mercoledì 20 dicembre 2023

Accompagniamo anche noi Maria, rimaniamo con lei e con Giuseppe in attesa.

 
Maria donna gestante.

“Rimase con lei circa tre mesi.

Poi tornò a casa sua”.

Il Vangelo stavolta non dice se vi

tornò ‘in fretta’, come fu per il

viaggio di andata.

Ma c’è da supporlo.

Da Nazareth era quasi scappata di corsa,

senza salutare nessuno.

Quell’incredibile chiamata di Dio,

l’aveva sconvolta.

Era come se, improvvisamente, all’interno

della sua casetta, si fosse spalancato un

cratere e lei vi camminasse sul ciglio in

preda alle vertigini.

E allora, per non precipitare nell’abisso,

si era aggrappata alla montagna.

Ma ora bisognava tornare.

Quei tre mesi di altura le erano bastati

per placare i tumulti interiori.

Vicino a Elisabetta aveva portato a

compimento il noviziato di una

gestazione, di cui cominciava

lentamente a dipanare il segreto.

Ora bisognava scendere in pianura e

affrontare i problemi terra terra a cui

va incontro ogni donna in attesa.

Con qualche complicazione in più.

Come dirglielo a Giuseppe?

E alle compagne con cui aveva condiviso

fino a poco tempo prima i suoi sogni di

ragazza innamorata, come avrebbe spiegato

il mistero che le era scoppiato nel grembo?

Che avrebbero detto in paese?

Sì, anche a Nazareth voleva giungere in fretta.

Perciò accelerava l’andatura, quasi

danzando sui sassi.

Oltretutto, su quei sentieri di campagna,

vi si sentiva sospinta come dal vento,

di cui, però, le foglie degli ulivi e i

pampini delle viti non lasciavano

percepire la brezza, nell’assolata

calura dell’estate di Palestina.

Per placare il batticuore, che pure tre mesi

prima non aveva provato in salita,

si sedette sull’erba.

Solo allora si accorse che il ventre le si

era curvato come una vela.

E capì per la prima volta, che quella vela,

non si issava sul suo fragile scafo di donna,

ma sulla grande nave del mondo per

condurla verso spiagge lontane.

Non fece in tempo a rientrare a casa, che

Giuseppe, senza chiederle neppure che

rendesse più esaurienti le spiegazioni

fornitegli dall’angelo, se la portò

subito con sé.

Ed era contento di stargli vicino.

Ne spiava i bisogni.

Ne capiva le ansie.

Ne interpretava le improvvise stanchezze.

Ne assecondava i preparativi per un natale

che ormai non doveva tardare.

Una notte, lei gli disse: “Senti,

Giuseppe, si muove”.

Lui, allora, posò sul grembo la mano,

leggera come battito di palpebra,

e rabbrividì di felicità.

Maria non fu estranea alle tribolazioni

a cui è assoggettata ogni comune gestante.

Anzi, era come se si concentrassero in lei

le speranze, sì, ma anche le paure di tutte

le donne in attesa, come quella che aveva

avuto Giulia, uccisa con il suo bambino

che portava in grembo, da chi diceva

di amarla!

Che ne sarà di questo frutto, non ancora

maturo, che mi porto nel seno?

Gli vorrà bene la gente?

Sarà contento di esistere?

E quanto peserà su di me le versetto della

Genesi: “Partorirai i figli nel dolore”?

Cento domande senza risposta.

Cento presagi di luce.

Ma anche cento inquietudini.

Che si intrecciavano attorno a lei quando

le parenti, la sera, restavano a farle

compagnia fino a tardi.

Lei ascoltava senza turbarsi.

E sorrideva ogni volta che qualcuno

mormorava: “Scommetto che sarà femmina”.

Santa Maria, donna gestante, creatura

dolcissima che nel tuo corpo di vergine

hai offerto all’Eterno, la pista d’atterraggio

nel tempo, scrigno di tenerezza entro cui

è venuto a rinchiudersi Colui che i cieli

non riescono a contenere, noi non potremo

mai sapere con quali parole gli rispondevi,

mentre te lo sentivi balzare sotto il cuore,

quasi volesse intrecciare anzi tempo,

colloqui d’amore con te.

Forse in quei momenti ti sarai posta la

domanda, se fossi tu a donargli i battiti,

o fosse lui a prestarti i suoi.

Vigilie trepide di sogni, le tue.

Mentre al telaio, risonante di spole, gli

preparavi con mani veloci pannolini di

lana, gli tessevi lentamente, nel silenzio

del grembo, una tunica di carne.

Chi sa quante volte avrai avuto il

presentimento che quella tunica, un

giorno, gliel’avrebbero lacerata.

Ti sfiorava allora un fremito di tristezza,

ma poi riprendevi a sorridere pensando

che tra non molto le donne di Nazareth,

venendoti a trovare dopo il parto,

avrebbero detto: “Rassomiglia tutto

a sua madre”.

Santa Maria, donna gestante, fontana

attraverso cui, dalle falde dei colli eterni,

è giunta fino a noi l’acqua della vita,

aiutaci ad accogliere come dono, ogni

creatura che si affaccia a questo mondo.

Non c’è violenza che legittimi violenza.

Non c’è programma che non possa saltare di

fronte al miracolo di una vita che germoglia.

Mettiti, ti preghiamo, accanto a tutte le

donne che sono vittime di abusi da parte

di chi dovrebbero amarle.

Sostieni tutte le famiglie in difficoltà a

causa di questa nostra società senza

pudore, rispetto e amore.

Aiuta chi è oppresso dal delirio dei

guerrafondai, che l’unica cosa che gli

interessa è il guadagno, senza rispetto

per chi soffre.

Santa Maria, donna gestante, grazie

perché, se Gesù l’hai portato nel grembo

nove mesi, noi, ci stai portando tutta la vita.

Donaci la tue fattezze.

Modellaci sul tuo volto.

Trasfondici i lineamenti del tuo spirito.

Perché, quando giungerà per noi il nostro

ultimo natale, se le porte del cielo ci si

spalancheranno dinanzi senza fatica,

sarà solo per questa nostra, sia pur

pallida, somiglianza con te.

Aspettiamo anche noi, amici, insieme

a Maria che arrivi il Natale, Fausto.

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