sabato 24 agosto 2024

Il Vangelo di Domenica 25 Agosto 2024

 

Della 21° Domenica del Tempo Ordinario.

San Ludovico (Luigi IX), re di Francia.

Prima Lettura

Serviremo il Signore, perché

egli è il nostro Dio.

Dal libro di Giosuè (24,1-2a.15-17.18b)

In quei giorni, Giosuè radunò tutte le

tribù d’Israele a Sichem e convocò gli

anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli

scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio.

Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra

male ai vostri occhi servire il Signore,

sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi

che i vostri padri hanno servito oltre

il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi,

nel cui territorio abitate.

Quanto a me e alla mia casa, serviremo

il Signore».

Il popolo rispose: «Lontano da noi

abbandonare il Signore per servire

altri dèi!

Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha

fatto salire noi e i padri nostri dalla terra

d’Egitto, dalla condizione servile; egli

ha compiuto quei grandi segni dinanzi

ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto

il cammino che abbiamo percorso e in

mezzo a tutti i popoli fra i quali

siamo passati.

Perciò anche noi serviremo il Signore,

perché egli è il nostro Dio».

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 33 (34)

Ripetiamo. Gustate e vedete

com’è buono il Signore.

 

Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino. R.

 

Gli occhi del Signore sui giusti,

i suoi orecchi al loro grido di aiuto.

Il volto del Signore contro i malfattori,

per eliminarne dalla terra il ricordo. R.

 

Gridano e il Signore li ascolta,

li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore

spezzato, egli salva gli spiriti affranti. R.

 

Molti sono i mali del giusto,

ma da tutti lo libera il Signore.

Custodisce tutte le sue ossa:

neppure uno sarà spezzato. R.

 

Il male fa morire il malvagio

e chi odia il giusto sarà condannato.

Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;

non sarà condannato chi in lui si rifugia. R.

 

Seconda Lettura

Questo mistero è grande: lo dico in

riferimento a Cristo e alla Chiesa.

Dalla lettera di san Paolo

apostolo agli Efesìni Ef 5,21-32

Fratelli, nel timore di Cristo, siate

sottomessi gli uni agli altri: le mogli

lo siano ai loro mariti, come al Signore;

il marito infatti è capo della moglie,

così come Cristo è capo della Chiesa,

lui che è salvatore del corpo.

E come la Chiesa è sottomessa a Cristo,

così anche le mogli lo siano ai loro

mariti in tutto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli,

come anche Cristo ha amato la Chiesa

e ha dato se stesso per lei, per renderla

santa, purificandola con il lavacro

dell’acqua mediante la parola, e per

presentare a se stesso la Chiesa tutta

gloriosa, senza macchia né ruga o

alcunché di simile, ma santa e immacolata.

Così anche i mariti hanno il dovere di

amare le mogli come il proprio corpo:

chi ama la propria moglie, ama se stesso.

Nessuno infatti ha mai odiato la propria

carne, anzi la nutre e la cura, come anche

Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo

membra del suo corpo.

Per questo l’uomo lascerà il padre e la

madre e si unirà a sua moglie e i due

diventeranno una sola carne.

Questo mistero è grande: io lo dico in

riferimento a Cristo e alla Chiesa!

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;

tu hai parole di vita eterna. (Cf. Gv 6,63c.68c)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Da chi andremo?

Tu hai parole di vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,60-69) anno B.

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù,

dopo aver ascoltato, dissero: «Questa

parola è dura! Chi può ascoltarla?».

Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi

discepoli mormoravano riguardo a

questo, disse loro: «Questo vi scandalizza?

E se vedeste il Figlio dell’uomo salire

là dov’era prima?

È lo Spirito che dà la vita, la carne non

giova a nulla; le parole che io vi ho

detto sono spirito e sono vita.

Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».

Gesù infatti sapeva fin da principio chi

erano quelli che non credevano e chi

era colui che lo avrebbe tradito.

