Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
San Silvestro I, Papa.
Prima lettura.
Uno nato da te sarà
tuo erede.
Dal libro della Gènesi
(15,1-6; 21,1-13)
In quei giorni, fu
rivolta ad Abram, in
visione, questa parola
del Signore: «Non
temere, Abram. Io sono
il tuo scudo; la
tua ricompensa sarà
molto grande».
Rispose Abram:
«Signore Dio, che
cosa mi darai?
Io me ne vado senza
figli e l'erede della
mia casa è Elièzer di
Damasco».
Soggiunse Abram: «Ecco,
a me non hai
dato discendenza e un
mio domestico
sarà mio erede».
Ed ecco, gli fu
rivolta questa parola dal
Signore: «Non sarà
costui il tuo erede,
ma uno nato da te sarà
il tuo erede».
Poi lo condusse fuori
e gli disse: «Guarda
in cielo e conta le
stelle, se riesci a contarle»
e soggiunse: «Tale
sarà la tua discendenza».
Egli credette al
Signore, che glielo accreditò
come giustizia.
Il Signore visitò
Sara, come aveva detto,
e fece a Sara come
aveva promesso.
Sara concepì e partorì
ad Abramo un
figlio nella
vecchiaia, nel tempo che
Dio aveva fissato.
Abramo chiamò Isacco
il figlio che gli era
nato, che Sara gli
aveva partorito.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal
Sal 104 (105)
Ripetiamo. Il
Signore è fedele al suo patto.
Rendete grazie al
Signore e invocate il
suo nome, proclamate
fra i popoli
le sue opere.
A lui cantate, a lui
inneggiate,
meditate tutte le sue
meraviglie. R.
Gloriatevi del suo
santo nome:
gioisca il cuore di
chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e
la sua potenza,
ricercate sempre il
suo volto. R.
Ricordate le
meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i
giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo,
suo servo,
figli di Giacobbe, suo
eletto. R.
Si è sempre ricordato
della sua alleanza,
parola data per mille
generazioni,
dell'alleanza
stabilita con Abramo
e del suo giuramento a
Isacco. R.
Seconda Lettura
La fede di Abrano,
di Sara e di Isacco.
Dalla lettera agli
Ebrei (11,8.11-12.17-19)
Fratelli, per fede,
Abramo, chiamato da
Dio, obbedì partendo
per un luogo che
doveva ricevere in
eredità, e partì senza
sapere dove andava.
Per fede, anche Sara,
sebbene fuori
dell'età, ricevette la
possibilità di
diventare madre,
perché ritenne degno
di fede colui che
glielo aveva promesso.
Per questo da un uomo
solo, e inoltre già
segnato dalla morte,
nacque una
discendenza numerosa
come le stelle
del cielo e come la
sabbia che si trova
lungo la spiaggia del
mare e non si
può contare.
Per fede, Abramo,
messo alla prova,
offrì Isacco, e
proprio lui, che aveva
ricevuto le promesse,
offrì il suo
unigenito figlio, del
quale era stato
detto: «Mediante
Isacco avrai una
tua discendenza».
Egli pensava infatti
che Dio è capace di
far risorgere anche
dai morti: per questo
lo riebbe anche come
simbolo.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Molte volte e in
diversi modi nei tempi
Antichi Dio ha parlato
ai padri per mezzo
dei profeti,
ultimamente, in questi giorni,
ha parlato a noi per
mezzo del Figlio. (Eb 1,1-2)
Alleluia, alleluia.
Vangelo
Il bambino cresceva
pieno di sapienza.
Dal Vangelo secondo
Luca (2,22-40) anno B.
Quando furono compiuti
i giorni della loro
purificazione rituale,
secondo la legge di
Mosè, [Maria e
Giuseppe] portarono il
bambino [Gesù] a
Gerusalemme per
presentarlo al
Signore-come è scritto nella
legge del Signore:
«Ogni maschio primogenito
sarà sacro al
Signore»-e per offrire in
sacrificio una coppia
di tortore o due
giovani colombi, come
prescrive la
legge del Signore.
