sabato 29 giugno 2024

Il Vangelo di Domennica 30 Giugno 2024

 

Della 13° Domenica del Tempo Ordinario.

Santi Primi Martiri della Santa Chiesa di Roma.

Prima Lettura

Per l'invidia del diavolo la morte

è entrata nel mondo.

Dal libro della Sapienza (1,13-15;2,23-24)

Dio non ha creato la morte e non

gode per la rovina dei viventi.

Egli infatti ha creato tutte le cose perché

esistano; le creature del mondo sono

portatrici di salvezza,

in esse non c'è veleno di morte, né il

regno dei morti è sulla terra.

La giustizia infatti è immortale.

Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità,

lo ha fatto immagine della propria natura.

Ma per l'invidia del diavolo la morte è

entrata nel mondo e ne fanno esperienza

coloro che le appartengono.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 29 (30)

 

Ripetiamo. Ti esalterò, Signore,

perché mi hai risollevato.

 

Ti esalterò, Signore, perché mi hai

risollevato, non hai permesso ai miei

nemici di gioire su di me.

Signore, hai fatto risalire la mia vita

dagli inferi, mi hai fatto rivivere

perché non scendessi nella fossa. R.

 

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,

della sua santità celebrate il ricordo,

perché la sua collera dura un istante,

la sua bontà per tutta la vita.

Alla sera è ospite il pianto

e al mattino la gioia. R.

 

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,

Signore, vieni in mio aiuto!

Hai mutato il mio lamento in

danza, Signore, mio Dio,

ti renderò grazie per sempre. R.

 

Seconda Lettura

La vostra abbondanza supplisca

all'indigenza dei fratelli poveri.

Dalla seconda lettera di san Paolo

apostolo ai Corìnzi (8,7.9.13-15)

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa,

nella fede, nella parola, nella conoscenza,

in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo

insegnato, così siate larghi anche in

quest'opera generosa.

Conoscete infatti la grazia del Signore

nostro Gesù Cristo: da ricco che era,

si è fatto povero per voi, perché voi

diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

Non si tratta di mettere in difficoltà voi per

sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza.

Per il momento la vostra abbondanza

supplisca alla loro indigenza, perché

anche la loro abbondanza supplisca alla

vostra indigenza, e vi sia uguaglianza,

come sta scritto: «Colui che raccolse

molto non abbondò e colui che raccolse

poco non ebbe di meno».

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto

la morte e ha fatto risplendere la vita

per mezzo del Vangelo. (Cf. 2Tm 1,10)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Fanciulla, io ti dico: Àlzati!

Dal Vangelo secondo Marco (5,21-43) anno B.

In quel tempo, essendo Gesù passato di

nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò

attorno molta folla ed egli stava lungo il mare.

E venne uno dei capi della sinagoga, di

nome Giàiro, il quale, come lo vide,

gli si gettò ai piedi e lo supplicò con

insistenza: «La mia figlioletta sta

morendo: vieni a imporle le mani,

perché sia salvata e viva».

Andò con lui.

Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di

sangue da dodici anni e aveva molto

sofferto per opera di molti medici,

spendendo tutti i suoi averi senza alcun

vantaggio, anzi piuttosto peggiorando,

udito parlare di Gesù, venne tra la folla

e da dietro toccò il suo mantello.

Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo

a toccare le sue vesti, sarò salvata».

E subito le si fermò il flusso di sangue

e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della

forza che era uscita da lui, si voltò alla

folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?».

I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la

folla che si stringe intorno a te e

dici: “Chi mi ha toccato?”».

Egli guardava attorno, per vedere colei

che aveva fatto questo.

E la donna, impaurita e tremante, sapendo

ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò

davanti e gli disse tutta la verità.

Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti

ha salvata.

Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa

del capo della sinagoga vennero a dire:

«Tua figlia è morta.

Perché disturbi ancora il Maestro?».

Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse

al capo della sinagoga: «Non temere,

soltanto abbi fede!».

E non permise a nessuno di seguirlo,

fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni,

fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga

ed egli vide trambusto e gente che piangeva

e urlava forte.

Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete?

La bambina non è morta, ma dorme».

E lo deridevano.

Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé

il padre e la madre della bambina e quelli

che erano con lui ed entrò dove era la bambina.

Prese la mano della bambina e le disse:

«Talità kum», che significa: «Fanciulla,

io ti dico: àlzati!».

E subito la fanciulla si alzò e camminava;

aveva infatti dodici anni.

Essi furono presi da grande stupore.

E raccomandò loro con insistenza che

nessuno venisse a saperlo e disse di

darle da mangiare.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

La figlia di Giàiro ha dodici anni.

Da dodici anni l’emorroissa soffre di

perdite di sangue.

Dodici è il numero della totalità in Israele,

Marco oggi ci parla di due situazioni in

cui descrive il massimo del dolore, la

totalità della disperazione, l’apoteosi

della tragedia, quando la barca viene

travolta dalla tempesta.

