attraverso il nostro sguardo, non in un progetto umano.
Beati noi che non ci arrendiamo,
perché questo è lo stile di Dio.
Santa Domenica della
Beatitudine, amici, Fausto.
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