Il Vangelo di Domenica
2 Giugno 2019.
Ascensione del
Signore.
1° Lettura dagli Atti
degli Apostoli (1,1-11)
2° Lettura dalla
lettera agli Ebrei (9,24-28; 10,19-23)
Dal Vangelo secondo
Luca (24,46-53) anno C.
In quel tempo, Gesù
disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà
e risorgerà dai morti
il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti
i popoli la
conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
Di questo voi siete
testimoni.
Ed ecco, io mando su
di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate
in città, finché non
siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori
verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
Mentre li benediceva,
si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.
Ed essi si prostrarono
davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande
gioia e stavano sempre
nel tempio lodando Dio.
Parola del Signore.
Riflessione personale
sul Vangelo di oggi.
Uomini di Galilea, perché
continuate a guardare il cielo?
Sono stupiti e amareggiati, i
discepoli.
Il Maestro se ne va proprio ora
che, infine, avevano capito il grande disegno
di Dio su Gesù, proprio ora che,
finalmente, avevano superato il dolore e si
erano convertiti alla gioia!
Proprio ora che, come nel finale
in una bella commedia americana, tutto
sembrava chiaro, lineare; il
Regno era finalmente iniziato e Gesù avrebbe
regnato con i suoi fedeli
apostoli per l’eternità.
E invece no.
Spiazzati, nuovamente.
Gesù torna al Padre, e affida
l’annuncio del Regno ai discepoli.
Che storia.
Uomini di Galilea, perché
continuate a guardare il cielo?
Quante domande la Parola rivolge
al cercatore di Dio.
Perché piangi, anima mia, perché
su di me gemi?
Perché cercate fra i morti uno
che è vivo?
Dio ci interroga, ci scuote, ci
invita ad andare oltre, a crescere e a credere.
No, non dobbiamo cercare in cielo
il volto di un Dio che ha calpestato la terra.
Lo possiamo cercare là dove ha
deciso, per sempre, di abitare; in mezzo ai
fratelli più poveri, in mezzo
alla comunità di coloro che credono nel Nazareno.
Paradosso insostenibile del
cristianesimo!
Prima ci chiede di credere che il
Dio invisibile si è fatto uomo.
Ora ci chiede di credere che il
Dio accessibile si consegna nelle fragili
mani di uomini peccatori e
incoerenti!
Scambio sfavorevole; invece di
incontrare il volto radioso e sereno del
Maestro, incontriamo il volto
rugoso e scuro dei cristiani.
Ma se, invece, Gesù avesse voluto
dirci qualcosa di nuovo? Di inatteso?
Se davvero nei progetti di Dio ci
fossimo noi?
Se, mettete il caso, davvero Gesù
abbia (follemente) affidato l’annuncio
del Regno alla Chiesa, peggio; a
questa Chiesa?
Il nostro non è un Dio manager
amministratore di una multinazionale del
sacro che dirama le direttive e
un numero verde per le emergenze, con
gentili angeli che non danno mai
risposte utili, no.
Il Dio presente, il Dio in cui
crediamo è il Dio che accompagna, certo, ma
che affida il cammino del vangelo
alla fragilità della sua Chiesa.
Il Regno sperato dagli apostoli
occorre costruirlo, la nuova dimensione
voluta dal Signore per restare
nel mondo, non è una soluzione magica,
ma è una dimensione pazientemente
intessuta da ognuno di noi.
Siamo noi, ahimè, il volto di
Gesù per le persone che incontriamo sulla nostra strada.
Tu, fratello o sorella, siete lo
sguardo di Dio per le persone che incontrerete.
Così il nostro Dio originale e
spiazzante ha deciso.
E così davvero accade.
L’ascensione segna la fine di un
momento, il momento della presenza fisica
di Dio, dell’annuncio del vero
volto del Padre da parte di Gesù, che professiamo
Signore e Dio, con la
rassicurazione, da parte di Dio stesso della sua bontà e
della sua vicinanza nello sguardo
di noi discepoli.
Ora è il tempo di costruire
relazioni e rapporti a partire dal sogno di Dio che
è la Chiesa; comunità di fratelli
e sorelle radunati nella tenerezza e nella
franchezza del Vangelo.
Accogliamo allora l’invito degli
angeli; smettiamola di guardare tra le nuvole
cercando il barlume della gloria
di Dio e-piuttosto-vediamo questa gloria
disseminata nella quotidianità di
ciò che siamo e viviamo.
Restiamo in città, non fuggiamo
la disperante banalità dell’oggi, perché è lì
che Gesù sceglie di abitare, nell’oggi,
nel delirio confuso della mia città.
Cerchiamo Dio, ora, nella gloria
del Tempio che è l’uomo, tempio del Dio
vivente, smettiamola di guardare
le nuvole, se Dio è nel volto povero e teso
del fratello che incrocio.
Il Signore ci dice che è
possibile qui e ora costruire il suo Regno.
L’ascensione segna l’inizio della
Chiesa, l’avvio di una nuova avventura
che vede noi protagonisti.
E se la Chiesa ci ha masticato,
offeso, provato, combattiamo con più forza,
imitiamo i santi che convertirono
la Chiesa a partire da loro stessi.
Staremo ancora a naso in su a
scrutare gli astri?
A implorare un intervento divino?
O non vedremo-piuttosto-la
presenza di Dio tra i suoi discepoli, presenza
segnata nella fatica
dell’accoglienza, nella vita di fede, nel desiderio di un
mondo più solidale da costruire
giorno per giorno?
Ascendiamo, fratelli e sorelle; smettiamola
di fare i bambini devoti, Dio-ora-ha
bisogno di discepoli adulti, capaci
di far vibrare il Vangelo nella vita,
capaci di dire la fede in modo
nuovo.
Cerchiamo amici di non farci
venire il torcicollo, il Signore è qui, accanto
a noi e lo possiamo vedere in
ogni momento della nostra quotidianità.
Santa Domenica nella
gioia dell’Ascensione amici, Fausto.
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