Della 23° settimana
del Tempo Ordinario.
Esaltazione della
Santa Croce.
Prima Lettura
Chiunque sarà stato
morso e guarderà
il serpente,
resterà in vita.
Dal libro dei Numeri
(21,4b-9)
In quei giorni, il
popolo non sopportò
il viaggio.
Il popolo disse contro
Dio e contro Mosè:
«Perché ci avete fatto
salire dall’Egitto
per farci morire in
questo deserto?
Perché qui non c’è né
pane né acqua e
siamo nauseati di
questo cibo così leggero».
Allora il Signore
mandò fra il popolo
serpenti brucianti i
quali mordevano la
gente, e un gran
numero d’Israeliti morì.
Il popolo venne da
Mosè e disse:
«Abbiamo peccato,
perché abbiamo
parlato contro il
Signore e contro di te;
supplica il Signore
che allontani da
noi questi serpenti».
Mosè pregò per il
popolo.
Il Signore disse a
Mosè: «Fatti un serpente
e mettilo sopra
un’asta; chiunque sarà
stato morso e lo
guarderà, resterà in vita».
Mosè allora fece un
serpente di bronzo e
lo mise sopra l’asta;
quando un serpente
aveva morso qualcuno,
se questi guardava
il serpente di bronzo,
restava in vita.
Parola di Dio.
Vangelo
Bisogna che sia
innalzato il Figlio dell'uomo.
Dal Vangelo secondo
Giovanni (3,13-17) anno pari.
In quel tempo, Gesù
disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito
al cielo, se non
colui che è disceso
dal cielo,
il Figlio dell’uomo.
E come Mosè innalzò il
serpente nel
deserto, così bisogna
che sia innalzato
il Figlio dell’uomo,
perché chiunque
crede in lui abbia la
vita eterna.
Dio infatti ha tanto
amato il mondo da
dare il Figlio
unigenito, perché chiunque
crede in lui non vada
perduto, ma abbia
la vita eterna.
Dio, infatti, non ha
mandato il Figlio nel
mondo per condannare
il mondo, ma perché
il mondo sia salvato
per mezzo di lui».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
La festa dell’esaltazione della
santa Croce
è nata da un fatto storico; il
ritrovamento
della regina Elena, madre dell’imperatore
Costantino, primo imperatore
convertitosi
alla fede, del luogo della
crocifissione
a Gerusalemme.
La croce non è da esaltare, la
sofferenza
non è mai gradita a Dio,
toglietevi dalla
testa, subito, la tragica
inclinazione
all’autolesionismo tipica del cattolicesimo,
inclinazione che crogiola il
cristiano nel
proprio dolore pensando che
questo lo
avvicini a Dio.
La nostra è una Religione che
rischia di
fermarsi al Venerdì Santo, perché
tutti
abbiamo una sofferenza da
condividere
e ci piace l’idea che anche Dio
la
pensi come noi.
No, lo ripeto alla nausea; la
felicità
cristiana è una tristezza
superata, una croce
abbandonata perché ormai inutile
e questa
croce vuota-oggi-viene esaltata.
La croce non è il segno della
sofferenza
di Dio, ma del suo amore.
La croce è epifania della serietà
del suo
bene per ciascuno di noi.
Fino a questo punto ha voluto
amarci,
perché altro è usare dolci e
consolanti
parole, altro appenderle a tre
chiodi,
sospese fra il cielo e la terra.
La croce è il paradosso finale di
Dio,
la sua ammissione di sconfitta,
la sua
ammissione di arrendevolezza;
poiché
ci ama lo possiamo crocifiggere.
Esaltare la croce significa
esaltare l’amore,
esaltare la croce significa
spalancare il
cuore all’adorazione e allo
stupore.
Innalzato sulla croce (Giovanni
non usa
mai la parola ‘crocifisso’ ma ‘osteso’
cioè
mostrato) Gesù attira tutti a sé,
preghiamo.
Padre nostro che sei
nei cieli, sia santificato
il tuo nome, venga il
tuo regno, sia fatta
la tua volontà come in
cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
rimetti a noi i nostri
debiti come anche
noi li rimettiamo ai
nostri debitori,
e non abbandonarci
alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.
Ave, o Maria, piena di
grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e
benedetto il frutto
del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per
noi peccatori, adesso
e nell'ora della
nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e
allo Spirito Santo.
Come era nel
principio, ora, e
sempre, nei secoli dei
secoli. Amen.
Buona giornata, Fausto.
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