La donna emorroissa non solo è ammalata

e ha girato senza risultato da tutti i più

famosi medici del paese senza risultato.

La sua condizione la rende impura, non può

toccare nessuno senza renderlo impuro.

Non ha vita affettiva, né rapporti sessuali,

forse non ha famiglia né amicizie; la sua

condizione la rende sola.

Giàiro è disperato; esiste un dolore più

devastante della morte di un figlio?

La donna si avvicina timidamente, non

vuol farsi notare.

Non osa chiedere nulla al Maestro,

come potrebbe?

Decide di osare, di trasgredire la legge;

lo tocca.

Poco, lo sfiora appena, il mantello,

certamente non se ne accorgerà.

 “Chi mi ha toccato?”

La donna sbianca, gli apostoli si fermano

nel tentativo di tenere a distanza la folla.

“Non vedi Rabbì? Tutti ti toccano!”.

No, ha ragione Gesù; in mille gli si sono

fatti vicini, ma una sola lo ha toccato.

Ha toccato il cuore di questo Cristo di Dio,

gli ha rubato la forza ed è guarita.

La malattia non è forse lo squilibrio della

nostra armonia interiore?

Il Signore si lascia derubare, la sua forza

dona guarigione e salvezza a questa donna

che si ritiene inadatta, incapace, condannata.

Gesù ci guarisce nel profondo, ci salva

da ogni disarmonia.

Continua il suo cammino Gesù, gli

apostoli lo guardano straniti.

Gesù guarda la donna con un lungo sguardo,

come lo sguardo di Gesù che sceglie i discepoli.

Gli altri, la folla, gli apostoli stessi non sanno.

Lui, il Rabbì, e la donna sì, sanno bene

cosa è successo.

La gente esce fuori dalla casa di Giàiro

urlando; la ragazza è morta.

Gesù insiste, entra, dice che dorme.

E viene deriso. Come?

Viene deriso?

Che gente è che prima urla e un secondo

dopo deride?

Che dolore finto è il loro se si prendono la

briga di denigrare l’affermazione del Nazareno?

Che cattivo gusto hanno queste persone

che passano dalla disperazione alla burla?

Ipocriti, finti, fasulli.

Dolore di facciata, malvagità a malapena

repressa, bieca esteriorità.

Gesù invece sa.

Lui che piangerà davanti all’amico Lazzaro

conosce, partecipa, si lascia coinvolgere.

Darà la vita per Lazzaro, per noi, per me.

Il nostro Dio non è indifferente, non finge

di soffrire.

Domenica scorsa Gesù diceva agli apostoli

impauriti: “Non avete ancora fede?” e,

oggi, all’emoroissa Gesù dice: “Va, la tua

fede ti ha salvato” e a Giàiro: “Non avere

paura, solo continua ad avere fede”.

Questa è la differenza sostanziale tra gli

apostoli che pure toccano Gesù senza

risultati e la donna ammalata, questo il

solco che si crea tra Giàiro e i suoi parenti

che addirittura deridono il buonumore a

parer loro farneticante di Gesù; la fede.

La fede placa le tempeste interiori, la fede

ci guarisce dalle ferite interiori, la fede

ci risuscita.

Questa è la riflessione di Marco.

E la nostra, spero.

L’atteggiamento del cristiano di fronte

alla morte è la fede.

La morte è e resta il più inquietane

interrogativo del destino dell’uomo e,

anche sulla possibilità della reale

bontà di Dio.

Se Dio è buono, perché la morte?

Gesù è venuto a darci una buona notizia

anche sulla morte.

Come ci svela la splendida pagina della

Sapienza, il nostro è un Dio amante della vita.

Noi crediamo di essere stati creati immortali,

e di essere nelle mani di Dio.

Questa vita che viviamo, la viviamo

proiettata nel futuro come una pienezza.

Il dolore del distacco, della morte, ci viene

presentato da San Paolo come le necessarie

doglie di un parto che danno alla luce una

nuova creatura.

Questo Dio tenerissimo che solleva la figlia

di Giàiro è colui che ha per noi un destino

di vita e di Risurrezione.

Basta? Non lo so, davvero.

Ai tanti Giàiro cui muore la figlia

non so se basta.

Elemosiniamo certezza e salvezza, la fede

è solo una flebile fiamma per attraversare

il mare in tempesta.

Mi fido, amici, mi fido con tutta la mia

disperazione, e agli amici che leggono

queste parole addito il Figlio di Dio che

ci solleva dalla tenebra.

Infine consideriamo le tante morti interiori

da cui dobbiamo risorgere; la fanciulla,

segno di autenticità, di purezza, spesso

giace immobile nella nostra vita; troppe

le delusioni, le stanchezze, per essere

ancora ottimisti.

Da quale morte interiore dobbiamo risorgere?

Solo, abbiamo fede, questo il Signore Gesù

ci chiede per una nuova vita in Lui.

Il Rabbì oggi ci dice: “Talità kum!”,

buona Domenica a tutti voi, Fausto.

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