sabato 22 luglio 2023

Il Vangelo di Domenica 23 Luglio 2023

 

Della 16° Domenica del Tempo Ordinario.

Santa Brigida di Svezia, religiosa, fondatrice.

Prima Lettura

Dopo i peccati, tu concedi il pentimento.

Dal libro della Sapienza (12,13.16-19)

Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di

tutte le cose, perché tu debba difenderti

dall'accusa di giudice ingiusto.

La tua forza infatti è il principio della

giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti,

ti rende indulgente con tutti.

Mostri la tua forza quando non si crede

nella pienezza del tuo potere, e rigetti

l'insolenza di coloro che pur la conoscono.

Padrone della forza, tu giudichi con mitezza

e ci governi con molta indulgenza,

perché, quando vuoi, tu eserciti il potere.

Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo

che il giusto deve amare gli uomini,

e hai dato ai tuoi figli la buona speranza

che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 85 (86)

Ripetiamo. Tu sei buono, Signore, e perdoni.

 

Tu sei buono, Signore, e perdoni,

sei pieno di misericordia con chi t'invoca.

Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera

e sii attento alla voce delle mie suppliche. R.

 

Tutte le genti che hai creato verranno

e si prostreranno davanti a te, Signore,

per dare gloria al tuo nome.

Grande tu sei e compi meraviglie:

tu solo sei Dio. R.

 

Ma tu, Signore, Dio misericordioso e

pietoso, lento all'ira e ricco di amore

e di fedeltà, volgiti a me e abbi pietà. R.

 

Seconda Lettura

Lo Spirito intercede con gemiti inesprimibili.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,26-27)

Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra

debolezza; non sappiamo infatti come

pregare in modo conveniente, ma lo Spirito

stesso intercede con gemiti inesprimibili;

e colui che scruta i cuori sa che cosa

desidera lo Spirito, perché egli intercede

per i santi secondo i disegni di Dio.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo

e della terra, perché ai piccoli hai rivelato

i misteri del Regno. (Mt 11,25)

 

Alleluia, Alleluia.

 

Vangelo.

Lasciate che l'una e l'altro crescano

insieme fino alla mietitura.

Dal Vangelo secondo Matteo (13,24-43) anno A

In quel tempo, Gesù espose alla folla

un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei

cieli è simile a un uomo che ha seminato

del buon seme nel suo campo.

Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo

nemico, seminò della zizzania in mezzo

al grano e se ne andò.

Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto,

spuntò anche la zizzania.

Allora i servi andarono dal padrone di

casa e gli dissero: Signore, non hai

seminato del buon seme nel tuo campo?

Da dove viene la zizzania?

Ed egli rispose loro: Un nemico

ha fatto questo!

E i servi gli dissero: Vuoi che andiamo

a raccoglierla?

No, rispose, perché non succeda che,

raccogliendo la zizzania, con essa

sradichiate anche il grano.

Lasciate che l'una e l'altro crescano

insieme fino alla mietitura e al momento

della mietitura dirò ai mietitori: “Raccogliete

prima la zizzania e legatela in fasci per

bruciarla; il grano invece riponètelo

nel mio granaio”.

Espose loro un'altra parabola, dicendo:

«Il regno dei cieli è simile a un granello

di senape, che un uomo prese e seminò

nel suo campo.

Esso è il più piccolo di tutti i semi ma,

una volta cresciuto, è più grande delle

altre piante dell'orto e diventa un albero,

tanto che gli uccelli del cielo vengono

a fare il nido fra i suoi rami».

Disse loro un'altra parabola: «Il regno

dei cieli è simile al lievito, che una donna

prese e mescolò in tre misure di farina,

finché non fu tutta lievitata».

Tutte queste cose Gesù disse alle folle

con parabole e non parlava ad esse se

non con parabole, perché si compisse ciò

che era stato detto per mezzo del profeta:

«Aprirò la mia bocca con parabole,

proclamerò cose nascoste fin dalla

fondazione del mondo».

