Della 1° Domenica di Quaresima.
Sant' Alessandro di
Alessandria, Patriarca.
Prima Lettura
La creazione dei
progenitori e il loro peccato.
Dal libro della Gènesi
(2,7-9;3,1-7)
Il Signore Dio plasmò
l'uomo con polvere
del suolo e soffiò
nelle sue narici un alito
di vita e l'uomo
divenne un essere vivente.
Poi il Signore Dio
piantò un giardino in
Eden, a oriente, e vi
collocò l'uomo che
aveva plasmato.
Il Signore Dio fece
germogliare dal suolo
ogni sorta di alberi
graditi alla vista e
buoni da mangiare, e
l'albero della vita
in mezzo al giardino e
l'albero della
conoscenza del bene e
del male.
Il serpente era il più
astuto di tutti gli
animali selvatici che
Dio aveva fatto
e disse alla donna: «È
vero che Dio
ha detto: Non dovete
mangiare di alcun
albero del giardino?».
Rispose la donna al
serpente: «Dei frutti
degli alberi del
giardino noi possiamo
mangiare, ma del
frutto dell'albero che
sta in mezzo al
giardino Dio ha detto: Non
dovete mangiarne e non
lo dovete toccare,
altrimenti morirete».
Ma il serpente disse
alla donna: «Non
morirete affatto!
Anzi, Dio sa che il
giorno in cui voi ne
mangiaste si
aprirebbero i vostri occhi
e sareste come Dio,
conoscendo il
bene e il male».
Allora la donna vide
che l'albero era
buono da mangiare,
gradevole agli
occhi e desiderabile
per acquistare
saggezza; prese del
suo frutto e ne
mangiò, poi ne diede
anche al marito,
che era con lei, e
anch'egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli
occhi di tutti e due
e conobbero di essere
nudi; intrecciarono
foglie di fico e se ne
fecero cinture.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale dal
Sal 50 (51)
Ripetiamo. Perdonaci,
Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio,
nel tuo amore;
nella tua grande
misericordia
cancella la mia
iniquità.
Lavami tutto dalla mia
colpa,
dal mio peccato
rendimi puro. R.
Sì, le mie iniquità io
le riconosco,
il mio peccato mi sta
sempre dinanzi.
Contro di te, contro
te solo ho peccato,
quello che è male ai
tuoi occhi, io l'ho fatto. R.
Crea in me, o Dio, un
cuore puro,
rinnova in me uno
spirito saldo.
Non scacciarmi dalla
tua presenza
e non privarmi del tuo
santo spirito. R.
Rendimi la gioia della
tua salvezza,
sostienimi con uno
spirito generoso.
Signore, apri le mie
labbra
e la mia bocca
proclami la tua lode. R.
Seconda Lettura
Dove ha abbondato
il peccato,
ha sovrabbondato la
grazia.
Dalla lettera di san
Paolo apostolo
ai Romani (5,12-19)
Fratelli, come a causa
di un solo uomo
il peccato è entrato
nel mondo e, con il
peccato, la morte,
così in tutti gli uomini
si è propagata la
morte, poiché tutti
hanno peccato.
Fino alla Legge
infatti c'era il peccato
nel mondo e, anche se
il peccato non
può essere imputato
quando manca la
Legge, la morte regnò
da Adamo fino
a Mosè anche su quelli
che non avevano
peccato a somiglianza
della trasgressione
di Adamo, il quale è
figura di colui che
doveva venire.
Ma il dono di grazia
non è come la
caduta: se infatti per
la caduta di uno
solo tutti morirono,
molto di più la
grazia di Dio, e il
dono concesso in
grazia del solo uomo
Gesù Cristo, si
sono riversati in
abbondanza su tutti.
E nel caso del dono
non è come nel
caso di quel solo che
ha peccato: il
giudizio infatti viene
da uno solo,
ed è per la condanna,
il dono di grazia
invece da molte
cadute, ed è per la
giustificazione.
Infatti se per la caduta
di uno solo la morte
ha regnato a causa
di quel solo uomo,
molto di più quelli
che ricevono
l'abbondanza della grazia
e del dono della
giustizia regneranno
nella vita per mezzo
del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la
caduta di uno solo
si è riversata su
tutti gli uomini la
condanna, così anche
per l'opera giusta
di uno solo si riversa
su tutti gli uomini
la giustificazione,
che dà vita.
