domenica 31 dicembre 2023

Il Vangelo del Lunedì 1 Gennaio 2024

 

Maria SS. Madre di Dio,

Divina Maternità di Maria.

Prima lettura.

Porranno il mio nome sugli Israeliti

e io li benedirò.

Dal libro dei Numeri (6,22-27)

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad

Aronne e ai suoi figli dicendo: "Così

benedirete gli Israeliti: direte loro:

Ti benedica il Signore e ti custodisca.

Il Signore faccia risplendere per te

il suo volto e ti faccia grazia.

Il Signore rivolga a te il suo volto

e ti conceda pace".

Così porranno il mio nome sugli

Israeliti e io li benedirò».

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 66 (67)

R. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

 

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,

su di noi faccia splendere il suo volto;

perché si conosca sulla terra la tua via,

la tua salvezza fra tutte le genti. R.

 

R Gioiscano le nazioni e si rallegrino,

perché tu giudichi i popoli con rettitudine,

governi le nazioni sulla terra. R

 

Ti lodino i popoli, o Dio,

ti lodino i popoli tutti.

Ci benedica Dio e lo temano

tutti i confini della terra. R.

 

Seconda Lettura

Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.

Dalla lettera di san Paolo apostolo

ai Gàlati (4,4-7)

Fratelli, quando venne la pienezza del

tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da

donna, nato sotto la Legge, per riscattare

quelli che erano sotto la Legge, perché

ricevessimo l'adozione a figli.

E che voi siete figli lo prova il fatto che

Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del

suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!».

Quindi non sei più schiavo, ma figlio e,

se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Molte volte e in diversi modi nei tempi

antichi Dio ha parlato ai padri per mezzo

dei profeti; ultimamente, in questi giorni,

ha parlato a noi per mezzo del Figlio. (Eb 1,1-2)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

I pastori trovarono Maria e Giuseppe

e il bambino.

Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.

Dal Vangelo secondo Luca (2,16-21) anno pari.

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza

indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e

il bambino, adagiato nella mangiatoia.

E dopo averlo visto, riferirono ciò che del

bambino era stato detto loro.

Tutti quelli che udivano si stupirono delle

cose dette loro dai pastori.

Maria, da parte sua, custodiva tutte queste

cose, meditandole nel suo cuore.

I pastori se ne tornarono, glorificando e

lodando Dio per tutto quello che avevano

udito e visto, com'era stato detto loro.

Quando furono compiuti gli otto giorni

prescritti per la circoncisione, gli fu messo

nome Gesù, come era stato chiamato

dall'angelo prima che fosse concepito

nel grembo.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

È passata una sola settimana dalla notte di

Natale e la liturgia ci invita ad iniziare

l’anno civile in compagnia di Maria,

madre di Dio.

Una liturgia curiosa, a metà fra la necessità

di ‘battezzare’ la pagana festa del passaggio

dell’anno e la voglia di ridire il mistero

dell’incarnazione di Dio.

Ecco Dio, dicevamo.

Inatteso, stupefacente, diverso, inquietante,

donato nella sua disarmante fragilità.

Ecco Dio, ci ripetiamo da una settimana

intera, quasi scrollandoci la sensazione di

intorpidimento che ci ha dato la festa Natalizia.

Rimessi negli armadi i panni un pò frusti

del vacchiardo Babbo Natale, digerite le

(troppo) luculliane pietanze, superato

(spero!) il dolore devastante di chi vive

da solo (e male) ogni Natale, è tempo di

lasciare spazio alla teologia; mettiamo

da parte emozioni e tradizione e

riappropriamoci della fede.

Natale è uno schiaffo pacifico ai nostri

pregiudizi e alle nostre convinzioni, e,

preso sul serio, ci scomoda e ci obbliga

a riflettere.

Siamo convinti che Dio non ci sia, che sia

il grande assente della nostra modernità;

davanti ai grandi drammi della natura

siamo sempre pronti a far salire sul banco

degli imputati Dio e scivoliamo sulle

eventuali responsabilità degli uomini

(violenza e guerra sono opera nostra!).

I tragici fatti di questo anno passato, ci riportano

alla verità e alla responsabilità dell’uomo,

capace di crearsi un inferno in terra, fosse

anche terra benedetta dalla presenza di Dio.

La violenza e l’incomprensione non sono

segno dell’indifferenza di Dio, ma

conseguenza del nostro tenerlo fuori dai

nostri giochi, lontano dalle nostre logiche

di potere e di dominio.

Natale, invece, dice che non è Dio ad

essere assente, ma che è l’uomo il

grande assente della Storia.

Eterno adolescente, come Adamo che si

nasconde da Dio che lo cerca, l’uomo

fugge l’inquietudine per non mettersi in

gioco; la luce viene nelle tenebre ma

i suoi non l’hanno accolta.