Poi congedò la folla ed entrò in casa;

i suoi discepoli gli si avvicinarono per

dirgli: «Spiegaci la parabola della

zizzania nel campo».

Ed egli rispose: «Colui che semina il

buon seme è il Figlio dell'uomo.

Il campo è il mondo e il seme buono

sono i figli del Regno.

La zizzania sono i figli del Maligno e il

nemico che l'ha seminata è il diavolo.

La mietitura è la fine del mondo e i

mietitori sono gli angeli.

Come dunque si raccoglie la zizzania

e la si brucia nel fuoco, così avverrà

alla fine del mondo.

Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli,

i quali raccoglieranno dal suo regno tutti

gli scandali e tutti quelli che commettono

iniquità e li getteranno nella fornace

ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

Allora i giusti splenderanno come il sole

nel regno del Padre loro.

Chi ha orecchi, ascolti!».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Dio getta il seme della Parola a piene

mani, con abbondanza, con l’intima

convinzione di riuscire sempre a fare

breccia nel nostro cuore.

Ed è così; se, dopo più di duemila anni,

siamo ancora qui ad ascoltare questa

Parola, è perché ha scavato nei nostri

cuori, ha fecondato le nostre scelte,

ha cambiato la nostra vita.

Ma, allora, se la Parola si è diffusa e

radicata nel cuore di milioni di persone,

perché assistiamo ancora al prevalere

delle tenebre?

Perché abbiamo nel cuore la sgradevole

sensazione che, nonostante più di duemila

anni di presenza cristiana, il mondo

sia ancora immerso nelle tenebre?

Cosa è cambiato, di concreto, in questi

duemila anni di storia?

Il seme è gettato con abbondanza, certo,

e chi lo accoglie con onestà sa bene

quanto sia difficile farlo crescere.

Ma, a complicare le cose, è il fatto che

abbiamo l’impressione che Dio non sia

l’unico a seminare.

E abbiamo ragione.

Il maligno semina con tenacia la zizzania.

Vale la pena di ricordare che è seminato

a buon grano, il mondo.

La meditazione del libro della Sapienza

ce lo ricorda; se guardiamo con onestà al

creato concludiamo che Dio è l’artefice

di tanta armonia e che, quindi, Egli è

giusto e mite.

Il mondo è bello, l’uomo è buono.

Difficile crederlo, in certi momenti.

Quando, come in questi giorni, si uccidono

donne ed anche bambini come fosse un

gioco, da parte di uomini che magari

si dichiarano innamorati.

E la tenebra sembra prevalere.

Eppure Gesù lo dice con serenità e forza,

forse abbiamo disimparato a guardare

bene, a leggere dietro le apparenze,

a cogliere l’essenziale.

Un nemico semina la zizzania, di

nascosto, di notte.

Il bene e il male crescono insieme, ce

ne accorgiamo quando la realtà si gonfia,

cammina, si allarga.

Quando cresciamo.

La saggezza del padrone ci stupisce;

rimanda a casa propria gli zelanti servi

che volevano un bel prato all’inglese,

devotamente motivati a strappare la zizzania.

«Usate pazienza», dice il padrone, per

non correre il rischio di strappare il grano

buono nella foga risanatrice.

La Parola seminata Domenica scorsa,

il Regno di Dio cresce spartendo il campo

con la tenebra, l’oscurità, la zizzania.

È l’esperienza che tutti i figli della luce

fanno prima o dopo; dopo più di duemila

anni di Vangelo l’erba malvagia sembra

soffocare l’annuncio di salvezza.

A parole tutto funziona, ma nei fatti

dobbiamo arrenderci all’evidenza;

nonostante Cristo ci abbia salvato,

l’uomo stenta ad imparare.

La salvezza è cosa seria e il Maestro

Gesù sa che luce e tenebra si affrontano

e che le tenebre fanno più rumore.

