sabato 10 dicembre 2022

Cerchiamo di capire meglio la venuta del Salvatore Gesù.

 

Dio decide di diventare uomo, sia.

Difficile da credere, ma ci sta.

D’altronde, a essere onesti con noi stessi, siamo una bella

sintesi di contraddizione, noi uomini; da una parte

sperimentiamo continuamente i nostri limiti (fisici,

di conoscenza, di uso malsano della nostra liberà);

dall’altra, nel profondo, emerge in noi, continuamente,

un desiderio di infinito insopprimibile.

Solo che fatichiamo proprio a capire come far venire fuori

tutta la luce che sentiamo spingere nel cuore.

Anzi; di questi tempi molti lucrano su questa confusione.

E vendono soluzioni.

Forse Dio si è impietosito della nostra confusione.

Forse si è reso conto di avere esagerato nel darci tutta

questa libertà.

Forse anche Lui è rimasto spiazzato dalla seduzione che

in noi esercita la tenebra e che, continuamente, rischia

di spegnere la fiammella che ci abita.

Forse si è rammaricato nel vedere quante maschere gli uomini,

lungo i secoli, gli hanno messo sul volto, distorcendolo.

Allora ha deciso di intervenire, di farsi incontrare,

di chiarirsi e di spiegarsi.

Per amore, solo per amore.

Come un padre che lascia libero il figlio di imparare

a camminare ma che interviene solo se lo vede cadere.

Come una madre che gioisce nel vedere il proprio figlio

diventare adulto, ma che è sempre pronta a dare una mano,

un consiglio, un pò di ascolto.

Così Dio ha deciso di rivelarsi, di venire.

Mettiamoci nei panni di Dio (lo facciamo così spesso!);

avete a disposizione l’Universo e la Storia per rivelarvi

definitivamente all’umanità.

E scegliete un paese occupato e marginale, la Palestina, in

un tempo in cui non esistevano i satelliti per comunicare.

E di questo paese non sceglie la capitale Gerusalemme,

scossa da un fremito di orgoglio per il rifacimento del

Tempio, ma un paese talmente piccolo e insignificante

da non essere mai citato nella Bibbia: Nazareth.

E, in questo paese, non scegliete di rivelarvi a un uomo

autorevole e stimato, ma a una donna.

Là dove le donne non hanno nemmeno diritto di parlare

in pubblico, né di esprimere opinioni, stiamo vedendo

cosa sta succedendo in Irak.

E non scegliete una donna matura, ma una ragazza di

tredici anni, Maria.

Nazareth rivela la logica di Dio; così distante dalla

nostra logica.

E ci racconta la leggerezza di Dio.

Noi passiamo tutta la vita a cercare di andarcene da Nazareth.

Vorremmo uscire dall’anonimato (giustamente),

vorremmo fuggire i luoghi dimenticati, finalmente

apparire, essere riconosciuti.

Se dovessimo scegliere un luogo in cui abitare, certamente

non sceglieremmo Nazareth di Gesù.

Dio, invece, punta proprio lì.

E lì vivrà per trent’anni, piallando assi e assemblando mobili.

Nazareth smentisce l’idolatria moderna del successo a ogni

prezzo, della visibilità, costi quel che costi.

Privilegio riservato a pochissimi, sempre meno, che nascono

nel posto giusto, al momento giusto, nella famiglia giusta.

Che entrano nei giri che contano, che possono manifestare le

proprie indubbie capacità; salvo poi scottarsi le mani e non solo.

San Luca non ci dice se Maria avesse delle particolari qualità.

Dal dialogo con l’angelo (andate a rileggerlo), si deduce che

avesse un bel piglio, una sana concretezza, capace di ragionare

alla pari con il principe degli arcangeli.

Ma non era una donna in carriera.

Né aveva studiato.

Né aveva aspettative mirabolanti.

La sua era una vita piccola, insignificante, agli occhi del mondo.

Una vita onesta, un buon marito, il tenero Giuseppe,

e qualche figlio, se Dio lo avesse voluto.

E un desiderio infinito di amore.

Desiderio che ha sedotto Dio, ma che ha complicato la

vita a Giuseppe.

Anche la più semplice delle storie, la più insignificante

delle vite, la più marginale delle prospettive, possono

realizzare il disegno di Dio che non ha bisogno di persone

straordinarie, ma di persone che sappiano cogliere

e accogliere lo straordinario che le raggiunge.

È Dio che viene.

Senza merito, senza esami da superare, senza graduatorie,

senza condizioni.

E sceglie il più piccolo e insignificante fra i paesi.

E la più piccola e umile fra le donne.

Perché nessuno, mai, da allora in avanti, si sentisse fallito,

si scoprisse perduto, si immaginasse inutile.

No, nessuna vita è perduta, mai, davanti allo sguardo di Dio.

Questo dice il Natale.

Se tutto è iniziato da Nazareth, amici, è perché ciascuno,

nonostante i suoi fallimenti e le sue tristezze, potesse

sentirsi a proprio agio.

Dal fondo è iniziata la salvezza.

Da Nazareth in su.

Ecco, amici, la nostra storia, semplice e lineare, di sane

aspettative come quella di incontrare il Bambino Gesù.

Domani è la terza Domenica di Avvento, mancano 15 giorni

al Natale, prepariamoci in questo giorni ad incontrarlo

ripercorrendo la sua e la nostra storia.

 

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