Siamo convinti che Dio c’è ed è strano,

inaccessibile, incomprensibile.

Che è meglio tenerselo buono, semmai

ne avessimo bisogno e, quando ne abbiamo

bisogno, chiediamo, invochiamo e

imploriamo per avere una grazia, un favore;

Lui che è Onnipotente potrebbe (dovrebbe!)

ascoltare noi suoi figli, noi devoti.

Natale, invece, dice che Dio diventa fragile,

che chiede, invece di donare, che elemosina,

invece di elargire che, per amore, annienta

se stesso, si umilia abbandonando la sua

divinità perché noi possiamo (un poco)

sperimentare la divinità.

Siamo convinti che Dio sia nelle cose del

cielo, nei momenti forti, nei luoghi sacri,

nelle lunghe celebrazioni (spesso noiosette),

nelle settimane di ritiro, nelle Messe domenicali.

E ci lamentiamo di non potere, di non avere

il tempo, di non riuscire, i monaci loro sì,

beati, i santi loro sì, ma noi povericristi.

Natale, invece, ci parla dell’incarnazione

di Dio, del fatto che, facendosi uomo,

Dio riempie di santità ogni frammento

di vita, dallo straccio per lavare i pavimenti,

alla mano unta del meccanico, allo sforzo

ripetitivo dell’operaio in fabbrica.

Non esistono più luoghi e tempi sacri.

Esiste un luogo e un tempo santo; la mia

vita, quella che Dio sceglie di abitare.

Per accorgerci di questa trasfigurazione

abbiamo bisogno di silenzio e preghiera

(che serve sempre e soltanto se cambia

il mio sguardo sulla vita) come

fa Maria la bella.

Luca dice che Maria serbava nel cuore tutti

questi eventi, mettendo insieme i pezzi.

Iniziando questo anno nuovo (mi spiace

per gli astrologhi ma sarà molto simile

a quello appena passato!) la liturgia ci

dice di imitare Maria, di dedicare del

tempo al ‘dentro’, di accorgerci di Dio.

Manca un centro nella nostra vita,

siamo travolti dalla vita vissuta.

Come il bucato ammucchiato nella

bacinella, ci serve un filo a cui appendere

tutte le cose ad asciugare.

Questo centro unificatore che è la fede

ci è prezioso, indispensabile.

Perché non assumerci l’impegno in questo

anno che inizia, di ripartire da Dio, di

mettere l’ascolto della Parola e la

meditazione al centro della nostra giornata?

Solo così ci accorgeremo che Dio ci sorride.

‘Far splendere il volto’, è uno splendido

semitismo che indica il sorriso di una

persona, quando sorridiamo il nostro

volto si illumina.

Questo vi auguro, cordialmente, amici,

qualunque cosa accada in questi mesi;

che possiate cogliere negli eventi della

vostra caotica vita il volto sorridente di Dio.

Dio sorride, ovvio.

Chi ama, anche nelle avversità, sorride.

Il volto di Dio sorridente ci viene svelato

dal neonato Gesù.

Dio sorride, non è imbronciato, né

impenetrabile, né scostante, né

innervosito, macché.

Dio sorride, sempre.

Il problema, semmai, siamo noi.

Nei momenti di fatica e di dolore non

guardiamo verso Dio, siamo travolti

dall’emozione, non riconosciamo in

Dio nessun sorriso.

Non aspettatevi che Dio vi risolva i

problemi, né che vi appiani la vita

o ve la semplifichi.

La vita è mistero e come tale va

accolta e rispettata.

Ma se Dio vi sorride, sempre, significa

che esiste un trucco che non vedo, una

ragione che ignoro, e allora mi fido.

Qualunque cosa succeda nella vostra vita,

quest’anno, che Dio vi sorrida, amici.

Buon Anno, che sia un anno di salute,

pace, serenità e gioia a voi e alle

vostra famiglie, Fausto.

sabato 30 dicembre 2023

Il Vangelo di Domenica 31 Dicembre 2023


Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

San Silvestro I, Papa.

Prima lettura.

Uno nato da te sarà tuo erede.

Dal libro della Gènesi (15,1-6; 21,1-13)

In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in

visione, questa parola del Signore: «Non

temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la

tua ricompensa sarà molto grande».

Rispose Abram: «Signore Dio, che

cosa mi darai?

Io me ne vado senza figli e l'erede della

mia casa è Elièzer di Damasco».

Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai

dato discendenza e un mio domestico

sarà mio erede».

Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal

Signore: «Non sarà costui il tuo erede,

ma uno nato da te sarà il tuo erede».

Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda

in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»

e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».

Egli credette al Signore, che glielo accreditò

come giustizia.

Il Signore visitò Sara, come aveva detto,

e fece a Sara come aveva promesso.

Sara concepì e partorì ad Abramo un

figlio nella vecchiaia, nel tempo che

Dio aveva fissato.

Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era

nato, che Sara gli aveva partorito.

Parola di Dio.

 

Salmo Responsoriale dal Sal 104 (105)

Ripetiamo. Il Signore è fedele al suo patto.

 

Rendete grazie al Signore e invocate il

suo nome, proclamate fra i popoli

le sue opere.

A lui cantate, a lui inneggiate,

meditate tutte le sue meraviglie. R.

 

Gloriatevi del suo santo nome:

gioisca il cuore di chi cerca il Signore.

Cercate il Signore e la sua potenza,

ricercate sempre il suo volto. R.

 

Ricordate le meraviglie che ha compiuto,

i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,

voi, stirpe di Abramo, suo servo,

figli di Giacobbe, suo eletto. R.

 

Si è sempre ricordato della sua alleanza,

parola data per mille generazioni,

dell'alleanza stabilita con Abramo

e del suo giuramento a Isacco. R.

 

Seconda Lettura

La fede di Abrano, di Sara e di Isacco.

Dalla lettera agli Ebrei (11,8.11-12.17-19)

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da

Dio, obbedì partendo per un luogo che

doveva ricevere in eredità, e partì senza

sapere dove andava.

Per fede, anche Sara, sebbene fuori

dell'età, ricevette la possibilità di

diventare madre, perché ritenne degno

di fede colui che glielo aveva promesso.

Per questo da un uomo solo, e inoltre già

segnato dalla morte, nacque una

discendenza numerosa come le stelle

del cielo e come la sabbia che si trova

lungo la spiaggia del mare e non si

può contare.

Per fede, Abramo, messo alla prova,

offrì Isacco, e proprio lui, che aveva

ricevuto le promesse, offrì il suo

unigenito figlio, del quale era stato

detto: «Mediante Isacco avrai una

tua discendenza».

Egli pensava infatti che Dio è capace di

far risorgere anche dai morti: per questo

lo riebbe anche come simbolo.

Parola di Dio.

 

Acclamazione al Vangelo

Alleluia, alleluia.

 

Molte volte e in diversi modi nei tempi

Antichi Dio ha parlato ai padri per mezzo

dei profeti, ultimamente, in questi giorni,

ha parlato a noi per mezzo del Figlio. (Eb 1,1-2)

 

Alleluia, alleluia.

 

Vangelo

Il bambino cresceva pieno di sapienza.

Dal Vangelo secondo Luca (2,22-40) anno B.

Quando furono compiuti i giorni della loro

purificazione rituale, secondo la legge di

Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il

bambino [Gesù] a Gerusalemme per

presentarlo al Signore-come è scritto nella

legge del Signore: «Ogni maschio primogenito

sarà sacro al Signore»-e per offrire in

sacrificio una coppia di tortore o due

giovani colombi, come prescrive la

legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome

Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava

la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo

era su di lui.

Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato

che non avrebbe visto la morte senza prima

aver veduto il Cristo del Signore.

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e,

mentre i genitori vi portavano il bambino

Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva

a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le

braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora

puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua

salvezza, preparata da te davanti a tutti

i popoli: luce per rivelarti alle genti e

gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano

delle cose che si dicevano di lui.

Simeone li benedisse e a Maria, sua madre,

disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la

risurrezione di molti in Israele e come

segno di contraddizione-e anche a te una

spada trafiggerà l'anima-, affinché siano

svelati i pensieri di molti cuori».

C'era anche una profetessa, Anna, figlia

di Fanuèle, della tribù di Aser.

Era molto avanzata in età, aveva vissuto

con il marito sette anni dopo il suo

matrimonio, era poi rimasta vedova e ora

aveva ottantaquattro anni.

Non si allontanava mai dal tempio,

servendo Dio notte e giorno con

digiuni e preghiere.

Sopraggiunta in quel momento, si mise

anche lei a lodare Dio e parlava del

bambino a quanti aspettavano la

redenzione di Gerusalemme.

Quando ebbero adempiuto ogni cosa

secondo la legge del Signore, fecero

ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.

Il bambino cresceva e si fortificava, pieno

di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

I giorni di Natale scorrono in fretta.

Forse, me lo auguro, ve lo auguro, siamo

riusciti (almeno un poco!) a fidarci di Dio,

a dirgli che ci teniamo a Lui, che in

questo Natale può contare su di noi.

E oggi, nella Domenica che incontriamo

tra il Natale e Capodanno, siamo invitati

a fermare il nostro sguardo su questa

strana famiglia che ci viene proposta a

modello per la nostra famiglia concreta.

Resto sempre un pò in imbarazzo a

parlare di ‘modello’ quando parlo

della Santa Famiglia; ben poco

rassomiglia alle nostre famiglie;

un bambino che è la presenza di Dio,

un padre e una madre coinvolti in un

Mistero inaudito, senza confini.