Ora a Gerusalemme
c'era un uomo di nome
Simeone, uomo giusto e
pio, che aspettava
la consolazione
d'Israele, e lo Spirito Santo
era su di lui.
Lo Spirito Santo gli
aveva preannunciato
che non avrebbe visto
la morte senza prima
aver veduto il Cristo
del Signore.
Mosso dallo Spirito,
si recò al tempio e,
mentre i genitori vi
portavano il bambino
Gesù per fare ciò che
la Legge prescriveva
a suo riguardo,
anch'egli lo accolse tra le
braccia e benedisse
Dio, dicendo: «Ora
puoi lasciare, o
Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo
la tua parola,
perché i miei occhi
hanno visto la tua
salvezza, preparata da
te davanti a tutti
i popoli: luce per
rivelarti alle genti e
gloria del tuo popolo,
Israele».
Il padre e la madre di
Gesù si stupivano
delle cose che si
dicevano di lui.
Simeone li benedisse e
a Maria, sua madre,
disse: «Ecco, egli è
qui per la caduta e la
risurrezione di molti
in Israele e come
segno di contraddizione-e
anche a te una
spada trafiggerà
l'anima-, affinché siano
svelati i pensieri di
molti cuori».
C'era anche una
profetessa, Anna, figlia
di Fanuèle, della
tribù di Aser.
Era molto avanzata in
età, aveva vissuto
con il marito sette
anni dopo il suo
matrimonio, era poi
rimasta vedova e ora
aveva ottantaquattro
anni.
Non si allontanava mai
dal tempio,
servendo Dio notte e
giorno con
digiuni e preghiere.
Sopraggiunta in quel
momento, si mise
anche lei a lodare Dio
e parlava del
bambino a quanti aspettavano
la
redenzione di
Gerusalemme.
Quando ebbero
adempiuto ogni cosa
secondo la legge del
Signore, fecero
ritorno in Galilea,
alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e
si fortificava, pieno
di sapienza, e la
grazia di Dio era su di lui.
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
I giorni di Natale scorrono in
fretta.
Forse, me lo auguro, ve lo
auguro, siamo
riusciti (almeno un poco!) a
fidarci di Dio,
a dirgli che ci teniamo a Lui,
che in
questo Natale può contare su di
noi.
E oggi, nella Domenica che
incontriamo
tra il Natale e Capodanno, siamo
invitati
a fermare il nostro sguardo su
questa
strana famiglia che ci viene
proposta a
modello per la nostra famiglia
concreta.
Resto sempre un pò in imbarazzo a
parlare di ‘modello’ quando parlo
della Santa Famiglia; ben poco
rassomiglia alle nostre famiglie;
un bambino che è la presenza di
Dio,
un padre e una madre coinvolti in
un
Mistero inaudito, senza confini.
Possono davvero dirci qualcosa?
Credo proprio di sì.
Non solo; credo che in questi
tempi
dobbiamo avere il coraggio di
parlare
di più e meglio della famiglia,
delle
nostre famiglie.
La famiglia è in crisi, ci dicono
i sociologi.
Ma senza scomodarli, ci rendiamo
conto
che qualcosa non funziona nella
nostra
società; sempre di più sono le
coppie che
si sfasciano, che non credono più
nella
possibilità di un rapporto
duraturo.
La nostra società è piena zeppa
di
separazioni e divorzi.
Attenti, però.
Normalmente, a questo punto, gli
uditori si irrigidiscono.
“Ecco-si penserà-adesso inizia la
solita
predica moralistica”.
No, per favore.
Lasciate perdere un attimo la
morale
e parliamo da uomini, con
sincerità.
Il fatto che la famiglia sia in
crisi, o,
meglio, che la coppia lo sia, è
anzitutto
un problema umano.
Quanta sofferenza e disillusione
vedo negli
occhi di chi cerca una certezza
affettiva!