Non c’è che una cosa peggiore del male;

abituarsi ad esso, renderlo quotidianità

ineluttabile, fingere di ignorarlo, pensare

che fra luce e tenebre, in fondo, sia meglio

vivere in un bel nebbione.

Oppure fare i talebani, sostituirsi a Dio,

essere più devoti di Dio, diventare dei

fustigatori volendo a tutti i costi fare

pulizia, rimettere ordine, togliere la

zizzania costi quel che costi.

Anch’io, come i servi della parabola,

vorrei chiarezza, soluzioni, immediatezza.

Vorrei far vincere il bene, vorrei credere

in un Dio interventista che premi i buoni

e punisca i malvagi.

Il fatto che mi metta dalla parte dei buoni,

ovviamente, è un particolare.

E invece no.

La zizzania e il grano crescono dentro

di me, assieme.

In me, non nel mio antipatico capoufficio.

In me.

E il Signore anche a me chiede pazienza.

La pazienza richiama il dolore (il patire

da cui deriva la parola) e l’attesa.

Pazientare è attendere con dolore,

sapendo che il male avrà fine.

Viviamo sulla nostra pelle la contraddizione

del male che coabita col bene, anche nei

nostri cuori, e il Signore ci chiede di

lasciar fare a lui.

Gesù insiste; l’importante è che il Regno,

in noi, sia un granello di senape o una

misura di lievito.

L’importante è che nel Parlamento del

nostro cuore la maggioranza ce

l’abbia il Vangelo.

Pazienza figli del regno, pazienza,

lasciate fare a Dio il suo mestiere.

Pazienza, discepoli del Maestro, viviamo

tempi bui, in cui la ragione e la fede

devono farsi strada con fatica in mezzo

all’indifferenza e all’insignificanza.

Pazienza, discepoli del Nazareno, la guerra

è già vinta, il giorno è avanzato, la

verità-immensa-come torrente sotterraneo

sta raggiungendo il mare.

Io credo che il Regno avanzi.

E mi stupisco nel crederlo, mi commuovo

davanti al silenzioso grano che cresce

nello sguardo di chi ama, nel gioco puro

del bambino, nel gesto generoso di chi-in

nome e per conto del Rabbì Figlio di

Dio-pone gesti di luce nelle tenebre fitte,

mi commuovo e mi inginocchio di fronte

alle orchidee selvatiche che crescono solo

per cantare la bellezza, senza che nessuno

le veda o le colga.

Pazienza, discepoli di colui che è venuto

a portare il fuoco, pazienza nelle nostre

povere e poco credibili comunità parrocchiali,

pazienza quando scopriamo le fragilità dei

nostri compagni di viaggio, pazienza quando

un connaturale istinto di superiorità ci fa

giudicare, con piglio tutto devoto, i fratelli

più deboli e peccatori.

Abbiate pazienza con voi stessi, amici

che leggete.

Sappiamo bene che la voglia di dividere

il mondo in buoni (noi) e cattivi (loro) ha

portato, nel passato, i discepoli su orribili

sentieri di violenza.

Per i cristiani il nemico non è mai l’altro,

è dentro ciascuno di noi.

Guardiamo con serenità e disincanto

dentro noi stessi la zizzania (per una volta

chiamiamola per nome!) e guardiamo al

grano buono seminato dal Signore.

La contraddizione abita in ciascuno di noi,

in me che scrivo.

È pericoloso pensare di strappare

definitivamente la zizzania prima

che il grano sia giunto alla sua

piena maturazione.

Pazienza, amici che leggete, se vi sembra

che troppe tenebre ancora rovinino la

vostra vita; abbiamo tutta la vita per

imparare a vivere, per convertirci.

Pazienza, se pensavi di essere un catechista

migliore, un marito migliore; talvolta la

bruciante esperienza del limite

(Pietro insegna) ci spalanca la diga

della misericordia.

E ci rende simile a questo saggio padrone del campo.

Prendiamo esempio, amici, da questo

seminatore e, con pazienza, aspettiamo

i frutti, buona Domenica Fausto.

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