Della 33° Domenica del Tempo Ordinario.
Sant'Alberto Magno, Vescovo e Dottore della Chiesa
Prima lettura dal libro
dei Proverbi (31,10-13.19-20.30-31)
Una donna perfetta
chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il
cuore del marito
e non verrà a
mancargli il profitto.
Essa gli dà
felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura
lana e lino e li lavora
volentieri con le mani.
Stende la sua mano
alla conocchia e gira il fuso con le dita.
Apre le sue mani al
misero, stende la mano al povero.
Fallace è la grazia
e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.
Datele del frutto
delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città.
Parola di Dio.
Seconda lettura dalla
prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (5,1-6)
Fratelli, riguardo
ai tempi e ai momenti, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti
voi ben sapete che
come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.
E quando si dirà:
"Pace e sicurezza", allora d'improvviso li colpirà la rovina,
come le doglie una
donna incinta; e nessuno scamperà.
Ma voi, fratelli,
non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi
come un ladro: voi
tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non
siamo della notte,
né delle tenebre.
Non dormiamo dunque
come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo
(25,14-30) anno A.
[In quel tempo,
Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: "Un uomo,
partendo per un
viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.
A uno diede cinque
talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo
la sua capacità, e
partì.]
Colui che aveva
ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne
guadagnò altri
cinque.
Così anche quello
che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.
Colui invece che
aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca
nel terreno e vi
nascose il denaro del suo padrone.
[Dopo molto tempo
il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.
Colui che aveva
ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore,
mi hai consegnato
cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.
Bene, servo buono e
fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco,
ti darò autorità su
molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.]
Presentatosi poi
colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai
consegnato due
talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.
Bene, servo buono e
fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco,
ti darò autorità su
molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Venuto infine colui
che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che
sei un uomo duro,
che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai
sparso; per paura
andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo.
Il padrone gli
rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove
non ho seminato e
raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio
denaro ai banchieri
e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse.
Toglietegli dunque
il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
Perché a chiunque
ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà
tolto anche quello
che ha.
E il servo
fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di
denti".
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Stiamo per salutare Matteo, il
pubblicano diventato discepolo del Regno,
per incontrare Marco, discepolo
di Pietro e iniziare il percorso di avvento.
Ma, prima di lasciarci, Matteo
vuole consegnarci alcune parabole impegnative,
rivolte non più all’uditorio di
Gesù, ma alle comunità cristiane che da lui
prendono ispirazione ma che
rischiano di addormentarsi, di non credere più
alla venuta del Signore, al suo
ritorno nella gloria.
Di fare come le amiche della
sposa che si abbioccano.
Invece, dice Matteo, siamo
chiamati ad essere svegli, desti, operosi.
Siamo chiamati a rendere presente
il Regno là dove viviamo finché egli venga.
Siamo chiamati a far fruttare i
talenti che il Signore ci ha donato.
Diversamente da Luca, Matteo
aggiunge alcune sfumature alla parabola che
la orientano verso la comunità
che celebra questo vangelo.
Il talento, allora, non è più un
dono che abbiamo ricevuto per il bene comune,
come ci verrebbe subito da
pensare, ma un dono prezioso che il Signore fa a
ciascuno e che ciascuno di noi è
chiamato a far fruttare secondo le proprie
capacità, capacità che, quindi,
già possediamo.
Il padrone si fida dei servi; non
dice come devono fare a far fruttare il talento
ed è la loro capacità operosa a
farli fruttare e non, come invece lascia intendere
Luca, una qualità intrinseca al
talento.
Talento che, ricordiamocelo, è
una grande dono!
Per avere un ordine di grandezza,
un talento corrisponde a vent’anni di lavoro
di un operaio, quindi fra
centocinquanta e duecentomila euro!
Al primo servo viene consegnata
la strabiliante cifra di 1,2 milioni di euro,
da farci un bell’investimento!
E così accade; i primi due servi
fanno fruttare il talento, raddoppiandone il valore.