E diceva: «Per questo vi ho detto che

nessuno può venire a me, se non gli

è concesso dal Padre».

Da quel momento molti dei suoi discepoli

tornarono indietro e non andavano più con lui.

Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete

andarvene anche voi?».

Gli rispose Simon Pietro: «Signore,

da chi andremo?

Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo

creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

La tragedia è ormai consumata.

Il miracolo della moltiplicazione dei pani

e dei pesci, il più eclatante, il più

straordinario, segna paradossalmente

l’inizio della fine di Gesù.

Il lungo e complesso discorso che abbiamo

ascoltato nell’ultimo mese giunge ormai

alla fine; il giudizio su Gesù da parte della

folla è cambiato; da grande predicatore

e profeta, guaritore e operatore di prodigi

capace di smuovere cinquemila famiglie

ad ascoltarlo, Gesù viene preso per un

visionario e un pazzo che indugia su

discorsi incomprensibili e inaccettabili.

La parabola di Gesù è discendente; fino

a quando Dio ci obbedisce e ci esaudisce

lo seguiamo, quando è esigente e chiede,

lo abbandoniamo.

Gli apostoli stessi, sgomenti, non sanno più

che pensare del loro imprevedibile Rabbì.

Domenica scorsa Gesù ha toccato il fondo;

ha chiesto alla folla di saziarsi della sua

carne, di dissetarsi al suo sangue.

Cristo ha già in mente l’estremo

dono, l’Eucarestia.

Rabbrividisco nel leggere questa decisione

che lascia sgomento chi legge.

Gesù, invece di andarsene, di gettare la

spugna, pensa ad un gesto ancora più

radicale, intravede all’orizzonte

l’incomprensione che diventa

odio e violenza.

E accetta la sfida; andrà fino in fondo,

donerà ogni sua fibra, ogni sua goccia

di sangue al progetto di Dio.

Il panorama, lo vedete, è desolante,

aurora dell’incomprensione che porterà

Gesù al Golgòta.

Non è questa, in sintesi, la storia dell’umanità?

Non è questo episodio metafora e

parabola della nostra vita spirituale?

Fino a quando Gesù sfama le folle è

idolatrato, quando parla di Dio,

è abbandonato.

Fino a quando Dio risponde alle nostre

esigenze e alle nostre richieste è grande,

quando-a nostro avviso-ciò non avviene

più, è rinnegato e rigettato.

Dramma di un Dio che mendica la

nostra adesione!

Dramma inaudito di un Dio che si fa carne

e compassione e che viene ignorato perché

ci risulta più comprensibile un dio intangibile

nella sua asettica e lontana divinità.

In questo rifiuto si gioca tutta la nostra

esistenza, la tragica avventura dell’uomo

che perde l’occasione di diventare adulto

e che avvia Dio alla scelta del sacrificio

della croce come segno inequivocabile

della misura del suo amore.

A questo punto Gesù, indurito, scosso,

attonito, si rivolge agli apostoli.

No, non se l’aspettava questa reazione da

parte della folla che ama con tenerezza.

Forse pensava (ingenuo Dio!) di convertire

i cuori con le parole e lo sguardo.

La domanda, inquietante e tagliente come

una lama, è rivolta a ciascuno di noi:

“Volete andarvene anche voi?”.

Non blandisce gli apostoli sgomenti,

non recede dalle sue parole, non chiede

appoggio o carezza o consolazione.

A Gesù sta più a cuore il Regno della

compagnia, la verità dell’applauso.

“Volete andarvene anche voi?”.

È libero il Rabbì, non ha elemosinato

dei fedeli, né desiderato dei discepoli.

Sa, Gesù, quanto possa diventare

ambiguo un rapporto spirituale,

sa quanto possa tarpare le ali il

discepolato, invece di far crescere

il discepolo.

Gesù non è un guru, è un

vero Maestro. Libero.

Sa che l’obiettivo di ogni discepolo è

di crescere, non di appassire ai piedi

del Maestro.

