sabato 27 aprile 2019

E come ho fatto la settimana scorsa con Giuda, anche oggi ho voluto scrivere una lettera al mio amico Tommaso.


Lettera al mio amico Tommaso, l’incredulo.
Per ricordare l’amico Tommaso, il re dei credenti.
Caro Tommaso, fa strano scriverti una lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni,
di schierarmi formalmente e solennemente dalla tua parte.
Mi spiego meglio; ogni anno, dopo l'ebbrezza della festa di Pasqua, puntualmente
ti ritroviamo col Vangelo che ti riguarda; il motivo è semplice, san Giovanni ci
dice che il fatto, o meglio, il fattaccio, è accaduto otto giorni dopo l'apparizione
di Gesù a porte chiuse nel Cenacolo alla sera di Pasqua.
Ora; sono stufo di vederti descritto come un incredulo, su di te abbiamo addirittura 
composto un proverbio "Tommaso che non ci crede se non ci mette il naso" e zac,
sei arrivato fino a noi con la falsa nomea di incredulo.
Ed in questo, ti assomiglio parecchio.
E' il nostro consueto modo di leggere il Vangelo, col cervello in stand-by,
ascoltando come se fosse una pia ed edificante favoletta, senza la voglia di 
approfondire ciò che dovrebbe nutrire la nostra vita e la nostra fede.
Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni, si capisce subito
che tu al Rabbì ci avevi creduto, fin troppo.
Dalle tue parole durissime, ferite, si intuisce dell'amarezza che ti aveva sconvolto
il cuore all'indomani della croce!
Incredulo? Andiamo!
Piuttosto credulone, con l'entusiasmo che ti contraddistingueva tra i dodici.
Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te, ti ho visto nel volto di molti 
fratelli scoraggiati e delusi dopo aver dato l'anima ad un sogno, ad un progetto.
Più voli in alto e più-cadendo-ti fai del male.
La croce, per te inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro e la tua vita, messo
fine al tuo sogno realizzato.
E ti vedo-sbalordito e attonito-che ascolti i tuoi compagni.
Le tue ferite sanguinano copiosamente e questi-gioiosi-ti raccontano di averlo
visto vivo, risorto.
Giovanni, che c'era, ha scritto solo la prima parte di ciò che hai detto; la frase
durissima del "non crederò" e-per pudore, Giovanni è cortese e delicato-non ha 
riportato le tue altre frasi, dette con la voce rotta dalla rabbia e dalla voglia
di piangere.
Io però me le sono immaginate: "Tu Pietro? e tu Andrea? e tu Giacomo?
Voi mi dite che Lui è vivo?
Siamo scappati tutti, come conigli; come faccio a credervi?".
Tommaso; hai ragione.
Incontro spesse volte cristiani come te, feriti dalla pessima testimonianza di
noi discepoli, scandalizzati dal baratro che mettiamo tra la nostra fede e la
nostra vita, increduli al Vangelo a causa della nostra piccolezza.
Ma-e questo è stupefacente-Giovanni ci dice che otto giorni dopo tu eri ancora con loro.
Cavolo, Tommi, quanto ti vuole bene il Signore!
Non li hai mollati come alle volte vedo fare, non ti sei sentito superiore,
migliore o a parte.
Hai voluto condividere la tua amarezza con loro.
E finalmente è accaduto, apposta per te è venuto il Maestro; vedi come ti ama?
Le sue piaghe, il suo costato ostesi, aperti, mostrati, e quella frase bellissima
(non un rimprovero ma un gesto d'amore): "Tommaso so che hai sofferto tanto.
Guarda; anch'io ho sofferto tanto", ti hanno fatto arrendere, hai lasciato la diga
del pianto rompere gli argini, ti sei lasciato travolgere dall'amore e dalla fede,
ti sei buttato in ginocchio e tu, per primo, hai osato dire ciò che nessuno prima
aveva osato neppure pensare; Gesù è Dio.
Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e ringrazio te e il nostro comune
Signore per come ti ha trattato.
Non credo sia un caso il fatto che il tuo amico Giovanni ti abbia soprannominato 
"didimo", cioè gemello; davvero mi assomigli.
Voglio affidarti, caro mio gemello, tutti quelli che-come te-non si sono ancora
arresi al Signore; io per primo, ma anche tutti quelli, insomma, bastonati
come te e come me.
E anche gli scandalizzati da noi cristiani; che guardino al Cristo piuttosto che
ai suoi fragili discepoli.
Ciao amico e fratello; uomo dalla grande fede cristallina!
Santa Domenica della Misericordia a tutti voi amici, che come me, magari
assomigliate al nostro fratello Tommaso, Fausto.


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