sabato 16 febbraio 2019

Il Vangelo di Domenica 17 Febbraio 2019


Della 6° Domenica del Tempo Ordinario.
1° Lettura dal libro del profeta Geremia (17,5-8)
2° Lettura dalla Prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (15,12.16-20)
Dal Vangelo secondo Luca (6,17.20-26) anno C.
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante.
C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea,
da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.
Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando
e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa
del Figlio dell'uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa
è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Pietro e Andrea hanno lasciato tutto per diventare pescatori di umanità, hanno
lasciato ciò che li legava, le reti, invece di riassettarle come facciamo noi
tutti i giorni.
Hanno creduto che-sul serio-Dio chiede in prestito la barca della nostra vita
per raccontare il Regno.
Non è un ostacolo la nostra fragilità, non ferma Dio il nostro limite; proprio
di noi egli ha bisogno.
Pietro e Andrea hanno conosciuto altri come loro; pescatori del lago, uno
zelota, un pubblicano.
Gente diversa, particolare; nulla sarebbe mai riuscito a metterli insieme se
non la curiosità nel seguire quel Nazareno pieno di Dio.
Poi, dopo qualche mese di vagabondaggio in Galilea, proprio lì, sulle sponde
del lago, Gesù racconta a loro e a noi il segreto della felicità.
Beatitudini
«Beati» dice il Signore.
Cioè: “siete felici se”, “avete il cuore colmo se”, “sprizzate di gioia se”:
una vera rivelazione.
Non è forse la gioia ciò che cerchiamo più di ogni altra cosa?
Gesù sta per indicarci la strada verso la pienezza?
Finalmente Dio si decide a sbottonarsi e ci dona la soluzione all’enigma
della vita?
Ma, subito, l’entusiasmo si smorza.
Beati i poveri, beati quelli che piangono, quelli che sono perseguitati
e insultati, dice il Rabbì.
Ma come? Gesù dichiara felice chi soffre? Chi è bastonato dalla vita?
Gesù conferma l’opinione di molti credenti che la vita è solo dolore e forse,
ma, chissà, speriamo, un giorno riceveremo un premio? No.
Gesù non loda la condizione di fatica, dice che quella condizione può
spalancare ad un’altra verità.
I perdenti, i fessi, quelli che scelgono di essere semplici, cioè poveri in spirito,
quelli che scelgono di essere miti in un mondo di squali, quelli che non si
arrendono all’ingiustizia cronica, quelli che giudicano tenendo conto del cuore
di Dio e non della miseria degli uomini, quelli che fuggono la doppiezza,
quelli che, pacificati, costruiscono la pace a costo di pagare di persona, quelli
che, incontrato Dio, non mollano, sono coloro che fanno esperienza di Dio.
Proprio perché il Dio di Gesù è mite, e pacificatore e misericordioso e paga
di persona e sa piangere, coloro che gli assomigliano ne fanno esperienza.
Follia, vero? Sì, è troppo anche per un folle come me.
Eppure Gesù l’ha detto.
Non cerchiamo la povertà o le lacrime o la miseria, ma poniamo la nostra
fiducia in Dio; allora sperimenteremo la felicità che è riempita di emozione
e la superiamo.
La beatitudine è fare esperienza dell’Assoluto di Dio, del Dio di Gesù, e con
Lui condividere il sogno di una vita vera, ad ogni costo.
Beati voi
Diversamente dalla versione di Matteo, Luca sintetizza le beatitudini ed
aggiunge–inattese–quattro durissime ammonizioni.
Inattese proprio perché le scrive Luca, lo scriba della mansuetudine di Cristo.
Inattese proprio perché provengono dalla penna di colui che sempre attenua
i toni, stempera la durezza delle avversita, ammorbidisce i tratti più aspri della
predicazione di Gesù.
Se Matteo dice: “Beati i poveri...”, Luca aggiunge: “Beati voi poveri...”.
Luca ha di fronte a sé i poveri, i perseguitati.
E sa, dalle informazioni che ha ricevuto da chi c’era, che Gesù, ad un certo
punto, ha alzato lo sguardo oltre l’orizzonte, oltre le colline di Samaria, verso
Gerusalemme ammonendo i ricchi, i sazi, i gaudenti.
Ma chi vive in prima linea lo sa, e apprezza.
Dio crede nella conversione di ogni uomo, certo.
Ma sa anche quanto sia forte l’ostinazione e la chiusura.
Per chi vive nel degrado e nell’illegalità, per chi, come ai tempi di Amos,
calpesta il diritto del povero il giudizio sarà senza misericordia, poiché non ha
avuto misericordia.
Vedendo le tragiche immagini del terzo mondo, vedendo che l’economia si
è trasformata in un mostro che tutto divora, ascoltando la testimonianza di
Luca, che è dovuto andare in Germania, o di Daniele, licenziato e senza lavoro
da mesi, apprezzo questa sferzata di Gesù.
E l’apprezzano i fratelli e le sorelle cristiani (e non) che combattono, che si
dibattono nella barbarie crescente, facendo come Dio, che difende il diritto
dell’orfano e della vedova.
Ai tanti impegnati in prima linea ad affrontare problemi immensi della
quotidianità e dell’illegalità dico; abbiate speranza in Dio, curando l’uomo.
Come scrive Geremia, profeta inascoltato e perseguitato nella sua Gerusalemme,
l’unica possibilità è quella di alzare lo sguardo, di non confidare solo nell’uomo.
La nostra speranza, ci ricorda Paolo, è posta nel Signore risorto, in qualcuno che
è vivo e si rende presente attraverso il nostro sguardo, non in un progetto umano.
Beati noi che non ci arrendiamo, perché questo è lo stile di Dio.
Santa Domenica della Beatitudine, amici, Fausto.

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