sabato 22 febbraio 2020

Il Vangelo di Domenica 23 Febbraio 2020


Della 7° Domenica del Tempo Ordinario.
1° Lettura dal libro del Levìtico (19,1-2.17-18)
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti
dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente
il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.
Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma
amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».
Parola di Dio.
2° Lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (3,16-23)
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui.
Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda.
Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per
diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio.
Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia».
E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».
Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo,
Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro!
Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (5,38-48) anno A.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu
detto: “Occhio per occhio e dente per dente”.
Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla
guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e
toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
Dà a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole
sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani?
E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?
Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Parola del Signore.
Meditazione personale sul Vangelo di oggi.
Gesù ama i paradossi.
Punta in alto, osa, sposta in alto l’assicella perché sa bene che noi uomini
tendiamo sempre ad attenuare, ad annacquare, ad essere molto esigenti con
gli altri e troppo condiscendenti con noi stessi.
No, non è venuto a cambiare la strada che conduce al Dio di Israele, ma a
portarla a compimento.
Le beatitudini sono la pienezza della Torah.
Stolto chi cambia anche solo un tratto di quanto Egli dice.
Non vivere la radicalità del Vangelo è come usare un sale insipido, come mettere
la lucerna sotto allo sgabello; un’idiozia.
Nell’impegnativo discorso della montagna Gesù, con coraggio e autorevolezza
inaudite, mette in discussione alcuni capisaldi della fede.
Tradizioni umane spacciate per divine, temi molto sensibili che andavano a
coinvolgere la sensibilità spirituale ma, ancora di più la vita concreta.
L’orizzonte è quello descritto dalla prima lettura; siamo chiamati a condividere
la santità del Dio di Israele che non è una divinità separata dal mondo ma un
amico che desidera la felicità degli uomini e si adopera perché essi la raggiungano.
Domenica scorsa abbiamo preso quattro questioni fondamentali; l’omicidio che non
è solo quello fisico, il perdono che vale più del culto, l’adulterio come tradimento al
sogno di Dio e il giuramento come visione pagana di Dio e del fratello.
A chiudere il cerchio, oggi, due questioni delicate; la giustizia e l’uso della violenza.
Il proverbio “occhio per occhio e dente per dente”, che a noi sembra barbaro
e primitivo, in realtà era una forma di moderazione, di misura; la reazione doveva
essere proporzionata al danno, all’offesa.
Se ci guardiamo attorno, già solo questo sano principio fisico aiuterebbe non
poco l’umanità a orientarsi verso la giustizia; quante volte la reazione è
sproporzionata, abnorme.
E senza andare a cercare le grandi relazioni internazionali, pensiamo ai rapporti
in famiglia, in ufficio, in auto; un piccolo gesto, una parola di troppo, scatena
una reazione eccessiva, uno scatto d’ira.
Eppure Gesù propone al discepolo di osare di più, di andare oltre, di non
opporsi al malvagio.
Intendiamoci; se un pazzo sta accoltellando mio figlio lo difendo ad ogni
costo ed è bene che lo faccia.
Ma, in determinate occasioni, lo Spirito può infiammare i nostri cuori
rendendoci capaci, come Cristo, di donare la vita.
Certo, nel quotidiano non ci succede di rischiare la pelle (e meno male!), ma
di dover scegliere se reagire ad una provocazione, sì.
E penso alle tante volte in cui mi sono trovato nella condizione di reagire in
malo modo, di assecondare la stanchezza o l’irritazione e di prendermela con
qualcuno e mi sono sentito la parola del Vangelo salirmi dal cuore.
La storia, da Santo Stefano e Francesco, da Gandhi ai tanti testimoni dell’oggi, ci
dice che la pace vissuta con profondità può scardinare le logiche violente del mondo.
Era normale, al tempo di Gesù amare e perdonare, era previsto e predicato dai rabbini.
Ma l’amore e il perdono erano ristretti al popolo di Israele.
Il nemico andava odiato.
Allora capiamo la follia della predicazione di Gesù, che sovverte l’ordine;
amare chi ti ama non è opera meritoria, pregare per chi ti è nemico, augurargli
la conversione, non la morte, significa imitare il Padre.
È il Figlio, che sulla croce perdona i suoi assassini.
È normale trovare antipatico chi ci contrasta.
È evangelico scegliere di passare sopra alle antipatie per trovare ciò che unisce.
È normale difendere le proprie cose, il proprio territorio, la propria famiglia.
È evangelico scegliere il dialogo, il confronto, la conoscenza reciproca per farlo.
È normale che d’ogni tanto la parte oscura che c’è in noi emerga.
È evangelico lasciare che la parte luminosa sconfigga la parte peggiore di noi.
Se essere cristiani non cambia le nostre scelte, se non cambia la nostra vita,
le nostre reazioni, significa che il Vangelo non ha davvero arato il nostro cuore.
Gesù è asciutto e diretto, chiede tanto perché dona tanto.
Non vuole che i suoi discepoli siano all’acqua di rose, bravi ragazzi insipidi
e anonimi, ma uomini e donne capaci di dire chi è veramente Dio, di chi può
essere davvero l’uomo.
E Matteo conclude; imitate il Padre, imitate Dio, siate perfetti come Lui.
Non in uno sforzo impossibile, ma nell’accoglienza dell’opera di Dio in noi.
Ma la cosa che mi ha sempre incuriosito è il fatto che Luca, riprendendo questo
testo, decide di apportare una correzione; siate misericordiosi, dice, come è
misericordioso il Padre vostro.
Aveva paura, Luca, dei cristiani che pensano di essere migliori, che diventano
professionisti della fede, neo-farisei, giusti ed ipocriti.
La perfezione di Dio consiste nella sua misericordia, nel guardare col cuore
alla nostra miseria.
Imitiamo il Padre quando vediamo nel violento una scintilla di bontà da far crescere.
Imitiamo il Padre quando guardiamo al lato luminoso della realtà e delle persone.
E di noi stessi.
Imitiamo il Padre quando è la compassione a prevalere.
Imitiamo il Signore, amiamo amici, perché di odio nel mondo ce né anche troppo.
Santa Domenica Fausto.



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