Ottava di Natale.
Santo Stefano,
primo martire Diacono.
Santa Famiglia di
Gesù, Maria e Giuseppe.
Prima Lettura
Samuele per tutti i
giorni della sua vita è richiesto per il Signore.
Dal primo libro di
Samuèle (1,20-22.24-28)
Al finir dell'anno
Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò
Samuèle,
«perché-diceva-al Signore l'ho richiesto».
Quando poi Elkanà andò
con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni
anno al Signore e a
soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al
marito: «Non verrò,
finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo
a vedere il volto del
Signore; poi resterà là per sempre».
Dopo averlo svezzato,
lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di
farina e un otre di
vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era
ancora un fanciullo.
Immolato il giovenco,
presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona,
mio signore.
Per la tua vita, mio
signore, io sono quella donna che era stata qui presso di
te a pregare il
Signore.
Per questo fanciullo
ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che
gli ho richiesto.
Anch'io lascio che il
Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli
è richiesto per il
Signore».
E si prostrarono là
davanti al Signore.
Parola di Dio.
Seconda Lettura
Siamo chiamati
figli di Dio, e lo siamo realmente!
Dalla prima lettera di
san Giovanni apostolo (3,1-2.21-24)
Carissimi, vedete
quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati
figli di Dio, e lo
siamo realmente!
Per questo il mondo
non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin
d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato
ancora rivelato.
Sappiamo però che
quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui,
perché lo vedremo così
come egli è.
Carissimi, se il
nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio,
e qualunque cosa
chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi
comandamenti e
facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo
comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo
Gesù Cristo e ci
amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.
Chi osserva i suoi
comandamenti rimane in Dio e Dio in lui.
In questo conosciamo
che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Parola di Dio.
Vangelo
Gesù è ritrovato
dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri.
Dal Vangelo secondo
Luca (2,41-52) anno C.
I genitori di Gesù si
recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Quando egli ebbe dodici
anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.
Ma, trascorsi i
giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù
rimase a Gerusalemme,
senza che i genitori se ne accorgessero.
Credendo che egli
fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi
si misero a cercarlo
tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato,
tornarono in cerca di
lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo
trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri,
mentre li ascoltava e
li interrogava.
E tutti quelli che
l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza
e le sue risposte.
Al vederlo restarono
stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai
fatto questo?
Ecco, tuo padre e io,
angosciati, ti cercavamo».
Ed egli rispose loro:
«Perché mi cercavate?
Non sapevate che io
devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
Ma essi non compresero
ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro
e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.
Sua madre custodiva
tutte queste cose nel suo cuore.
E Gesù cresceva in
sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Festa della famiglia, recita la
liturgia.
Festa della mia famiglia,
aggiungo io.
Della famiglia concreta,
oggettiva, reale da cui provengo o che ho formato
o che desidero formare.
E, di questi tempi, stride e fa
riflettere questa festa, una quasi provocazione che
vola alto sopra le nostre beghe
politiche e sociali, che infonde vigore ed energia
alla nostra quotidianità, che
ridà spessore al nostro Natale.
Che ci piaccia o no la famiglia è
e resta il cuore del nostro percorso di vita, (alla
faccia di quei politici che la
vogliono distruggere), della nostra educazione,
spesso è all’origine di molta
sofferenza, di qualche delusione e, grazie al cielo,
di immensa gioia.
Fa sorridere che Dio abbia voluto
sperimentare l’esperienza famigliare.
Fa riflettere che, per farlo,
abbia scelto una famiglia così anomala e complicata.
Stupisce che la Chiesa si ostini
a proporre questa famiglia come modello, dove
la coppia vive nell’astinenza, il
figlio è la presenza del Verbo di Dio, e i coniugi
si ritrovano a scappare a causa
della improvvida notorietà del neonato.
Ma non è nella diversità che
vogliamo seguire Maria e Giuseppe, ma nella
loro concretezza di coppia che
vede la propria vita ribaltata dall’azione di Dio
e dal delirio degli uomini, nella
loro capacità di mettersi da parte, sul serio,
senza ricatti, senza patemi, per
inserirsi in un progetto più grande, quello che
Dio ha sul mondo.
Maria stringe forte a sé il
piccolo neonato che sente il calore e l’odore della sua pelle.
Giuseppe, ora, è sereno.
L’avventura di far nascere il
proprio figlio primogenito lontano da casa l’ha
duramente provato, ma ora, dopo
quella tumultuosa notte piena di emozioni
e di segni, il giovane Giuseppe
si sente pieno di fiducia per il futuro.
Gesù è stato affidato al Dio di
Israele, come prescritto, e nel grandioso Tempio
di Gerusalemme un vecchio ha
preso in braccio il bambino profetizzando.
Dopo la lunga e dolorosa
permanenza in Egitto, Maria e Giuseppe tornano
a Nazareth, dove Gesù cresce.