Nell’interpretazione Matteana
cosa sono i talenti?
I doni preziosi che Gesù fa alla
comunità cristiana; la Parola, i sacramenti,
la logica nuova del Vangelo, la
Chiesa.
Doni preziosi che ci hanno
cambiato la vita e che siamo chiamati a far
fruttare, non a lasciare
irrancidire.
Che tristezza vedere le nostre
comunità fare come il terzo servo che seppellisce
il talento del Signore sotto
cumuli di prescrizioni e di ritualità esteriori.
Il terzo servo viene duramente
punito, in maniera esagerata.
Dio si comporta con lui come lui
immagina che sia Dio.
Il fedele che si immagina Dio
come un orribile mostro fa di Dio un’esperienza orribile.
Se non convertiamo il nostro
cuore alla novità del vangelo, alla fiducia di un
Dio che ci consegna i suoi
tesori, fidandosi di noi, non faremo che portare
avanti, di Lui, un’idea piccina e
sconfortante.
Troppo spesso, ancora!, Dio
assomiglia alle nostre proiezioni, al Dio giudice
severo che mi controlla e mi fa
tribolare.
Una fede fondata sulla paura non
da nessun frutto.
Intimorito dalla sua idea di Dio,
replica stizzito il padrone, avrebbe potuto
almeno dare il talento ad una
banca (la comunità?) che lo avrebbe fatto rendere.
Il dramma, invece, è che alcuni
servi, alcuni discepoli, pur avendo ricevuto
un grande tesoro, non lo fanno
fruttare ed ostacolano chi lo farebbe fruttare.
Quant’è vero.
La liturgia, in maniera
birichina, chiede al discepolo di essere virtuoso ed
operoso come una donna di casa.
La splendida pagina del libro dei
Proverbi ci dipinge il modello di una
donna virtuosa secondo i canoni
dell’antichità ebraica.
A noi, oggi, specialmente alle
donne lettrici!, questa descrizione fa sorridere,
e, forse, urta.
Eppure c’è una profonda verità
dietro il ritratto della donna virtuosa dedita al
Lavoro; se da una parte la Bibbia
è intrisa di sentimenti tipici dell’epoca,
dall’altra, diversamente da come
ci immaginiamo, valorizza il ruolo della donna
e chiede al marito (duemilatrecento
anni fa!) e ai figli di riconoscerne il talento.
San Paolo ci invita a vegliare, a
stare desti.
In un mondo narcotizzato e sazio,
stanco e convulso, è già una gran cosa non
omologarsi, ragionare con la
propria testa.
E con il vangelo in mano.
Nell’attesa del ritorno del
Signore corriamo il rischio di stancarci, di tenere
basso il profilo, di attendere
senza operare.
Come il servo idiota della
parabola, spesso seppelliamo i nostri talenti o li
mettiamo in contrapposizione gli
uni con gli altri.
La logica del mondo chiede di
essere produttivi, aggressivi, decisi, forti, per
spaccare il mondo, per
conquistare mercati e danari.
Nella logica del Regno ciò che
conta è amare e ciascuno, anche la persona
anziana, anche il fratello
inabile, diventa una risorsa estrema nel mercato del
cuore inaugurato dal Maestro, là
dove sono beati i poveri e i sofferenti.
Gesù non sopporta un
atteggiamento rinunciatario e lamentoso da parte delle
nostre comunità, ma ci invita ad
essere operosi e fecondi, non nella logica
del mondo (non siamo una holding
del sacro!) ma nella direzione della
condivisione evangelica e della
Profezia.
È possibile, amici; le nostre
Parrocchie, smarrite nelle profondità della
provincia o anonime tra anonimi
caseggiati delle nostre periferie, sono
chiamate a diventare volto povero
della presenza di Dio.
Povero perché fatto da noi,
perché composto da fragili discepoli, ma piene
di speranza perché orientate alla
venuta dello sposo.
Buona Domenica amici,
intenti a far fruttare i talenti che il Signore ci dona!
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