Dobbiamo concludere anche noi che
è
impossibile amarsi?
Che è finito il tempo dell’illusione?
Non è un problema da poco; se
veramente
è impossibile parlare di
progetto, di
fedeltà, di continuità, allora la
famiglia è morta.
Allora dobbiamo parlare di
famiglia in
maniera allargata, diversa.
Eppure questa festa, amici, ci
ricorda il
sogno che Dio ha sulla coppia.
Amarsi è possibile; restare
fedeli è
possibile; crescere in un
progetto
è possibile.
Di più; Dio ci ha piantato nel
cuore,
quando ci ha creati, questa
nostalgia
per la comunione.
Non siamo stati creati a immagine
e somiglianza
del Dio che è Comunione
Trinitaria?
Giuseppe e Maria, allora, nel
loro amore
pieno di tenerezza e di fatica,
ci dicono
che Dio ha scelto di nascere in
una famiglia,
di soggiacere alle dinamiche
famigliari,
di vivere le fatiche del rapporto
di coppia.
Che bello questo!
E l’annotazione di Matteo ci
ricorda
che tutto ciò non è retorica.
Questi sposi che, clandestini,
devono
fuggire in un paese straniero
sono
l’immagine delle tante difficoltà
di
lavoro, di bilancio, di casa che
le nostre
famiglie spesso devono
affrontare.
Vorrei allora sottolineare due
caratteristiche
di questa famiglia che assomiglia
alle
nostre famiglie.
Anzitutto; Nazareth ci ricorda
come sia
indispensabile mettere al centro
il
progetto di Dio.
Una famiglia che non si interroga
sulla
presenza di Dio, che non attinge
da Lui
l’amore di cui ha bisogno, che
non sa
alzarsi al di sopra dell’emozione
per vedersi
ed accettarsi con un altro
sguardo, corre
il rischio di scivolare nel
sentimentalismo.
Altro è l’innamoramento, altro il
desiderio che si costruisce di
crescere
insieme nel Progetto di Dio.
La seconda annotazione riguarda
proprio
questo Dio-Bambino che sgambetta
per casa.
Ci accorgiamo che Dio chiede
ospitalità
nella nostra quotidianità?
Che è presente nei nostri luoghi
di lavoro?
Che siamo chiamati a riconoscerlo
nello
sguardo del nostro fratello?
Un’ultima parola a chi, tra noi,
vive
un’esperienza dolorosa di
famiglia;
a chi è separato, a chi è figlio
di persone
divise, a chi ha accanto l’uomo o
la
donna sbagliati.
Nella sofferenza che purifica,
possiamo
crescere nella tenerezza e nell’accoglienza
dei fratelli, possiamo trovare il
Progetto
a cui continuamente Dio ci
chiama.
Egli è fedele!
Non c’è sofferenza o fragilità
che possano
ostacolare la grazia di Dio e
fare della
morte interiore un’apertura alla
vita vera.
Guardiamo a Nazareth, allora.
Dobbiamo oggi, con l’aiuto di Dio
e della
preghiera, riscoprire un nuovo
modo di essere
famiglia, nell’autenticità, nella
fede, nel
cammino reciproco.
Io e mia moglie,
amici, da 53 anni, siamo
ancora qui assieme a
condividere la nostra
vita, anche se ora mia
moglie, a causa
della malattia ha
bisogno di tutto il mio
aiuto e il mio amore,
non mi sono ancora
stancato di lei, e
ogni giorno la curo e la
sostengo come fosse il
primo giorno,
e non mi sento uno
fuori dal mondo.
Qualche tempo fa una
persona che conosce
le nostre
problematiche mi ha detto: “Ma
non hai pensato a
farti una nuova vita?
No, la mia vita è
questa, anche se problematica”.
Maria, Giuseppe e la
preghiera, ci aiutino
veramente ad avere il
coraggio di
riscoprirci famiglia!
Buona ultima Domenica
dell’Anno, Fausto.
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