sabato 9 ottobre 2021

Il Vangelo di Domenica 10 Ottobre 2021

 

Della 28° Domenica del Tempo Ordinario.

San Daniele Comboni, vescovo.

Prima Lettura

Al confronto della sapienza stimai un nulla la ricchezza.

Dal libro della Sapienza (7,7-11)

Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza.

La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la

paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto

è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento.

L'ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto

che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta.

Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

Parola di Dio.

Seconda Lettura

La parola di Dio discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Dalla lettera agli Ebrei (4,12-13)

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio;

essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture

e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.

Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto

agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.

Parola di Dio.

Vangelo

Vendi quello che hai e seguimi.

Dal Vangelo secondo Marco (10,17-30) anno B.

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro

e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che

cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».

Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono?

Nessuno è buono, se non Dio solo.

Tu conosci i comandamenti: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare,

non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre"».

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla

mia giovinezza».

Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca:

va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva

infatti molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per

quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».

I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli,

quanto è difficile entrare nel regno di Dio!

È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel

regno di Dio».

Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?».

Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio!

Perché tutto è possibile a Dio».

Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».

Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa

o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa

del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in

case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni,

e la vita eterna nel tempo che verrà».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Corre, il giovane ricco, come se avesse una malattia.

Corre per sapere come vivere nella logica di Dio.

È anche corretto e onesto nel suo porsi; sa che la salvezza non si “merita” ma

si riceve in eredità se la si desidera con cuore puro.

Teologicamente impeccabile.

Gesù lo accoglie con simpatia, gli chiede, con semplicità, di osservare

i comandamenti.

Ignora i primi, quelli rivolti a Dio, si concentra su quelli rivolti all’uomo; solo

nel servizio all’uomo facciamo piacere al Dio che lo ha creato.

Il ricco risponde di averli sempre osservati, fin dalla più tenera età.

Forse ha ragione, forse si vanta esagerando, va bene lo stesso.

Gesù lo ama, fissandolo.

Uno sguardo di bene, uno sguardo che vede il positivo, anche se il ricco esagera.

Gesù ha sempre e per sempre uno sguardo positivo su di me, anche quando

faccio finta di non vedere le ombre del mio cuore.

Ama e chiede.

Chiede perché ama.

Osa; lascia tutte le tue ricchezze.

Fine del bel momento mistico.

Marco pone a metà del suo Vangelo le cose più impegnative; la pagina sul

matrimonio, quella sulla ricchezza.

Bisogna conoscere Cristo prima di poter vivere le sue esigenze urticanti,

sentirsi amati prima di poter osare.

Gesù non chiede al ricco di gettare il denaro, ma di condividerlo.

Di entrare nella logica di chi si sente fratello, di chi sa che la ricchezza è dono

di Dio, ma la povertà è colpa del ricco.

Non se la sente, il giovane ricco.

Resterà ricco, ma triste.

Non usa la sapienza invocata nella prima lettura.

Non accoglie la spada della Parola che trancia, descritta dalla lettera agli ebrei.

Il suo problema non è la ricchezza, ma l’egoismo.

Lo capiscono bene i discepoli che ricchi non sono ma che si sentono a disagio

per questa Parola.

La ricchezza non è questione di portafoglio ma di cuore.

Gesù insiste; una logica così spilorcia, “ricca”, impedisce di entrare nella

logica di Dio.

Anche la famiglia può diventare un possesso, anche gli affetti.

Perciò bisogna lasciare tutto, Dio restituisce nella maniera corretta.

Gesù non condanna la ricchezza, né esalta la povertà.

Lo dico perché spesso noi cattolici scivoliamo nel moralismo criticando i soldi

(degli altri) e invitando a generosità (sempre gli altri).

Gesù ama il giovane ricco, lo guarda con tenerezza, vede in lui una grande forza

e la possibilità di crescere nella fede.

Gli chiede di liberarsi di tutto per avere di più, di fare il miglior investimento

della sua vita.

Gesù frequenta persone ricche e persone povere, è libero.

Ma ammonisce noi, suoi discepoli; la ricchezza è pericolosa perché promette

ciò che non può in alcun modo mantenere.

Dunque, dice Gesù, la ricchezza può ingannare, può far fallire miseramente una

vita, la pienezza è altrove, non nella fugace emozione di avere realizzato il

sogno di possedere il giocattolo prezioso cui aspiro.

Ma la povertà non è auspicabile, la miseria non avvicina a Dio ma precipita

nella disperazione.

Perciò il Signore ci chiede di avere un cuore libero e solidale; la povertà è scelta

dai discepoli perché ci è insopportabile vedere un fratello nella miseria, tutto lì.

Ancora una volta il Signore ci chiede di essere diversi, il “fra voi non sia così”

che è caratterizzato, in questo caso, dalla scelta della condivisione e della

essenzialità, del soccorrere le povertà e accontentarsi mantenendosi

nell’essenzialità, senza finire nella spirale della cupidigia.

Soprattutto in questi tempi di delirio.

I fatti di cronaca delle ultime settimane, le spese folli e offensive di chi usa

il denaro pubblico per proprio tornaconto, di chi, piccino, usa la politica in

maniera orribile, ci richiamano al principio dell’onestà e della solidarietà

Dio si schiera dalla parte degli ultimi, dei licenziati, dei poveri.

Noi, anche nel piccolo, siamo chiamati ad essere trasparenti e corretti, nel

piccolo come nel grande.

Onestà, elemosina, condivisione, dono, sono ancora i protagonisti di una

sana vita da discepolo, senza affannarsi dell’accumulo ma coscienziosamente

affidandosi a quel Dio che veste splendidamente l’erba del campo.

E questa logica deve permeare anche i rapporti nelle comunità, i soldi delle

comunità che servono all’annuncio del Vangelo senza fumosità, senza ambiguità.

Se facciamo parte di una comunità manteniamola anche economicamente, chiediamo

e offriamo trasparenza, orientiamo le nostre scelte a servizio dell’annuncio.

Che tra noi, nelle nostre Chiese, nelle nostre scelte, prevalga sempre la generosità

e la fiducia nella Provvidenza, al calcolo che appanna la libertà che dobbiamo

tenere nei confronti del possesso.

Facciamoci dono, facciamo della nostra vita un dono e avremo-stupore-cento

volte tanto, come sperimenta Pietro.

Doniamo amici e doniamoci, Santa Domenica del dono, Fausto.

 

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