sabato 17 maggio 2025

Il Vangelo di Domenica 18 Maggio 2025

 

Della 5° Domenica di Pasqua.

San Giovanni I, Papa e martire.

Prima Lettura.

Riferirono alla comunità tutto quello

che Dio aveva fatto per mezzo loro.

Dagli Atti degli Apostoli (14,21b-27)

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba

ritornarono a Listra, Icònio e

Antiòchia, confermando i discepoli ed

esortandoli a restare saldi nella fede

«perché-dicevano-dobbiamo entrare nel

regno di Dio attraverso molte tribolazioni».

Designarono quindi per loro in ogni

Chiesa alcuni anziani e, dopo avere

pregato e digiunato, li affidarono al

Signore, nel quale avevano creduto.

Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero

la Panfìlia e, dopo avere proclamato

la Parola a Perge, scesero ad Attàlia;

di qui fecero vela per Antiòchia, là

dove erano stati affidati alla grazia di

Dio per l’opera che avevano compiuto.

Appena arrivati, riunirono la Chiesa

e riferirono tutto quello che Dio aveva

fatto per mezzo loro e come avesse

aperto ai pagani la porta della fede.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Salmo 144 (145)

Ripetiamo. Benedirò il tuo nome

per sempre, Signore.

 

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Buono è il Signore verso tutti, la sua

tenerezza si espande su tutte le creature. R.

 

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza. R.

 

Per far conoscere agli uomini le tue imprese

e la splendida gloria del tuo regno.

Il tuo regno è un regno eterno, il tuo

dominio si estende per tutte le generazioni. R.

 

Seconda Lettura

Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi.

Dal libro dell'Apocalisse di

san Giovanni apostolo (21,1-5a)

Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una

terra nuova: il cielo e la terra di prima

infatti erano scomparsi e il mare

non c’era più.

E vidi anche la città santa, la Gerusalemme

nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta

come una sposa adorna per il suo sposo.

Udii allora una voce potente, che veniva

dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio

con gli uomini!

Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi

popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.

E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi

e non vi sarà più la morte né lutto né

lamento né affanno,

perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco,

io faccio nuove tutte le cose».

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Allelluia, alleluia.

 

Vi do un comandamento nuovo, dice

il Signore: come io ho amato voi, così

amatevi anche voi gli uni gli altri. (Gv 13,34)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Vi do un comandamento nuovo:

che vi amiate gli uni gli altri.

Dal Vangelo secondo

Giovanni (13,31-33a.34-35) anno C.

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo],

Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo

è stato glorificato, e Dio è stato

glorificato in lui.

Se Dio è stato glorificato in lui, anche

Dio lo glorificherà da parte sua e lo

glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi.

Vi do un comandamento nuovo: che

vi amiate gli uni gli altri.

Come io ho amato voi, così amatevi

anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei

discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Parola del Signore.

Riflessione personale sul Vangelo di oggi.

Gesù ha appena detto ai suoi che uno

di loro sta per consegnarlo.

È turbato, il Maestro.

Ora che l’ora sta per compiersi egli sente

nel suo cuore tutta la fatica del gesto

immenso che sta per fare.

Gli apostoli si guardano l’un l’altro,

pensano che il traditore sia di fronte a loro.

In realtà il traditore è dentro ciascuno di loro.

Giovanni reclina il capo sul cuore di

Gesù e gli chiede: «Chi è, Signore?»

Gesù intinge il pane e lo offre a Giuda

che lo mangia e si irrigidisce.

Dare il pane è il più bel segno di

accoglienza nel popolo di Israele.

Giuda lo interpreta come un’offesa.

Gesù sta svelando a Giuda che è lui

il discepolo più amato.

Vorrebbe stringerlo al proprio petto

perché senta la misura dell’amore.

Giuda è scosso, esce nella tenebra.

Ma con sé, nel suo cuore, porta

il pane, l’Eucarestia.

Gesù si è appena consegnato alla tenebra.

Ma la luce spezzerà il buio più fitto.

E Gesù insiste, esagera; ora sono

stato glorificato, dice.