Infatti, come per la
disobbedienza di un
solo uomo tutti sono
stati costituiti
peccatori, così anche
per l'obbedienza di
uno solo tutti saranno
costituiti giusti.
Parola di Dio.
Acclamazione al Vangelo
Lode a te, o
Cristo, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà
l’uomo,
ma di ogni parola che
esce
dalla bocca di Dio.
(Mt 4,4b)
Lode a te, o
Cristo, re di eterna gloria!
Vangelo
Gesù digiuna per
quaranta giorni
nel deserto ed è
tentato.
Dal Vangelo secondo
Matteo (4,1-11) anno A.
In quel tempo, Gesù fu
condotto dallo Spirito
nel deserto, per
essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato
quaranta giorni e
quaranta notti, alla
fine ebbe fame.
Il tentatore gli si
avvicinò e gli disse: «Se
tu sei Figlio di Dio,
di' che queste pietre
diventino pane».
Ma egli rispose: «Sta
scritto: "Non di solo
pane vivrà l'uomo, ma
di ogni parola che
esce dalla bocca di
Dio"».
Allora il diavolo lo
portò nella città santa,
lo pose sul punto più
alto del tempio e gli
disse: «Se tu sei
Figlio di Dio, gèttati giù;
sta scritto infatti:
"Ai suoi angeli darà
ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno
sulle loro mani perché
il tuo piede non
inciampi in una
pietra"».
Gesù gli rispose: «Sta
scritto anche: "Non
metterai alla prova il
Signore Dio tuo"».
Di nuovo il diavolo lo
portò sopra un
monte altissimo e gli
mostrò tutti i regni
del mondo e la loro
gloria e gli disse:
«Tutte queste cose io
ti darò se,
gettandoti ai miei piedi,
mi adorerai».
Allora Gesù gli
rispose: «Vàttene, satana!
Sta scritto infatti:
"Il Signore, Dio tuo,
adorerai: a lui solo
renderai culto"».
Allora il diavolo lo
lasciò, ed ecco degli
angeli gli si
avvicinarono e lo servivano.
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Inizia, finalmente.
Non se ne poteva più,
sinceramente.
Anche il Carnevale, ancora
sottotono in
questi terribili anni di crisi,
aveva assunto
i contorni scipiti della fine di
un Impero
dove si ride per non piangere.
Deposte le maschere, proviamo a
seguire
il Nazareno nel suo tempo di
deserto per
capire come muoverci, per provare
a
leggere la storia (piccina e
travagliata)
che stiamo vivendo.
Gesù solidale con gli uomini, ha
voluto
mettersi in fila con i penitenti
per farsi
battezzare, primo evidente segno
di una
totale condivisione con noi.
E nel deserto che può essere
momento di
grazia, dove ha ricevuto il
battesimo,
o momento di morte, dove affronta
la
tentazione, Gesù sperimenta la
fatica
di scegliere.
Il più grande dei nostri limiti.
Oggi si parla male e a sproposito
del
demonio, anche in casa cattolica.
È diventato una specie di eroe
romantico,
esaltato da alcuni, temuto da
altri.
Una figura tragica che suscita
curiosità e
interesse, innalzato a struggente
modello
negativo da una forte corrente di
pensiero
che fa presa soprattutto sugli
adolescenti.
Basta guardarsi intorno; musica
di genere
che veicola espliciti messaggi
violenti,
film che propongono demoni e
indemoniati
a più non posso e, ultimamente,
best-seller
che coinvolgono esorcisti di fama;
il diavolo affascina. E fa
vendere.
Spaventa, attira, inquieta.
E tranquillizza le coscienze.
Sì, avete capito bene;
l’eccessiva attenzione
al demonio paradossalmente lo
favorisce
e, quel che è peggio, stravolge
la visione
biblica sulla tentazione.
Caricando di eccessiva importanza
il
male a scapito del bene,
rischiamo
di deresponsabilizzare la
coscienza
e la scelta personale.
E questo succede anche in casa
cattolica
e con le migliori intenzioni!
Non siamo marionette; siamo
uomini
dotati di intelligenza e volontà.
L’opera del Maligno (che esiste
ed è
meno goffo e caricaturale di come
ce lo
immaginiamo) consiste esattamente
nell’intorbidire le acque, nel
girare la
frittata, nell’ingigantire il
particolare
a scapito della visione
d’insieme, nello
sminuire o offuscare le
conseguenze
catastrofiche delle nostre
scelte.
