Della 28° Domenica del Tempo Ordinario.
San Daniele
Comboni, vescovo.
Prima Lettura
Al confronto della
sapienza stimai un nulla la ricchezza.
Dal libro della
Sapienza (7,7-11)
Pregai e mi fu
elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri
e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la
paragonai neppure a
una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto
è come un po' di
sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento.
L'ho amata più della
salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto
che la luce, perché lo
splendore che viene da lei non tramonta.
Insieme a lei mi sono
venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Parola di Dio.
Seconda Lettura
La parola di Dio
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Dalla lettera agli
Ebrei (4,12-13)
La parola di Dio è
viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio;
essa penetra fino al
punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture
e alle midolla, e
discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Non vi è creatura che
possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto
agli occhi di colui al
quale noi dobbiamo rendere conto.
Parola di Dio.
Vangelo
Vendi quello che
hai e seguimi.
Dal Vangelo secondo
Marco (10,17-30) anno B.
In quel tempo, mentre
Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro
e, gettandosi in
ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che
cosa devo fare per
avere in eredità la vita eterna?».
Gesù gli disse:
«Perché mi chiami buono?
Nessuno è buono, se
non Dio solo.
Tu conosci i
comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare,
non testimoniare il
falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».
Egli allora gli disse:
«Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla
mia giovinezza».
Allora Gesù fissò lo
sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca:
va', vendi quello che
hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
Ma a queste parole
egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva
infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo
sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per
quelli che possiedono
ricchezze, entrare nel regno di Dio!».
I discepoli erano
sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli,
quanto è difficile
entrare nel regno di Dio!
È più facile che un
cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel
regno di Dio».
Essi, ancora più
stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?».
Ma Gesù, guardandoli
in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio!
Perché tutto è
possibile a Dio».
Pietro allora prese a
dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In
verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa
o fratelli o sorelle o
madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa
del Vangelo, che non
riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in
case e fratelli e
sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni,
e la vita eterna nel
tempo che verrà».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Corre, il giovane ricco, come se
avesse una malattia.
Corre per sapere come vivere
nella logica di Dio.
È anche corretto e onesto nel suo
porsi; sa che la salvezza non si “merita” ma
si riceve in eredità se la si
desidera con cuore puro.
Teologicamente impeccabile.
Gesù lo accoglie con simpatia,
gli chiede, con semplicità, di osservare
i comandamenti.
Ignora i primi, quelli rivolti a
Dio, si concentra su quelli rivolti all’uomo; solo
nel servizio all’uomo facciamo
piacere al Dio che lo ha creato.
Il ricco risponde di averli
sempre osservati, fin dalla più tenera età.
Forse ha ragione, forse si vanta
esagerando, va bene lo stesso.
Gesù lo ama, fissandolo.
Uno sguardo di bene, uno sguardo
che vede il positivo, anche se il ricco esagera.
Gesù ha sempre e per sempre uno
sguardo positivo su di me, anche quando
faccio finta di non vedere le
ombre del mio cuore.
Ama e chiede.
Chiede perché ama.
Osa; lascia tutte le tue
ricchezze.
Fine del bel momento mistico.
Marco pone a metà del suo Vangelo
le cose più impegnative; la pagina sul
matrimonio, quella sulla
ricchezza.
Bisogna conoscere Cristo prima di
poter vivere le sue esigenze urticanti,
sentirsi amati prima di poter
osare.
Gesù non chiede al ricco di
gettare il denaro, ma di condividerlo.
Di entrare nella logica di chi si
sente fratello, di chi sa che la ricchezza è dono
di Dio, ma la povertà è colpa del
ricco.
Non se la sente, il giovane
ricco.
Resterà ricco, ma triste.
Non usa la sapienza invocata
nella prima lettura.
Non accoglie la spada della
Parola che trancia, descritta dalla lettera agli ebrei.
Il suo problema non è la
ricchezza, ma l’egoismo.
Lo capiscono bene i discepoli che
ricchi non sono ma che si sentono a disagio
per questa Parola.
La ricchezza non è questione di
portafoglio ma di cuore.
Gesù insiste; una logica così spilorcia,
“ricca”, impedisce di entrare nella
logica di Dio.
Anche la famiglia può diventare
un possesso, anche gli affetti.
Perciò bisogna lasciare tutto,
Dio restituisce nella maniera corretta.
Gesù non condanna la ricchezza,
né esalta la povertà.
Lo dico perché spesso noi
cattolici scivoliamo nel moralismo criticando i soldi
(degli altri) e invitando a
generosità (sempre gli altri).
Gesù ama il giovane ricco, lo
guarda con tenerezza, vede in lui una grande forza
e la possibilità di crescere
nella fede.
Gli chiede di liberarsi di tutto
per avere di più, di fare il miglior investimento
della sua vita.
Gesù frequenta persone ricche e
persone povere, è libero.
Ma ammonisce noi, suoi discepoli;
la ricchezza è pericolosa perché promette
ciò che non può in alcun modo
mantenere.
Dunque, dice Gesù, la ricchezza
può ingannare, può far fallire miseramente una
vita, la pienezza è altrove, non
nella fugace emozione di avere realizzato il
sogno di possedere il giocattolo
prezioso cui aspiro.
Ma la povertà non è auspicabile,
la miseria non avvicina a Dio ma precipita
nella disperazione.
Perciò il Signore ci chiede di
avere un cuore libero e solidale; la povertà è scelta
dai discepoli perché ci è
insopportabile vedere un fratello nella miseria, tutto lì.
Ancora una volta il Signore ci
chiede di essere diversi, il “fra voi non sia così”
che è caratterizzato, in questo
caso, dalla scelta della condivisione e della
essenzialità, del soccorrere le
povertà e accontentarsi mantenendosi
nell’essenzialità, senza finire
nella spirale della cupidigia.
Soprattutto in questi tempi di
delirio.
I fatti di cronaca delle ultime
settimane, le spese folli e offensive di chi usa
il denaro pubblico per proprio
tornaconto, di chi, piccino, usa la politica in
maniera orribile, ci richiamano
al principio dell’onestà e della solidarietà
Dio si schiera dalla parte degli
ultimi, dei licenziati, dei poveri.
Noi, anche nel piccolo, siamo
chiamati ad essere trasparenti e corretti, nel
piccolo come nel grande.
Onestà, elemosina, condivisione,
dono, sono ancora i protagonisti di una
sana vita da discepolo, senza
affannarsi dell’accumulo ma coscienziosamente
affidandosi a quel Dio che veste
splendidamente l’erba del campo.
E questa logica deve permeare
anche i rapporti nelle comunità, i soldi delle
comunità che servono all’annuncio
del Vangelo senza fumosità, senza ambiguità.
Se facciamo parte di una comunità
manteniamola anche economicamente, chiediamo
e offriamo trasparenza,
orientiamo le nostre scelte a servizio dell’annuncio.
Che tra noi, nelle nostre Chiese,
nelle nostre scelte, prevalga sempre la generosità
e la fiducia nella Provvidenza,
al calcolo che appanna la libertà che dobbiamo
tenere nei confronti del
possesso.
Facciamoci dono, facciamo della
nostra vita un dono e avremo-stupore-cento
volte tanto, come sperimenta
Pietro.
Doniamo amici e
doniamoci, Santa Domenica del dono, Fausto.
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