sabato 6 novembre 2021

Il Vangelo di Domenica 7 Novembre 2021

 

Della 32° Domenica del Tempo Ordinario.

San Prosdocimo di Padova, protovescovo.

Prima Lettura

La vedova fece con la sua farina una piccola focaccia e la portò a Elìa.

Dal primo libro dei Re (17,10-16).

In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta.

Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna.

La chiamò e le disse: «Prendimi un po' d'acqua in un vaso, perché io possa bere».

Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un

pezzo di pane».

Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo

un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi

di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo

e poi moriremo».

Elia le disse: «Non temere; va' a fare come hai detto.

Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai

per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d'Israele: "La farina della

giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non diminuirà fino al giorno in cui il

Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra"».

Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di

lei per diversi giorni.

La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo

la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.

Parola di Dio.

Seconda Lettura

Cristo si è offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti.

Dalla lettera agli Ebrei (9,24-28).

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero,

ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore.

E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel

santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione

del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.

Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare

il peccato mediante il sacrificio di se stesso.

E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene

il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato

di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato,

a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.

Parola di Dio.

Vangelo

Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

Dal Vangelo secondo Marco (12,38-44) anno B.

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento:

«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti

nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.

Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere.

Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete.

Tanti ricchi ne gettavano molte.

Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.

Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa

vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.

Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo.

Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto

quanto aveva per vivere».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Guardatevi dagli scribi!

Alla fine dell’anno liturgico e del commento di Marco stiamo inanellando una

serie di pagine centrali, sconcertanti, urticanti, di quelle che sarebbe tanto bello

togliere dal nostro cristianesimo “ fai da te” e che, invece, ci sono donate come

perle preziose, come occasione per ripartire dalla fede e incarnare le riflessioni

dei Padri sinodali.

L’invito di Gesù è una inquietante staffilata, ci lascia interdetti; poche volte,

nei Vangeli, il Signore esplicita in maniera così diretta la sua preoccupazione.

I discepoli possono diventare come gli scribi, questa è la preoccupazione del Maestro.

Aveva di che preoccuparsi.

In origine erano semplicemente persone che sapevano scrivere e leggere e che, quindi

assumevano un ruolo importante per la trasmissione dei documenti importanti.

Poi, con la riforma del devoto Giosia, qualche secolo prima di Cristo, la loro

importanza era accresciuta a dismisura; erano loro a custodire la Legge, loro

a interpretarla, loro a giudicare chi la violava.

Gesù li accusa pesantemente, senza mezze misure.

Sono vanitosi e fanno del loro servizio una smisurata ricerca di potere.

Amano indossare una divisa per farsi riconoscere, amano il rispetto timoroso

dei poveri cittadini, amano essere considerati come dell’autorità, sono sempre

presenti agli eventi sociali, godono della loro posizione e non perdono

l’occasione per mettersi in mostra.

Penso a quanto successo in Campania e della sfuriata di un questore che ha

rimproverato un povero prete intervenuto ad un dibattito pubblico per

denunciare discariche abusive di amianto.

Tema della sfuriata?

La presunta mancanza di rispetto del reverendo che continuava a indirizzarsi

alla collega del questore chiamandola “signora”.

Sconcertante, ma è così; oggi ancora molti tengono più alla forma che alla sostanza.

Ma penso anche, purtroppo, alla denuncia fatta dal cardinale di Napoli che parla

di carrierismo all’interno della Chiesa, finalmente qualcuno se né accorto.

I primi posti, le divise, gli applausi e gli inviti ufficiali purtroppo esercitano

ancora un fascino demoniaco su molti pastori che, con dichiarata umiltà che

accogliamo con benevolenza, non si rendono conto di diventare uno spettacolo

che allontana dal Vangelo.

Vedere girare un ecclesiastico in auto di grossa cilindrata, magari con autista,

in questi tempo non rende certo onore al ruolo ma, al contrario, diventa una

grossa contro testimonianza.

Ma anche nel piccolo possiamo sognare di diventare come gli scribi; in parrocchia,

in una diocesi, a volte si assiste, allibiti, alla ricerca della visibilità e dell’onore.

Dobbiamo davvero giudicare noi stessi con severità.

Gli scribi divorano i denari delle vedove.

Se la vedovanza già rappresenta uno stato di grande dolore, di lacerazione

interiore, di frantumazione di affetti, restare vedove, al tempo di Gesù, era una

vera e propria tragedia.

Senza servizi sociali, senza appoggio dalla famiglia, spesso la vedova si vedeva

costretta, per vivere, a mendicare o, peggio, a prostituirsi.

La condizione della vedova, perciò, era la peggiore che si potesse immaginare;

sola, senza sussistenza economica, disprezzata perché mendicante o prostituta.

Ma ricercata dagli scribi che riuscivano a ricevere donazioni od elemosine da

donne rimaste sole e plagiate in nome di Dio.

Non posso non pensare alla situazione drammatica che stiamo vivendo, alle

scene degli scontri in piazza causati da leggi scellerate a causa del virus,

ai disoccupati che crescono, tutti vittime di un sistema che non abbiamo scelto,

tutti storditi dal nuovo verbo che è l’economia, tutti succubi di meccanismi che

ci sono venduti come indispensabili ed inevitabili, come se non fossimo noi

ad avere creato le leggi di mercato!

Di fronte a questi atteggiamenti ancora così diffusi, ahimé anche nella Chiesa

che siamo noi, Gesù propone, a sorpresa, il modello di una vedova che,

umilmente, vede entrare nel tempio.

Così la vedova del Vangelo getta nel tesoro del Tempio qualche euro, mentre i

notabili della città e i devoti si spintonano per far notare le somme considerevoli

che versano nelle casse del Tempio appena ricostruito.

Gesù loda la generosità di questa donna che ha dato il suo necessario come offerta

a Dio, e ignora le generose offerte pubblicate e titoli cubitali del miliardario di turno.

Ci sono momenti nella vita in cui perdiamo tutto; salute, lavoro, una persona cara

(non necessariamente perché muore), e voglia di vivere.

Momenti faticosi, terribili, in cui abbiamo l’impressione di non sopravvivere.

Come la vedova di Elia, trasciniamo un passo dopo l’altro, tenuti in vita da

qualche affetto (il figlio per la vedova) ma rassegnati a veder consumare ogni

forza, ogni energia.

Quante persone in questo stato ho conosciuto nella mia vita!

La vedova del Vangelo-ingenua-mette quel poco che ha per il Tempio, per Dio.

Non sa dove finiranno i soldi, forse saranno disprezzati dal sacrestano del

Tempio, forse serviranno a comperare detersivo per i pavimenti, poco importa,

il suo gesto è assoluto, profetico, colmo di una tenerezza infinita.

Anche quando siamo incapaci di provare emozioni, o di desiderio di vita,

possiamo diventare luce, totalità, dono e speranza.

Non ce ne accorgiamo, ovvio, e forse neppure ce ne importa.

E noi discepoli, fragile popolo di Dio, impariamo dalle vedove, dai poveri a contare

sull’Assoluto, ad abbandonarci-sul serio-nelle mani di Colui che tutto può.

Non la gloria, non la devozione, non l’apparenza (anche clericale e cattolica!)

ci salvano, ma l’essere medicanti di luce.

Coraggio, amici, doniamo quello che possiamo, per aiutare il Signore,

con discrezione, senza farsi notare, Santa Domenica Fausto.

 

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