Ora che Giuda sta andando a tradirlo,

ora che il suo cuore è tenebroso e ostile,

Dio potrà manifestare quanto lo ama.

Nel tradimento di Giuda vediamo la

misura dell’amore di Gesù.

Giuda si è perso, ma il Signore non è

venuto proprio a salvare chi era perduto?

La perdizione non è, appunto, il luogo

teologico della salvezza?

Non veniamo salvati proprio perché,

prima, ci siamo smarriti?

Con Giuda Gesù potrà dimostrare qual’è

la misura dell’amore di Dio;

l’assenza di misura.

Ogni uomo che prende coscienza di sé si

pone la domanda; sono perduto o salvato?

Gesù risponde; sei perduto e sei salvato.

Gli apostoli non capiscono, come non

hanno capito il gesto della lavanda dei piedi.

Pietro, poco dopo, dirà che egli è

disposto a dare la vita per Gesù.

Pietro, ormai, si prende per Dio.

Gesù gli ricorderà che è Lui a dare la

vita per i suoi discepoli.

Un gallo urlerà ricordando a Pietro

il suo limite.

Non per Dio deve morire, ma con Lui.

Tutto ciò che può fare il discepolo

è imitare il Maestro, non sostituirlo.

Tra Giuda e Pietro gli altri evangelisti

pongono l’ultima Cena.

Giovanni salta il racconto della cena per

sostituirlo con la lavanda; la liturgia è falsa

se non diventa servizio al fratello debole.

Giovanni osa di più; tra i due tradimenti

e le due salvezze (Giuda è salvato dal

male, Pietro dal finto bene) inserisce

l’unico comandamento dell’amore.

Gesù ci chiede di amarci (amare me,

amare te) dell’amore con cui egli

ci ha amato.

Del suo amore, col suo amore.

Non con l’amore di simpatia, di scelta,

di sforzo, di virtù.

Con l’amore che, provenendo da Cristo,

può riempire il nostro cuore per poi

defluire verso il cuore degli altri.

Io, non riesco ad amare le persone

antipatiche, né quelle che mi fanno

del male, ovvio.

Solo l’amore che viene da Dio, un amore

teologico, mi permette di poter amare al

di sopra dei sentimenti e delle emozioni.

La Chiesa non è il club dei bravi ragazzi,

delle facili consolazioni, di quelli che

hanno Gesù come hobby; la Chiesa è la

compagnia di coloro che sono stati

incontrati ed amati da Cristo.

Perciò diventano capaci di amare.

Dall’amore dobbiamo essere conosciuti.

Non dalle devozioni, non dalle preghiere,

non dai segni esteriori, non

dall’organizzazione caritative,

ma dall’amore.

L’amore è ciò che maggiormente deve

stare a cuore nella Chiesa.

Che sia vero, che sia libero, che

diventi evidente.

Un amore in equilibrio tra emozione

e scelta, tra enfasi e volontà, che diventi

concreto e fattivo, tollerante e paziente,

autentico e accessibile, che sappia

manifestarsi nel momento della prova

e del tradimento.

Celebrando oggi l’Eucarestia, memoria

del Risorto, cerchiamo anzitutto di

amare di più e meglio, perché chi ci

vede si accorga che in mezzo a noi

dimora il Cristo.

Per glorificare anche noi il Padre.

Ma purtroppo, anche nella Chiesa,

non è così; io me ne sono accorto

nel momento in cui ne avrei

avuto più bisogno.

Da quasi un anno, da quando mia moglie

gli si è aggravata la sua malattia e non

ho più potuto andare a fare servizio in

Chiesa, per poterla accudire perché ha

bisogno di tutto e non posso lasciarla solo

neanche dieci minuti, è venuto il mio

parroco una volta a vedere come stiamo,

quando gli ho comunicato che non potevo

più fare servizio, poi più nulla, abbandonati

come cani, nemmeno una telefonata ne

a Natale e nemmeno a Pasqua.

Pazienza, io però, credo ancora nella

vera Chiesa; quella di Gesù Cristo,

buona Domenica Fausto.

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