Sa che ogni Maestro ha un solo desiderio;

che il discepolo diventi autonomo.

“Volete andarvene?”

È solo il Rabbì, mai così solo.

Vuoi andartene, vogliamo andarcene, amici?

E tu, amico/a, vuoi andartene?

È finita la solleticazione spirituale?

Ora che incontri le prime difficoltà vuoi

lasciare tutto per tornare a chiuderti nel

tuo piccolo mondo di tiepide certezze?

Rinunci al sogno di Dio?

Vuoi davvero lasciare questa fragile

Chiesa che, ora più che mai, ha bisogno

di discepoli fedeli, sofferenti ma fedeli,

disposti a rimettere in moto l’annuncio

del Vangelo che sta languendo con le

nostre appassite comunità parrocchiali?

Vuoi davvero metterti dalla parte di

coloro che pensano che questo

cristianesimo sia da abbandonare e

metterti dalla parte degli illuminati che

criticano senza mettersi in gioco? Fallo.

Sei libero, straordinariamente,

drammaticamente libero di credere.

O di fuggire.

Di spalancarti, o di chiuderti.

L’amore di Dio ci lascia liberi, giunge a

chiedere a noi, creature fragili e incostanti,

di aderire liberamente al suo progetto.

Pietro, il grande Pietro, risponde

a nome di tutti.

Lui, che ha lasciato che la Parola lo

scavasse e lo cambiasse, Pietro così simile

a noi, Pietro sa di reti e di odore di pesce,

di duri calli sulle mani, di rughe taglienti

che solcano il suo viso di pescatore.

Lui, uomo di fatica e di notti insonni

passate a gettare le reti nell’arido

lago di Tiberiade.

Lui, così simile a noi, così irruento,

fragile, istintivo, rozzo.

Lui come noi, perciò scelto per

confermare la fede dei fratelli.

Pietro che assaporerà l’ebbrezza dello

slancio e della condivisione col Maestro

e l’amara sconfitta del rinnegamento.

Pietro colmo di peccato come noi, ma così

pronto a lasciarsi sconvolgere dallo sguardo

del suo Signore che sale alla croce.

Pietro che piange.

Benedetto pianto che rivela l’abisso di

tenerezza e di umanità nascosto dentro

questo umile pescatore!

Lui ci è stato dato come pastore.

Non il perfetto Giovanni, discepolo che

Gesù amava, custode della Madre,

presente alla croce, grande mistico.

No, troppo grande e perfetto per

essere simile a noi.

Di Pietro avevamo bisogno, di uno come

noi, che misurasse giornalmente la fatica,

che contasse a spanne il suo limite,

senza vergognarsene.

Pietro risponde, ora, poco convinto, forse,

un pò amareggiato, come gli altri undici,

con tanti interrogativi sul fallimento di

un brillante futuro Messianico, un pò

preoccupato del domani ormai incerto,

perplesso di questo Rabbì troppo esigente,

troppo grande, troppo tutto.

La risposta, la sua, è come un vulcano

che sfoga la sua forza, come un vento

che abbatte i boschi, un pilastro che

sostiene la nostra fragilità: "Da chi

andremo, Signore?".

Dove vuoi che andiamo, ormai, Signore?

Dove trovare tanta serenità, tanta verità,

tanto bene, tanta luce, tanto silenzio, dove,

Dio santo, trovare qualcosa o qualcuno

che ti sia pari?

Dove, amico degli uomini, trovare

compassione e futuro, dove respirare

l’ebbrezza di Dio?

Ci sconcerti, Maestro, ci sfidi, è difficile

convertire il nostro cuore alla tua tenerezza

e luce ma-Signore-ormai la nostra vita

è segnata a fuoco.

Tu ci hai sedotti.

Dove vuoi che andiamo, Signore?

Possiamo andare solo nelle tue braccia,

Signore, Santa Domenica, amici, Fausto.

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