Ed è un Gesù adolescente che
scappa dai genitori, per discutere con i dottori
della Legge della Torah, al
centro della riflessione del Vangelo di oggi.
Che tenerezza trovare due
genitori in difficoltà col figlio in piena crisi adolescenziale!
Potrei continuare così per tre
pagine, nel maldestro tentativo di ridare
concretezza alla famiglia di
Nazareth.
Siamo tutti talmente presi dalle
emozioni del Natale (che spero sia stato un
buon Natale per ciascuno di voi!)
da dimenticare il peso della concretezza che,
come ogni famiglia, Maria e
Giuseppe hanno dovuto affrontare.
Oggi celebriamo la Santa
Famiglia, così diversa dalle nostre famiglie (una
madre Vergine, un padre adottivo,
un figlio che è Dio!) eppure così identica
alle nostre nelle dinamiche
affettive.
Se, dicevamo, Natale ci obbliga a
chiederci se davvero vogliamo un Dio così
inerme, la meditazione di questa
famiglia e dei trent’anni vissuti a Nazareth,
se possibile, ci forniscono
spunti ancora più incisivi.
Dio cresce, quindi.
Cresce nella quotidianità di una
famiglia di povera gente, piena di fede
e donata al Mistero.
Una famiglia che ha qualcosa da
dire alla mia famiglia.
La prima riflessione deriva
proprio dal tran-tran quotidiano che
Maria e Giuseppe vivono.
Siamo abituati a considerare il
tempo diviso in feriale e festivo.
Altro è lo scorrere ripetitivo e
noioso dei giorni, altro è l’evento cui ci prepariamo
con gioia intensa; altra la
fatica del lavoro altra l’ebbrezza delle ferie estive.
Così nella fede; la Domenica, se
riusciamo, ritagliamo cinquanta minuti di
Messa e poi, in settimana, siamo
travolti dagli impegni.
Nazareth ci insegna che Dio viene
ad abitare in casa, che nella quotidianità
e nella ripetitività dei gesti
possiamo realizzare il Regno, fare un’esperienza
mistica, crescere nella
conoscenza di Dio.
Possiamo (sul serio!) elaborare
una teologia del pannolino, un trattato mistico
dei compiti dei figli, una
spiritualità del mutuo da pagare.
La straordinaria novità del
cristianesimo è-appunto!-la sua assoluta ordinarietà.
Coppie che avete un figlio
primogenito; la vostra fatica e le notti insonni,
il rapporto faticoso tra voi a
causa della stanchezza e le preoccupazioni,
sono le stesse di Maria e
Giuseppe.
Amici che vivete problemi al
lavoro; anche Giuseppe ha passato notti agitate
prima di chiedere un mutuo, per
poter allargare la bottega da falegname.
Donne che avete consacrato la
vostra vita ai figli; anche Maria ha avuto un
velo di tristezza negli occhi
quando ha visto il suo primo capello bianco.
Dio ha deciso di abitare la
banalità, di colmare lo scorrere dei giorni.
La seconda riflessione deriva
dalla risposta, apparentemente dura e scortese,
che Gesù rivolge ai propri
genitori (da buon adolescente!) riguardo al suo
restare a Gerusalemme dopo la Festa
di Pasqua; Egli si deve occupare delle
cose del Padre.
Gesù richiama i propri genitori
(!) al primato di Dio nella vita di una famiglia.
Siamo insieme per aiutarci a
trovare la felicità, il senso della vita, siamo
insieme per camminare incontro
alla pienezza.
Dio non è una superflua appendice
alle nostre scelte, magari da tirare fuori
quando ci sono le feste o qualche
problema.
Se diventiamo cercatori di Dio
realizziamo pienamente lo scopo del
nostro stare insieme.
Maria e Giuseppe vedono il
Mistero di Dio che gattona e bordeggia, che passa
le notti piangiucchiando per la
nascita di un dentino.
Mi sono chiesto cento volte
quanta fede hanno dovuto avere questi genitori
per dirsi che quel bambino,
identico a tutti i bambini, era davvero il Figlio di Dio.
Giuseppe spesso guardava, alla
fine della giornata, la sua verginale sposa,
imbarazzato per l’immensità della
sua fede, sentendosi un poco inadatto
a tanta meravigliosa tenacia.
Maria, quando portava il caffè a
metà mattinata a Giuseppe con i capelli
ricci pieni di trucioli,
benediceva in cuor suo il Signore per avergli dato un
compagno così semplice e vero.
La Santa Famiglia ci invita a
guardare gli altri membri della famiglia con
uno sguardo di fede e di luce,
scovando il Mistero nascosto nelle persone
che pensiamo statiche e
immutabili.
Affidiamo a Dio le nostre
famiglie concrete, quelle che abbiamo o che
avremmo voluto avere, con tutta
la fatica e la gioia, le contraddizioni
e le povertà, le emozioni e il
bene che ci sappiamo dare.
Dio ci abita.
Dio abita la nostra
famiglia, ogni famiglia.
Santa Domenica della
famiglia amici, Fausto.
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