Possono davvero dirci qualcosa?

Credo proprio di sì.

Non solo; credo che in questi tempi

dobbiamo avere il coraggio di parlare

di più e meglio della famiglia, delle

nostre famiglie.

La famiglia è in crisi, ci dicono i sociologi.

Ma senza scomodarli, ci rendiamo conto

che qualcosa non funziona nella nostra

società; sempre di più sono le coppie che

si sfasciano, che non credono più nella

possibilità di un rapporto duraturo.

La nostra società è piena zeppa di

separazioni e divorzi.

Attenti, però.

Normalmente, a questo punto, gli

uditori si irrigidiscono.

“Ecco-si penserà-adesso inizia la solita

predica moralistica”.

No, per favore.

Lasciate perdere un attimo la morale

e parliamo da uomini, con sincerità.

Il fatto che la famiglia sia in crisi, o,

meglio, che la coppia lo sia, è anzitutto

un problema umano.

Quanta sofferenza e disillusione vedo negli

occhi di chi cerca una certezza affettiva!

Dobbiamo concludere anche noi che è

impossibile amarsi?

Che è finito il tempo dell’illusione?

Non è un problema da poco; se veramente

è impossibile parlare di progetto, di

fedeltà, di continuità, allora la

famiglia è morta.

Allora dobbiamo parlare di famiglia in

maniera allargata, diversa.

Eppure questa festa, amici, ci ricorda il

sogno che Dio ha sulla coppia.

Amarsi è possibile; restare fedeli è

possibile; crescere in un progetto

è possibile.

Di più; Dio ci ha piantato nel cuore,

quando ci ha creati, questa nostalgia

per la comunione.

Non siamo stati creati a immagine e somiglianza

del Dio che è Comunione Trinitaria?

Giuseppe e Maria, allora, nel loro amore

pieno di tenerezza e di fatica, ci dicono

che Dio ha scelto di nascere in una famiglia,

di soggiacere alle dinamiche famigliari,

di vivere le fatiche del rapporto di coppia.

Che bello questo!

E l’annotazione di Matteo ci ricorda

che tutto ciò non è retorica.

Questi sposi che, clandestini, devono

fuggire in un paese straniero sono

l’immagine delle tante difficoltà di

lavoro, di bilancio, di casa che le nostre

famiglie spesso devono affrontare.

Vorrei allora sottolineare due caratteristiche

di questa famiglia che assomiglia alle

nostre famiglie.

Anzitutto; Nazareth ci ricorda come sia

indispensabile mettere al centro il

progetto di Dio.

Una famiglia che non si interroga sulla

presenza di Dio, che non attinge da Lui

l’amore di cui ha bisogno, che non sa

alzarsi al di sopra dell’emozione per vedersi

ed accettarsi con un altro sguardo, corre

il rischio di scivolare nel sentimentalismo.

Altro è l’innamoramento, altro il

desiderio che si costruisce di crescere

insieme nel Progetto di Dio.

La seconda annotazione riguarda proprio

questo Dio-Bambino che sgambetta per casa.

Ci accorgiamo che Dio chiede ospitalità

nella nostra quotidianità?

Che è presente nei nostri luoghi di lavoro?

Che siamo chiamati a riconoscerlo nello

sguardo del nostro fratello?

Un’ultima parola a chi, tra noi, vive

un’esperienza dolorosa di famiglia;

a chi è separato, a chi è figlio di persone

divise, a chi ha accanto l’uomo o la

donna sbagliati.

Nella sofferenza che purifica, possiamo

crescere nella tenerezza e nell’accoglienza

dei fratelli, possiamo trovare il Progetto

a cui continuamente Dio ci chiama.

Egli è fedele!

Non c’è sofferenza o fragilità che possano

ostacolare la grazia di Dio e fare della

morte interiore un’apertura alla vita vera.

Guardiamo a Nazareth, allora.

Dobbiamo oggi, con l’aiuto di Dio e della

preghiera, riscoprire un nuovo modo di essere

famiglia, nell’autenticità, nella fede, nel

cammino reciproco.

Io e mia moglie, amici, da 53 anni, siamo

ancora qui assieme a condividere la nostra

vita, anche se ora mia moglie, a causa

della malattia ha bisogno di tutto il mio

aiuto e il mio amore, non mi sono ancora

stancato di lei, e ogni giorno la curo e la

sostengo come fosse il primo giorno,

e non mi sento uno fuori dal mondo.

Qualche tempo fa una persona che conosce

le nostre problematiche mi ha detto: “Ma

non hai pensato a farti una nuova vita?

No, la mia vita è questa, anche se problematica”.    

Maria, Giuseppe e la preghiera, ci aiutino

veramente ad avere il coraggio di

riscoprirci famiglia!

Buona ultima Domenica dell’Anno, Fausto.