Non dobbiamo scomodare il demonio
per
le nostre tentazioni, siamo
capaci di
metterci nei guai da soli!
Lasciamo le tentazioni ai santi,
amici.
A noi mediocri basta la
quotidianità
per metterci in difficoltà!
La prima tentazione è quella del
pane.
Bisogna pensare a sopravvivere,
anzitutto. Ovvio.
Il diavolo ha buon senso.
Nel leggere le tentazioni si
resta stupiti
da due cose; cita la Scrittura a
proposito
e dà buoni consigli.
E, a leggere bene i consigli del
demonio, si
resta attoniti; dice cose piene
di buon senso!
Gesù vuole fare il Messia?
Ottimo!
Ma deve curarsi, stare attento
alla propria
alimentazione, alla propria forma
fisica.
Ha ragione, nessuno può
affrontare una
sfida così impegnativa se non
pensa un
pò a se stesso.
Ma, e qui sta l’inganno, per
nutrirsi deve
trasformare le pietre in pane.
Ostentare un miracolo, prendere
la scorciatoia.
L’essere Figlio, dal punto di
vista del
demonio, è un bel privilegio,
perché
non approfittarne?
Essere Figlio, nella logica di
Gesù,
è imitare il Padre e mettersi a
servizio.
Il pane, qui, diventa un idolo,
un obiettivo
da raggiungere con ogni mezzo.
Certo, è bene tenersi in forma.
Ma prima pensiamo all’anima, poi
al corpo.
Ed è importante pensare al
proprio
benessere fisico.
Per mettersi a servizio degli
altri, però,
non per diventare dei vanitosi
narcisisti.
Non mette in discussione
l’esistenza
di Dio, l’avversario.
E nemmeno la sua presenza.
O la sua bontà.
Propone solo a Gesù di chiedere
un segno
della sua presenza.
Un piccolo segno, rispetto alla
sua
debordante santità.
Che sarà mai?
E ancora cita la Scrittura,
rassicura Gesù.
Se è Figlio, il Padre non
rifiuterà.
Se ha scelto la strada
dell’onestà,
dell’autenticità senza cavalcare
il
potere, Dio approverà e
manifesterà
certamente la sua benevolenza.
Con un bel miracolo.
Bello e utile per la sua neonata
carriera
di profeta; quanto scalpore farà
vederlo
galleggiare nell’aria!
Quanti si metteranno in ginocchio
davanti a tale visione?
Quanta autorevolezza susciterà
quel
gesto di indiscutibile favore
divino!
No, Dio non va manipolato, dice
Gesù.
La terza tentazione che Gesù deve
affrontare durante la sua vita è
la
manipolazione delle relazioni per
il proprio interesse.
Gesù vuole fare il Messia,
d’accordo.
Ma come pensa di fare se non
entra in
relazione con i potenti del
tempo?
Se non media?
Se non cede a compromessi?
Come può fare senza
un’organizzazione
efficiente, una struttura che lo
aiuti nel
suo compito?
Ma ciò che nasconde questa
tentazione
è, nuovamente, la logica della
bramosia,
del tornaconto.
Il demonio insinua l’idea che il
fine
giustifica i mezzi.
Se è possibile allearsi col
potere per
diffondere il Regno, tanto
meglio.
Se è possibile usare le
relazioni, le
amicizie, le logiche dei favori
ricevuti
e da restituire, perché farsele
fuggire?
I regni di questo mondo cercano
sempre
di meravigliare, di ammaliare, di
convincere.
Ostentano potere, ricchezza,
fama,
gloria, dominio.
Ma sono sempre e solo strumenti
per la
libera e dignitosa convivenza
sociale.
Farne un idolo è un errore folle
e tragico
dalle conseguenze imprevedibili,
eppure
già storicamente sperimentate.
Non è facile, lo so bene.
Soprattutto se ho scelto di dare
una mano,
se sto in mezzo alle cose, se mi
attivo per
cambiarle; nel quartiere, a
scuola,
a catechismo di mio figlio.
Ma sempre col cuore libero, come
ha
saputo fare Gesù.
Qui e più avanti,
quando il potere, politico
e religioso, gli
chiederà obbedienza.
Che rifiuterà.
Da uomo libero.
Buon deserto, amici,
santa Domenica Fausto!
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